Speranza – Il cuore missionario di Don Bosco

Speranza – Il cuore missionario di Don Bosco

Lectio e scheda carismatica

Nella lunga sezione di Gv 7,1-10,21, il focus è decisamente sul contrasto tra Gesù e le autorità del popolo. In questa sezione, infatti, troviamo, in particolare, due capitoli (8 e 9) nei quali, in modo diretto o indiretto, le parole o i gesti/segni del Signore vengono pesantemente questionati dai farisei o dai giudei. In tale contesto, la celebre parabola – il testo parla, però, di paroimia, «similitudine» (v. 6) – del buon pastore si colloca in stretta connessione con il capitolo che la precede (9,1-41). In particolare, il collegamento in questione si coglie leggendo 9,39-41 in continuità con quanto segue: in questi versetti, infatti, il Signore commenta con i farisei la guarigione del cieco nato appena conclusasi con la professione di fede di quest’ultimo («credi nel figlio dell’uomo?» [v. 35]; «credo, Signore!» [v. 38]). Tale commento mette in luce quanto la vera cecità consiste nel pensare di vederci pur essendo incapaci di vedere (v. 41) – un’allusione chiara all’incapacità di riconoscere il proprio peccato e, quindi, essere guariti. Sembra, quindi, che i primi destinatari della similitudine del pastore bello/buono siano proprio i farisei (cf 10,6).

“La Grande speranza” di Bartolomeo Sorge (Aggiornamenti sociali, febbraio 2008)

«Cristo – esordisce l’enciclica – è venuto a rivelarci che la nostra vita non finisce nel vuoto, ma l’uomo è destinato all’incontro con Dio, è stato creato “per essere riempito da Lui”» (n. 33). Per questo in Cristo siamo stati redenti e salvati. Questa certezza, che nasce dalla fede nella Parola di Dio, genera nel cuore del credente una «grande speranza», capace di dare senso a tutta la sua vita e di sostenerla anche nei momenti più difficili e faticosi. Infatti, è molto diverso vivere e agire con la consapevolezza che l’uomo e la sua operosità sono destinati non a finire nel nulla, ma a rimanere per sempre in un mondo redento e trasfigurato. Pertanto, l’annuncio cristiano della salvezza non è solo una «buona notizia»,  un’«informazione»; ma porta con sé una vera

 

Preghiera

Beata Maria Romero Meneses (FMA), testimone di speranza

«Suor Maria dinanzi alle difficoltà non è venuta meno, diceva: ‘Il mio Re e la mia Regina mi aiuteranno’. Era una persona di speranza, ecco perché credo che abbia vissuto felice e allegra; non l’ho mai vista triste, ma era ottimista. Ha sperato senza limiti quello che voleva ottenere»
(Beata Calvo Brenes de Sánchez).

«La speranza la manteneva serena, era di una equità di carattere senza compromessi, con un sorriso ben definito sulle labbra e un’espressione sul
viso, come chi è sicuro che il suo cammino è retto e gradito al Signore.  Si fidava contro ogni speranza»
(Suor Teresa Rodríguez).

«Posso dire che Suor Maria ha vissuto piena di speranza che rifletteva nella sua serenità e allegria contagiosa. Colmava di conforto le persone che le si avvicinavano tristi o quasi disperate per chiederle un favore, facendo vedere che Dio le amava e che non le avrebbe deluse. Molte volte si è sentita ripetere: “So di chi mi sono fidata”».
(Suor Manuelita Andrade).

Lei stessa ripeteva: «Siamo i pellegrini che vanno in Paradiso, la fede illumina il nostro destino. La meta sta nell’eterno, la nostra Patria è il Cielo, la speranza ci guida e l’amore ce lo farà ottenere. L’uomo raggiunge la sua pienezza nell’amore per gli altri»
(F XII 75).