Legami onlife: scegliere la speranza tra rischi e opportunità del social Web
Stefano Pasta (Centro di Ricerca sull’Educazione ai Media, all’Innovazione, alle Tecnologie (CREMIT), Università Cattolica di Milano. Autore di Razzismi 2.0. Analisi socio-educativa dell’odio online, Brescia, Scholé-Morcelliana, 2018).
Cittadini onlife
«L’uso del social web è complementare all’incontro in carne e ossa, che vive attraverso il corpo, il cuore, gli occhi, lo sguardo, il respiro dell’altro. Se la rete è usata come prolungamento o come attesa di tale incontro, allora non tradisce se stessa e rimane una risorsa per la comunione» [2]. È questa l’idea chiave del Messaggio per la 53a Giornata mondiale delle comunicazioni sociali di Papa Francesco: il superamento della tentazione di pensare che da una parte ci sia la Rete (il virtuale) e dall’altra il mondo (il reale) è già un’indicazione di metodo dal punto di vista educativo. La duplice immagine del prolungamento e dell’attesa, infatti, indica una complementarità e un’integrazione tra online e offline: non assolutizzare, non isolare una dimensione a scapito dell’altra, ma armonizzare il proprio stare in Rete con la vita di tutti i giorni, praticare la regola dell’alternanza costruendo diete di consumo equilibrate.
In quest’ottica, per analizzare rischi e opportunità, occorre innanzitutto condividere tre premesse su come interpretare – e assumere le conseguenti posture educative – i legami nel Web 2.0, ossia la Rete sociale segnata dall’affermarsi dei social network e i servizi di instant messaging (WhatsApp, Telegram).
La prima è già stata indicata: superare il “paradigma geografico”, secondo il quale online e offline sarebbero due spazi separati, due luoghi diversi. È l’idea che troviamo riflessa nell’opposizione dei termini della lingua italiana “reale” e “virtuale”, con la conseguenza che ciò che agiamo nel “virtuale” sarebbe meno “reale” e quindi giustificherebbe un atteggiamento deresponsabilizzato: «è uno scherzo», oppure «mi stai prendendo troppo sul serio» mi hanno risposto via social tanti ragazzi, contattati poiché avevano partecipato a performances d’odio [3], come evocare le camere a gas per il campo rom vicino al quartiere o invitare allo stupro di una ragazza. In realtà, la Rete è “realtà aumentata” e ciò che agiamo nel Web è reale (e quasi sempre pubblico), siamo esseri umani definitivamente connessi, in cui offline e online non sono due dimensioni distinte ma si compenetrano. Onlife, secondo l’efficace espressione di Luciano Floridi [4]. Questo vale per quasi tutte le relazioni vissute dai ragazzi (ma anche dagli adulti): al termine dell’orario scolastico o dell’incontro di catechismo, chattando sul gruppo WhatsApp della classe, gli adolescenti continuano gli scambi (e talvolta anche le pratiche didattiche) vissuti nello spazio di educazione formale; allo stesso modo si trovano esperienze di welfare, come il progetto “WelComeTech: reti a sostegno degli anziani vulnerabili” nella provincia di Verbania [5], o di pastorale, come le pagine Instagram o Facebook “Humans of Rizzo” e il progetto “Narrare è generare” della Parrocchia San Francesco del quartiere Rizzottaglia di Novara [6], che valorizzano nell’intervento sociale la continuità tra online e offline (l’efficacia è data proprio da questo).