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La Santa Sede concede il Nulla osta per la Causa di Vera Grita, laica, Salesiana Cooperatrice

Dall’agenzia salesiana ANS.

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(ANS – Città del Vaticano) – Con data 26 maggio 2021 la Congregazione delle Cause dei Santi ha comunicato al Vescovo di Savona-Noli, mons. Calogero Marino, il Nulla osta da parte della Santa Sede all’apertura della Causa di Beatificazione e Canonizzazione della Serva di Dio Vera Grita (1923-1969), Laica, Salesiana Cooperatrice. Il Nulla osta è l’autorizzazione da parte della Santa Sede all’apertura dell’Inchiesta diocesana in quanto dimostrato non esserci nulla presso i Dicasteri vaticani a carico della Serva di Dio che ostacoli la sua Causa.

Vera Grita, nata Roma il 28 gennaio 1923, fu insegnante di scuola elementare. Da quando a Savona, il 4 luglio 1944, venne calpestata dalla folla che fuggiva per un bombardamento, le lesioni riportate la segnarono irreparabilmente. Aveva 21 anni. Nonostante la malattia, accettò di insegnare in scuole periferiche dell’entroterra ligure: Rialto, Erli, Alpicella, Deserto di Varazze. A Savona, nella parrocchia salesiana di Maria Ausiliatrice, partecipava alla vita parrocchiale. Dal 1963 fu suo confessore il salesiano don Giovanni Bocchi; quando divenne Salesiana Cooperatrice (1967), si affidò alla guida di don Gabriello Zucconi.

Il 19 settembre 1967 iniziò l’esperienza mistica che la invitava a vivere a fondo la gioia e la dignità di figlia di Dio, nella comunione con la Trinità e nell’intimità eucaristica con Gesù ricevuto nella S. Comunione e presente nel Tabernacolo. “Il vino e l’acqua siamo noi: Io e te, tu e Io. Siamo una cosa sola: Io scavo in te, scavo, scavo per costruirmi un tempio: lasciami lavorare, non pormi ostacoli […] la volontà del Padre mio è questa: che Io rimanga in te, e tu in Me. Insieme porteremo gran frutto”. Fu il primo dei messaggi che costituiscono l’Opera dei Tabernacoli Viventi che Vera, lottando con il timore di essere vittima di un inganno, scrisse in obbedienza a don Zucconi.

Vera morì il 22 dicembre 1969. Nei messaggi sono espliciti i riferimenti a Don Bosco e al suo “da mihi animas cetera tolle” che tendono a rinnovare nei Salesiani il senso dell’unione con Dio e la fiducia in Maria Ausiliatrice, per donare Dio attraverso un apostolato instancabile che cooperi alla salvezza dell’umanità. L’Opera, per volontà del Signore, viene affidata in prima istanza ai figli di Don Bosco per la sua realizzazione e diffusione nelle parrocchie, negli istituti religiosi e nella Chiesa: “Ho scelto i Salesiani poiché essi vivono con i giovani, ma la loro vita di apostolato dovrà essere più intensa, più attiva, più sentita”.

La causa di Beatificazione della Serva di Dio Vera Grita è stata avviata il 22 dicembre 2019, 50° anniversario della sua morte, a Savona con la presentazione del Supplice libello al Vescovo diocesano mons. Calogero Marino da parte del Postulatore don Pierluigi Cameroni, SDB. Attore della Causa è la Congregazione salesiana.

Procede la Causa di martirio di don Elia Comini, SDB

Pubblichiamo da ANS

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Martedì 25 febbraio 2020 i Consultori storici della Congregazione delle Cause dei Santi hanno espresso parere positivo in merito alla Positio suppletiva super martyrio del Salesiano sacerdote don Elia Comini (1910-1944): Positio redatta dopo che in data 22 febbraio 2019 la medesima Congregazione aveva concesso che tale Causa, iniziata super virtutibus, potesse appunto essere studiata super martyrio, anche alla luce di nuove evidenze storico-documentali.

La Positio suppletiva consegnata in data 8 ottobre 2019 alla Congregazione delle Cause dei Santi fa emergere con chiarezza la vicenda del Servo di Dio legata all’eccidio nazista di Monte Sole (ottobre 1944): don Elia Comini e il Dehoniano padre Martino Capelli decisero lucidamente, la mattina del 29 settembre 1944, di accorrere verso la località “Creda di Salvaro” in comune di Grizzana (Bologna) per amministrare gli ultimi conforti della fede a un gruppo di agonizzanti vittime della barbarie nazista.

Lo fecero rimanendo chiaramente identificabili come sacerdoti, con la stola, gli oli santi e una teca contenente l’Eucaristia: erano invece consapevoli che restando in chiesa o nell’adiacente canonica non avrebbero corso alcun rischio. Subito catturati, furono spogliati delle loro insegne sacerdotali e pesantemente umiliati dalle SS, anche con il lavoro coatto duro: sono costretti a trasportare le munizioni su sentieri di montagna e vengono visti da poche testimoni sovraccarichi, stanchi, quasi deformati dallo sforzo, vicino a catene che forse li legavano. Sono quindi tradotti in prigionia e successivamente uccisi insieme a un gruppo di vecchi e inabili, in località Pioppe di Salvaro.

Negli istanti finali, una SS colpisce duramente le mani di don Elia Comini per obbligarlo a lasciare il Breviario; e don Elia stesso accompagna i morenti intonando le Litanie, mentre padre Capelli invoca il perdono e, colpito anch’egli, nei suoi ultimi istanti benedice i caduti e i compagni di agonia. Era la sera del 1° ottobre 1944.

Sulla base testimoniale e documentale si è cercato di accertare e dimostrare il martirio dei due religiosi, che esposero la propria vita solo per adempiere ai doveri sacerdotali e amministrare gli ultimi sacramenti ai moribondi. Nei giorni dopo l’eccidio della Botte di Pioppe di Salvaro, pur avendovi ucciso oltre 40 persone, le SS pare si siano vantate della sola morte dei due preti, con le parole “Zwei Pastoren kaputt” (due pastori spezzati).