“Caro prof, quali sono i bravi docenti?”
Dalla rubrica di Note di Pastorale Giovanile: “Parole adolescenti”
Caro Prof,
anche in questa lettera voglio parlarle della scuola e spero di non stancarla visto che lei la vive tutti i giorni; del resto è così pure per me, forse più difficile visto che quest’anno è un mondo nuovo. Nuovo sì, ma ogni giorno mi piace sempre di più e il latino e il greco sono lingue meno morte di quanto si dica. Faccio fatica, studio con impegno, e poi non posso trascurare le altre materie, per quanto abbia una passione per il mondo classico come avrà capito. Con i miei compagni al momento tutto bene, ma perché ci sia una buona scuola e un buon ambiente servono dei bravi professori (e qui tocco un po’ il suo ambito, spero non si arrabbi se le dico io cose che certamente Lei conosce già). E quali sono i bravi professori? Per me è bravo un professore che, al posto di mettersi davanti a una classe di ragazzi semi-addormentati e ripetere in modo stanco ciò che è scritto sul libro, riesce a mettere un po’ del suo sapere e dei suoi studi in ciò che spiega, e faccia capire che la cosa che sta spiegando è la più importante del mondo, e che ha cambiato lui quando l’ha scoperta. Un bravo professore, secondo me, non perde la voglia di spiegarti dieci venti cento volte lo stesso concetto e, soprattutto, non perde la voglia di farti mettere in gioco, di darti anche un tuo spazio dove poter condividere il tuo personale pensiero. Un professore che non perde la voglia di farti essere assetato di conoscenza e di essere assetato lui stesso di conoscenza. Perché in fondo è così, un bravo professore fa imparare ai ragazzi ma, allo stesso tempo, impara tantissimo da loro. È per questo tipo di confronto e di scambio che vorrei essere una professoressa, un giorno. Per essere in grado di dare e ricevere, per dare le cose belle che avrò dentro, per ricevere le cose belle che incontrerò negli allievi.
Comunque, sia con bravi che con pessimi professori, a scuola bisogna anche fare dei sacrifici. Ad esempio ci sono delle materie che, indipendentemente dai professori o dai compagni, ci “pesano”. A quel punto tocca a noi fare qualche sacrificio, impegnarsi un po’ di più, dire di no a qualche uscita con gli amici piuttosto che un pomeriggio di ozio. È successo a tutti di essere stanchissimi e di non avere voglia di studiare o fare i compiti. Ma bisogna fare la nostra parte, faticare ogni tanto se si vuole arrivare in alto. Se si vuole arrivare alla cultura, alla conoscenza, al “sapere” che, a parer mio, è la miglior risorsa su cui un uomo possa contare. Può farci vivere consapevoli di ciò che ci sta intorno e di noi stessi, rendendo tutto un po’ più interessante o almeno meno superficiale, meno grossolano.
Ma il primo passo per avere una cultura è essere curiosi. La curiosità è uno dei pregi che preferisco nelle persone (anche se a volte può diventare un difetto, un’invadenza). La curiosità ci spinge “oltre”, elimina tanti limiti. Ci fa rendere conto del fatto che c’è sempre qualcosa in più da sapere, da fare, da chiedersi. Quindi quando mi chiedono come mai la scuola, tutto sommato, mi piaccia, io rispondo che sono una persona curiosa. E attenzione, una persona curiosa non è “secchiona” né “pazza”. Conosco tante persone curiose che hanno amici, hanno il tempo di uscire e avere hobby e piaceri.
Visto che prima ho parlato di “arrivare in alto”, voglio concludere con una frase che davvero racchiude tutto ciò che mi sta a cuore e che ho cercato di dire in questa lettera scritta tra un giorno di scuola e un altro. Le ha dette un “classico”, un greco la cui lingua dicono che sia morta, ma il cui pensiero ancora esprime civiltà: Plutarco. Egli scriveva: “La mente non è un vaso da riempire, ma un fuoco da accendere”.
Buona scuola, La saluto.
Virginia