CHRISTUS VIVIT – Guida alla lettura
a cura di padre Giacomo Costa sj e don Rossano Sala sdb
Segretari Speciali del Sinodo
Lo scorso 25 marzo papa Francesco ha lasciato il Vaticano per una brevissima visita a Loreto: dentro la Santa Casa – un luogo quanto mai simbolico – ha firmato l’Esortazione Apostolica Postsinodale Christus vivit. Rivolto ai giovani cristiani di tutto il mondo e all’intero popolo di Dio (cfr CV 3), questo documento rappresenta un ulteriore passo nel percorso, cominciato nell’ottobre del 2016, con cui la Chiesa si è interrogata sul tema “I giovani, la fede, il discernimento vocazionale”. Un lungo cammino preparatorio, che ha sollecitato il contributo di tutte le Conferenze Episcopali del mondo e offerto varie opportunità di ascoltare direttamente la voce dei giovani, ha condotto, nel mese di ottobre 2018, alla celebrazione della XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi. Questa ha concluso i propri lavori con l’approvazione di un DF, presentato al Pontefice e reso pubblico in vista della fase attuativa che impegnerà tutte le Chiese particolari.
In una Chiesa che vede nel “fare sinodo” o, in parole più accessibili, nel “camminare insieme” la propria cifra identitaria, il testo si pone espressamente nel seguito di tutti i passi precedenti del percorso sinodale e apre la strada a compierne di nuovi. In particolare lo si può intendere come una rilettura meditata e dialogica, di particolare significato per la sua autorità, del DF e dei lavori dell’Assemblea a cui papa Francesco ha personalmente preso parte. Ciò è affermato con chiarezza fin dall’inizio, rinviando all’insieme del DF, che viene quindi assunto al di là dei parecchi passi testualmente citati e di quelli, assai più numerosi, di cui si coglie nella CV un’eco e un rilancio:
Mi sono lasciato ispirare dalla ricchezza delle riflessioni e dei dialoghi del Sinodo dell’anno scorso. Non potrò raccogliere qui tutti i contributi, che potrete leggere nel Documento Finale, ma ho cercato di recepire, nella stesura di questa lettera, le proposte che mi sembravano più significative. In questo modo, la mia parola sarà arricchita da migliaia di voci di credenti di tutto il mondo che hanno fatto arrivare le loro opinioni al Sinodo. Anche i giovani non credenti, che hanno voluto partecipare con le loro riflessioni, hanno proposto questioni che hanno fatto nascere in me nuove domande (CV 4).
A tutto ciò, papa Francesco unisce anche gli stimoli di numerose Conferenze Episcopali di tutto il mondo e alcuni tocchi più personali, che rinviano all’America latina e a figure della Compagnia di Gesù, quali Pedro Arrupe e Alberto Hurtado. Nelle pagine che seguono offriremo una prima presentazione del contenuto della CV.
1. Un dialogo tra generazioni
CV comincia esprimendo l’intenzione di aprire un dialogo con i giovani e al suo interno alterna passi in cui si rivolge direttamente al lettore e altri di discorso indiretto. Papa Francesco non separa i giovani dal resto della Chiesa, ma attraverso di loro intende rivolgersi a tutti i cristiani. Come l’Assemblea sinodale aveva rimarcato con forza, i giovani sono protagonisti del nostro tempo e membra attive della Chiesa, non oggetto di discorsi che calano su di loro dall’alto. Fondamentali sono quindi le relazioni tra le generazioni, a partire da una profezia di Gioele e dai lavori dell’Assemblea sinodale (cfr CV 192-201):
Nella profezia di Gioele troviamo un annuncio che ci permette di capire questo in un modo molto bello. Dice così: «Dopo questo, io effonderò il mio spirito sopra ogni uomo e diverranno profeti i vostri figli e le vostre figlie; i vostri anziani faranno sogni, i vostri giovani avranno visioni» (Gl 3,1; cfr At 2,17). Se i giovani e gli anziani si aprono allo Spirito Santo, insieme producono una combinazione meravigliosa. Gli anziani sognano e i giovani hanno visioni. In che modo le due cose si completano a vicenda? (CV 192).
