Il filo di Arianna della politica – Il potere
di Raffaele Mantegazza
Come parlare
Il potere ce l’hanno sempre gli altri. Il dittatore, il presidente, il capufficio, il preside: sembra quasi che il potere sia un oggetto che qualcuno detiene e che qualcun altro può sottrargli. Non stiamo dicendo che questa rappresentazione del potere sia sbagliata, ma è molto semplicistica. Il potere probabilmente è un sistema di relazioni, un modo di rapportarsi con le altre persone; c’è ovviamente chi usufruisce di maggior potere e chi lo subisce, ma pensare il potere in dimensione relazionale vuol dire provare a capire come ridistribuirlo e come affrontare le iniquità e gli squilibri.
In fin dei conti il principio di divisione dei poteri, già per il fatto di parlare al plurale, ci mostra una possibile strada. Il potere è una questione di equilibrio e di squilibrio, di relazioni che vanno controllate, monitorate e se necessario modificate.
Chi ha il potere dunque in una classe scolastica? Da un certo punto di vista sicuramente l’insegnante, ma anche il leader positivo o negativo, il ragazzo o la ragazza più grandi, il gruppetto che determina l’umore e la possibile collaborazione dei ragazzi alla lezione. Impostare il potere come strategia di relazioni aiuta i ragazzi e le ragazze a capire che stiamo parlando di un oggetto molto complesso, che non si riduce all’utilizzo della violenza fisica.
C’è inoltre un potere evidente, che si manifesta in modo esplicito, che si presenta in tutta la sua fisicità e la sua forza, anche con la violenza; e c’è accanto ad esso un potere più suadente, più sottile, evidente nella pubblicità o in una certa propaganda elettorale. C’è un potere che ti fa star male, che ti ferisce, che ti punisce, ma c’è anche un potere che ti fa stare bene, un poter-fare le cose, un poter alleviare le sofferenze. Ogni visione solamente negativa del potere ci sottrae la possibilità di comprenderlo in tutte le sue articolazioni, e ci nega l’opzione di stare all’interno del potere con l’intenzione di promozione e di miglioramento della dignità umana su questo pianeta.
Dunque proporre il problema del potere ai ragazzi e alle ragazze significa aiutarli a capire come il potere circola tra di loro; non solo il potere dei genitori e degli insegnanti, ma tutte le relazioni nelle quali qualcuno tra loro, nei loro gruppi, nelle loro aggregazioni, sente di esercitare o di subire un potere. E tutti gli spostamenti, i cambiamenti, le ridefinizioni che questo sistema subisce e agisce con il passare del tempo. Abituare a vivere il potere nella quotidianità è fondamentale per poi capire quanto la ritualizzazione del potere tipica dei meccanismi democratici ammorbidisca da un certo punto di vista la sua pervasività e lo renda padroneggiabile o perlomeno controllabile.
Esiste poi un potere che cancella, che punisce, che ferisce, il tipico potere della censura, ma anche un potere che costruisce, che fa essere le cose; e c’è poi anche un potere che lascia essere, che si fa da parte, che lascia il campo agli altri. Quando si parla di educazione alla politica, il tema del potere deve essere trattato in ogni suo aspetto, altrimenti si conduce a una a semplificazione che porta a pensare semplicemente che si possa prendere il potere e cambiare le cose; il che ovviamente è anche vero; ma se non si modificano le dinamiche di relazione tra le persone, la semplice presa del potere di per sé non può assolutamente bastare.
Come pensare
→ Opera analizzata: Nella mia ora di libertà di Fabrizio de Andrè
In questa canzone l’autore immagina che un prigioniero voglia eliminare tutto ciò che potrebbe fargli dimenticare di trovarsi in carcere, e in particolare per questo motivo rinuncia all’ora di libertà. È come se volesse incarcerare psicologicamente i suoi stessi secondini mantenendo le distanze da essi e relegandoli al ruolo di guardie.
Si possono porre a questo proposito alcune domande:
– È giusto questo atteggiamento che cerca un allontanamento totale dalla guardia senza nessuna possibilità di incontrarsi umanamente?
– quale potrebbe essere invece un gesto fatto dal prigioniero o dalla guardia per trovare un incontro al di là dei ruoli?
– quali sono le altre situazioni nelle quali rischiamo di essere imprigionati nei ruoli di potere e non riuscire ad uscirne vedendo l’umanità nell’altro?
→ Opera analizzata: La ronda dei prigionieri di Vincent van Gogh
In questo quadro i prigionieri girano a vuoto continuamente.
Anche qui si possono porre alcune domande:
– dove si trova il potere in questo quadro?
– qual è il sentimento che possano provare i prigionieri sapendo che stanno camminando senza fare nulla e senza produrre nulla?
– se dovessimo aggiungere al quadro la figura del secondino, lo faremmo visibile oppure nascosto mentre osserva i prigionieri?
– quale gesto di ribellione possono fare i prigionieri per riuscire a contrapporsi al potere che stanno subendo?
Cosa fare
L’educatore Vladimir Makarenko racconta che nella sua comunità, quando si trattava di punire un ragazzo che aveva trasgredito alle regole, chiedeva sempre ai suoi coetanei quale sarebbe stata la punizione migliore; e doveva sempre intervenire per rendere meno severa l’applicazione delle regole, perché la punizione scelta dei ragazzi era sempre eccessiva. Si potrebbe ragionare in modo molto aperto con i ragazzi sul tema del rapporto tra trasgressione e punizione, su quanto il potere sia qualche cosa che punisce ma anche qualcosa che permette di fare e di produrre.
Ad esempio si può proporre un gioco consistente nel fatto di immaginare che in un gruppo di ragazzi a turno per un’ora ognuno possa far fare agli altri tutto ciò che vuole, e in una seconda situazione in cui sempre a turno ognuno possa offrire agli altri una parte del suo talento: quali sarebbero le differenze tra le due situazioni? A questo proposito sarebbe anche interessante proporre l’ascolto del monologo La collana di Giorgio Gaber.
Come provare
Quando si lavora con un gruppo di adolescenti, è molto importante provare a capire come gestiscono il loro potere e i loro rapporti reciproci. Da questo punto di vista un esercizio estremamente utile è quello di farli provare a decidere su temi per loro importanti come gli orari, la strutturazione delle attività, la scansione della verifica in una classe, ecc.
Dopo averli osservati durante la loro discussione, è interessante far emergere gli impliciti, i ruoli di potere, le negoziazioni, le modalità attraverso cui hanno preso una decisione.
Quando un gruppo di ragazzi non è mai stato investito da una responsabilità di decidere, non si può porre la questione del potere in modo astratto, così come non la si può porre nemmeno quando i ragazzi sono totalmente abbandonati a loro stessi senza avere un adulto che cerca di aiutarli a prendere le decisioni.
Cosa domandarsi
Ovviamente è estremamente importante per l’educatore porsi delle domande a proposito del proprio potere e del proprio ruolo, ad esempio:
– quanto potere gioco con questi ragazzi specifici?
– quanto mi lascio eventualmente travolgere dal mio ruolo di potere magari senza rendermene conto, e così ferisco i ragazzi e le ragazze?
– quanto sto riproducendo con questo gruppo di giovani le dinamiche di potere che ho subito alla loro età, e rispetto alle quali non sono ancora sufficientemente risolto?
– quanto sono da condividere il mio potere nel rapporto collegiale e di collaborazione con gli altri educatori?