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“Grammatica civica”: la nuova rubrica sull’educazione alla cittadinanza

di Raffaele Mantegazza

Il tema della cultura civica e dell’educazione alla cittadinanza è tra i più discussi negli ultimi anni, segno questo di un bisogno che per fortuna il mondo adulto sta affrontando: quello di educare i ragazzi ad essere realmente cittadini di una compiuta democrazia. Perché la democrazia non è un meccanismo che si ripete automaticamente, e non è neppure un istinto naturale che si trasmette con il DNA: è un modo di essere, un costume, un modo di vivere la vita che va rigiustificato e ripresentato ad ogni generazione.
È certo opportuno prevedere nelle scuole momenti specifici di educazione civica, con una loro programmazione e verifiche ad hoc. Ma se tutta la società adulta deve farsi carico della crescita civile delle nuove generazioni, è l’intero mondo dell’educazione ad essere chiamato in causa. Forse l’educazione alla cittadinanza potrebbe costituire il pretesto per abbattere le barriere tra la scuola e il cosiddetto “extrascuola” (iniziando dall’eliminare questa orrenda denominazione) e anche a far penetrare le cosiddette “discipline” scolastiche nel mondo della vita quotidiana?
E se provassimo con la spesso ostica grammatica?
La grammatica italiana non prevede i pronomi civici. Proviamo a inventarli in questa rubrica. Il pronome (o l’aggettivo usato come pronome) ci è famigliare (chi non ha mai detto “io”?) ma è anche una parte del discorso misteriosa; si colloca alla giuntura tra l’identità del singolo “Io sono Marco, unico e irripetibile” e la possibile generalizzazione “anche Lucia è ‘io’ in una frase che la prevede come soggetto”
Pensare l’altro come un soggetto. Pensare me stesso come un complemento di termine. Chiedermi qualcosa a proposito dell’altro, degli altri. Ragionare sul singolo e sul gruppo. Passare dall’anonimato del “lo farà qualcun altro” alla responsabilità del “lo faccio io” alla estensione dell’etica di gruppo “lo facciamo noi”, all’universalizzazione di un etica umana “lo fanno tutti”. E in questo ultimo esempio, passare dal “lo fanno tutti” come routine o imitazione al “lo fanno tutti perché ciascuno singolarmente è convinto che questo sia il bene
Una Grammatica della cultura civica. Il nome, con tutto il suo carico di individualità, di emozione e di storia e con tutte le storture delle rinominazioni (i nomignoli, gli insulti, i numeri tatuati ad Auschwitz); l’aggettivo, e la potenza della qualificazione, che può trasformarsi in stigma (cattivo, puzzolente, diverso) ma può anche liberare la forza nascosta all’interno del soggetto (“nessuno mi aveva mai detto che sono bravo”); il verbo che esprime in sé tutte le possibilità dell’azione umana (la memoria dei verbi passati, la progettualità del futuro semplice, il senso di concatenazione degli eventi del futuro anteriore, la speranza del condizionale, la responsabilità del congiuntivo, il senso di comando un po’ perturbante dell’imperativo.
Intanto proviamo a declinare alcuni pronomi o aggettivi nel senso di una educazione al saper stare con gli altri, al rispetto e alla co-produzione delle regole, alla cittadinanza attiva.