Secondo le modalità espressive e comunicative tipiche del nostro mondo, il testo della CV non si presenta come un percorso strutturato, dichiarato all’inizio e poi svolto in modo geometrico, ma alterna generi e modalità di interlocuzione e argomentazione. Leggendolo, viene da chiedersi se il formato testuale classico a cui è consegnato non gli stia addirittura stretto e se il messaggio non risulterebbe più fruibile tramite il ricorso alle tecnologie comunicative multimediali oggi disponibili, che consentono di articolare una pluralità di linguaggi, compreso quello delle immagini e dei video, e permettono al fruitore di muoversi anche lungo traiettorie non lineari grazie alla rete dei link. Si tratta di potenzialità comunicative che finora il magistero della Chiesa non ha utilizzato, ma che sarebbe bene cominciare a esplorare per poter raggiungere con maggiore efficacia generazioni sempre più numerose che crescono in una cultura multimediale e non solo in quella della parola scritta. Si tratta in ogni caso di un testo “poliedrico”, che articola una pluralità di approcci e di percorsi al suo interno. Una seconda lettura consente però di far emergere una struttura, che resta delicatamente sottotraccia e non si impone, ma a cui il lettore si può appoggiare. I nove capitoli che compongono il testo possono essere raggruppati tre a tre. Ci sembra legittimo riconoscere in questi tre blocchi la scansione dei passi del processo di discernimento – riconoscere, interpretare, scegliere – su cui si erano articolati i lavori dell’Assemblea sinodale e che serve da struttura portante del DF, con cui CV si pone costantemente in dialogo.
2. In ascolto della realtà
Il primo blocco (capp. 1-3) riprende il lavoro di ascolto della realtà a cui si era dedicata l’Assemblea sinodale a partire dai materiali preparatori per un discernimento condiviso. L’obiettivo è di cominciare lasciando spazio a quello che emerge quando la Parola di Dio incontra i giovani e interagisce con le relazioni che essi tessono tra di loro, all’interno delle famiglie, delle comunità, delle società. Solo così gli eventi dischiuderanno il loro significato e offriranno stimoli a un discernimento che punta a riconoscere la volontà di Dio non in astratto, ma nella concretezza della storia e persino della quotidianità.
Il punto di partenza è perciò la Parola di Dio, e in particolare i molti incontri di giovani con il Signore che essa narra (cap. 1). Tuttavia non è solo nei racconti della Scrittura che Gesù incontra i giovani; egli è Parola vivente, Colui che fa nuova ogni cosa, l’eternamente giovane (cfr CV 13) in quanto «Essere giovani, più che un’età, è uno stato del cuore» (CV 34).
Il secondo capitolo intreccia questa Parola con le nostre vite: in ogni epoca, compresa la nostra, è proprio l’incontro con Gesù a illuminare la vita dei giovani e quella di tutta la Chiesa, chiamata a rinnovarsi continuamente proprio per ritornare al «suo primo amore» (CV 34) e così riuscire a entrare in contatto con i giovani in un tempo in cui molti «non la ritengono significativa per la loro esistenza» e le chiedono piuttosto di lasciarli in pace (cfr CV 40, che riprende sia DF 53 che IL 66).
Tra l’altro sono proprio i giovani che la possono “evangelizzare” e aiutare a mantenersi giovane, a non cadere nella corruzione, a non trasformarsi in setta, ad essere testimone autenticamente povera e umile:
Sono proprio i giovani che possono aiutarla a rimanere giovane, a non cadere nella corruzione, a non fermarsi, a non inorgoglirsi, a non trasformarsi in una setta, ad essere più povera e capace di testimonianza, a stare vicino agli ultimi e agli scartati, a lottare per la giustizia, a lasciarsi interpellare con umiltà (CV 37).
La giovinezza di Gesù e la perenne novità del Vangelo si manifestano con forza nella vita di Maria e in quella dei tanti giovani capaci di raggiungere la santità; vengono così ricordati giovani santi vissuti in tutte le epoche della storia, in tutti i continenti e in tutte le culture.
Solo a questo punto si è pronti a passare in rassegna la situazione dei giovani nel mondo contemporaneo (cap. 3): più lo sguardo è animato da fiducia e speranza, più può permettersi di lasciare emergere anche ombre e difficoltà. L’obiettivo del capitolo è scongiurare il rischio di pensare ai giovani in modo astratto o stereotipato (in positivo o in negativo), per mettere al centro dell’attenzione la loro vita reale (CV 71), a partire dalla enorme varietà delle condizioni in cui si trovano:
La gioventù non è un oggetto che può essere analizzato in termini astratti. In realtà, “la gioventù” non esiste, esistono i giovani con le loro vite concrete. Nel mondo di oggi, pieno di progressi, tante di queste vite sono esposte alla sofferenza e alla manipolazione (CV 71).
Del resto, era stata proprio l’Assemblea sinodale a indicare come particolarmente appropriata al nostro mondo la possibilità che alcune lingue hanno di parlare di “gioventù” al plurale (cfr DF 10 e CV 68).
Dal DF l’esortazione riprende, quasi alla lettera, la trattazione di tre situazioni che assurgono a cifra della condizione dei giovani (e non solo) nel mondo di oggi. La prima è la crescente pervasività dell’ambiente digitale, con tutte le sue potenzialità come occasione di incontro e dialogo, ma anche le sue ombre e i suoi rischi di manipolazione e sfruttamento (CV 86-90). La seconda è la condizione dei migranti, autentico paradigma del nostro tempo e della condizione dei credenti, che la Lettera agli ebrei definisce «stranieri e pellegrini» (CV 91-94). Il terzo nodo affrontato è l’emergenza degli abusi, rispetto a cui si ribadisce, anche sulla scorta dell’Incontro su “La protezione dei minori nella Chiesa” (21-24 febbraio 2019), la necessità di trasparenza, l’impossibilità di fare marcia indietro in materia di misure di prevenzione e la richiesta ai giovani di collaborare per trasformare questa crisi in una opportunità di autentica riforma della Chiesa (CV 95-102).
Pur nello sforzo di analizzare la realtà socio-culturale, l’intenzione di questa prima sezione resta profondamente spirituale: l’obiettivo non è accumulare dati, ma fare appello alla capacità di piangere, cioè alla disponibilità dei cristiani, della Chiesa e della società di provare nei confronti dei giovani, specie quelli che patiscono violenze e ingiustizie, sentimenti di autentica maternità (CV 75-76). Ugualmente spirituale è la conclusione del terzo capitolo, che invita alla speranza: i giovani – si fa l’esempio del Venerabile Carlo Acutis (CV 104-106) – hanno le risorse di creatività per abitare il nostro mondo senza lasciarsi schiacciare dalle sue contraddizioni e ad esse papa Francesco fa appello. Compete alle Chiese locali approfondire l’analisi del mondo giovanile di ciascun territorio, per predisporre le linee pastorali più appropriate (CV 103).
3. Al cuore del testo
Il secondo blocco di tre capitoli rappresenta il cuore e il fulcro dell’intera esortazione, che rende ragione anche del suo titolo. A ciascun giovane, nelle circostanze concrete in cui si trova, la Chiesa non ha altro da offrire se non l’incontro con quel Dio vivo che essa continua a sperimentare come amore, come salvezza e come fonte di vita, sapendo che sarà questo incontro a dischiudere nuove possibilità di orientamento per la vita di ciascuno, cioè a diventare chiamata e vocazione. L’obiettivo dei tre capitoli è far emergere– è questo il cuore di un vero e proprio cammino di discernimento – quale sia il dinamismo che mette in moto una risposta autentica alla voglia di vita che la giovinezza porta con sé e che il Signore non vuole spegnere, o invece che cosa è un inganno che manipola e asservisce.
Papa Francesco comincia quindi, nel capitolo quarto, rivolgendo direttamente, in seconda persona, a ciascun giovane l’annuncio che viene dalla fede: Dio ti ama; Gesù Cristo ti salva, è vivo e desidera che tu viva; Egli è sempre con te e non ti abbandona! Dando corpo con semplicità e profondità a queste frasi, Egli mostra così nella pratica che cosa significa attuare il n. 133 del DF, che ribadiva la centralità dell’«annuncio di Gesù Cristo, morto e risorto, che ci ha rivelato il Padre e donato lo Spirito» come dono irrinunciabile da offrire ai giovani e come questo sia intrinsecamente anche una chiamata che scuote e invita a mettere in gioco la propria libertà.
Questo appello appassionato ad entrare in una autentica relazione di salvezza e di amicizia offre la prospettiva al cui interno considerare gli itinerari dei giovani e le decisioni che sono chiamati a prendere, da quelle legate all’impegno professionale, sociale e politico, a quelle che riguardano la configurazione complessiva dell’esistenza (cap. 5):
Come si vive la giovinezza quando ci lasciamo illuminare e trasformare dal grande annuncio del Vangelo? È importante porsi questa domanda, perché la giovinezza, più che un vanto, è un dono di Dio: «Essere giovani è una grazia, una fortuna». È un dono che possiamo sprecare inutilmente, oppure possiamo riceverlo con gratitudine e viverlo in pienezza (CV 134).
Tornano in questa pagine espressioni care a papa Francesco e a cui ricorre spesso quando si rivolge ai giovani: l’importanza di osare e rischiare, di agire anche a costo di commettere errori, piuttosto che rimanere al balcone o sul divano. I giovani che ha in mente papa Francesco sono quelli capaci di scendere in strada per chiedere un mondo più giusto diventando protagonisti del cambiamento:
I giovani nelle strade. Sono giovani che vogliono essere protagonisti del cambiamento. Per favore, non lasciate che altri siano protagonisti del cambiamento! Voi siete quelli che hanno il futuro! Attraverso di voi entra il futuro nel mondo. A voi chiedo anche di essere protagonisti di questo cambiamento. Continuate a superare l’apatia, offrendo una risposta cristiana alle inquietudini sociali e politiche, che si stanno presentando in varie parti del mondo. Vi chiedo di essere costruttori del mondo, di mettervi al lavoro per un mondo migliore (CV 174).
Questo invito richiede però che i giovani non cadano in una trappola che il mondo propone loro: tagliare i legami con le proprie radici e l’esperienza di chi li ha preceduti (cap. 6). Questo li renderebbe più deboli, più esposti alla massificazione e alla manipolazione. Per questo la proposta di papa Francesco è quella della complementarità e del dialogo tra le generazioni, proiettando a livello universale l’esperienza dei Padri sinodali: «In questo Sinodo abbiamo sperimentato che la corresponsabilità vissuta con i giovani cristiani è fonte di profonda gioia anche per i vescovi. Riconosciamo in questa esperienza un frutto dello Spirito che rinnova continuamente la Chiesa» (DF 119). L’invito a rischiare si rivolge allora non solo ai giovani, ma a tutte le generazioni insieme. Riaffiora con forza e determinazione la prospettiva “sinodale”: solo se giovani e anziani camminano insieme potranno radicarsi nel presente e da qui rivolgersi al passato per sanarne le ferite e proiettarsi nel futuro. L’immagine è quella fornita durante il Sinodo da un giovane delle Isole Samoa: la Chiesa come canoa in viaggio nell’oceano, che può raggiungere la meta solo se gli anziani, che conoscono le stelle, mantengono la rotta, e i giovani, con il loro vigore, spingono sui remi (cfr CV 201).
4. Prospettive d’impegno
Il blocco formato dagli ultimi tre capitoli punta all’individuazione delle prospettive di attuazione di quanto messo a fuoco in precedenza: tanto i giovani quanto le comunità ecclesiali sono chiamati a scelte concrete.
Il cap. 7 si presenta come particolarmente denso: lo si comprende meglio a partire dai materiali del processo sinodale, a cui rinvia esplicitamente, anche se in alcuni casi solo tramite semplici cenni. La sfida del “rischiare insieme”, formulata alla conclusione della parte precedente, viene raccolta e trasformata nell’esigenza di una pastorale strutturalmente sinodale, fondata sulla valorizzazione dei carismi che lo Spirito concede a ciascuno e su una dinamica di corresponsabilità.
La pastorale giovanile non può che essere sinodale, vale a dire capace di dar forma a un “camminare insieme” che implica una «valorizzazione dei carismi che lo Spirito dona secondo la vocazione e il ruolo di ciascuno dei membri [della Chiesa], attraverso un dinamismo di corresponsabilità. […] Animati da questo spirito, potremo procedere verso una Chiesa partecipativa e corresponsabile, capace di valorizzare la ricchezza della varietà di cui si compone, accogliendo con gratitudine anche l’apporto dei fedeli laici, tra cui giovani e donne, quello della vita consacrata femminile e maschile, e quello di gruppi, associazioni e movimenti. Nessuno deve essere messo o potersi mettere in disparte» (CV 206).
Per la Chiesa si tratta di un vero e proprio cammino di conversione, che la renderà più accogliente e partecipativa, e capace così di evangelizzare grazie alla forza delle relazioni di cui è intessuta. In una Chiesa non più monolitica ma poliedrica (cfr CV 207) si apriranno spazi di protagonismo per i giovani e anche per le donne, alla cui condizione CV dedica parole di inequivocabile chiarezza, quando, al n. 42, aveva riconosciuto la legittimità delle rivendicazioni di uguaglianza e il retaggio storico di forme di dominazione maschilista.
La capacità di inclusione è la chiave della proposta pastorale avanzata in questo capitolo e fa premio sull’ossessione per la trasmissione delle verità dottrinali (cfr CV 212). Le comunità cristiane sono invitate a offrire spazi di accoglienza senza troppe barriere, e alle scuole cattoliche è chiesto di non trasformarsi in bunker a difesa dagli errori della cultura esterna, impermeabili al cambiamento (cfr CV 221). Particolarmente stimolanti sono i paragrafi dedicati alla “pastorale giovanile popolare” (CV 230-238): partono dal riconoscimento che i luoghi tradizionali della pastorale (oratori, centri giovanili, scuole, associazioni, movimenti) sono in grado di andare incontro alle esigenze di una certa parte del mondo giovanile, ma ne escludono inevitabilmente altre. Quanti professano altre fedi o si dichiarano non religiosi, e coloro che per tante ragioni sono segnati da dubbi, traumi o errori, faticherebbero a integrarsi nella pastorale ordinaria, ma non per questo hanno meno bisogno di trovare porte aperte e di essere sostenuti a compiere il bene possibile.
Gli ultimi due capitoli riprendono in modo concreto e più esplicito i temi della vocazione e del discernimento, sulla scorta del titolo dell’Assemblea sinodale. Il cap. 8 presenta la vocazione nel suo significato fondamentale di chiamata all’amicizia con Gesù e alla partecipazione all’opera di creazione e di redenzione di Dio, che si realizza nel servizio agli altri (CV 253-258). Proprio il servizio agli altri è l’orizzonte al cui interno collocare le due questioni che interpellano la maggioranza dei giovani. La prima è quella dell’amore e della formazione di una nuova famiglia (CV 259-267), in cui si rinvia esplicitamente alla precedente esortazione apostolica postsinodale Amoris laetitia, senza nascondere bellezza e difficoltà della prospettiva matrimoniale e aggiungendo, sulla scorta dei lavori sinodali, qualche parola dedicata ai single. Sempre da Amoris laetitia viene ribadita anche la concezione della sessualità come autentico dono di Dio e non come tabù, esperienza di amore e di generazione (cfr CV 261). Il secondo ambito di cui si sottolinea con grande forza la pregnanza vocazionale è quello del lavoro (CV 268-273). Per questo la disoccupazione e le varie forme di sfruttamento rappresentano una minaccia per la società e una emergenza di cui la politica ha il dovere di occuparsi. Rispetto al tema delle vocazioni sacerdotali e religiose, l’invito rivolto ai più anziani è di osare proporle come possibilità; quello ai giovani è di non scartarne a priori l’eventualità, entrambi mantenendosi liberi e attenti alla voce dello Spirito.
Allo specifico del discernimento vocazionale, cioè alla capacità di riconoscere a che cosa il Signore chiama ciascuno, è dedicato il cap. 9. Rivolgendosi direttamente ai giovani, papa Francesco ricorda che si tratta di un percorso esigente, che richiede disponibilità ad assumersi un rischio: solo così sarà possibile identificare ciò per cui vale la pena spendere la propria vita senza accontentarsi di valutare prospettive di carriera o guadagno. Si tratta infatti di passare alla dimensione del dono, ricevuto e ricambiato, e alla libertà che ne consegue. Proprio di questa gratuità sono chiamati a essere testimoni quanti accompagnano i giovani in un processo di discernimento vocazionale, con una attenzione a un ascolto profondo, prendendo sul serio la persona, quanto essa dice, e anche a valorizzare i suoi slanci vitali (cfr CV 291-295). Ad accompagnare possono essere sacerdoti o religiosi, così come laici, professionisti o anche altri giovani (cfr CV 291): l’importante è che sappiano mettersi in ascolto, porre domande e suscitare processi senza pensare di determinare la traiettoria che ciascuno, liberamente, riterrà di essere chiamato a seguire.
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La penna appassionata di papa Francesco – che ha vissuto dall’interno tutto il processo sinodale, lo ha interamente condiviso e lo ha sigillato attraverso il testo della CV – non conclude il suo tratto con una chiusura, ma come sempre in forma aperta e coinvolgente. Chiede ai giovani di farsi avanti, di non tirarsi indietro. Non ha timore di spingerli ad essere gli apripista della Chiesa del terzo Millennio:
Cari giovani, sarò felice nel vedervi correre più velocemente di chi è lento e timoroso. Correte «attratti da quel Volto tanto amato, che adoriamo nella santa Eucaristia e riconosciamo nella carne del fratello sofferente. Lo Spirito Santo vi spinga in questa corsa in avanti. La Chiesa ha bisogno del vostro slancio, delle vostre intuizioni, della vostra fede. Ne abbiamo bisogno! E quando arriverete dove noi non siamo ancora giunti, abbiate la pazienza di aspettarci» (CV 299).
È un altro modo, questa volta più personale e affettuoso, di ripetere ai giovani ciò che è stato loro detto con la stessa passione dai Padri sinodali: di essere come Giovanni che anticipa Pietro alla tomba e poi lo attende con pazienza e rispetto (cfr DF 66); di essere come la Maddalena, «la prima discepola missionaria, l’apostola degli apostoli» (DF 115); di essere come i due discepoli di Emmaus, che scelgono di ritornare con entusiasmo nel cuore della comunità per condividere la gioia del Vangelo.
Immagini di risurrezione, immagini di futuro, immagini che ci fanno sognare, sperare, amare. E che soprattutto ci mettono in movimento.