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“Non solo semi sull’asfalto”, i Salesiani vicino ai giovani per la GMG

Da Vatican News.

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di Layla Perroni

Mancano meno di due mesi alla Giornata Mondiale della Gioventù organizzata a Lisbona per la prima settimana di agosto. Presso le comunità salesiane, attive dal 1945 per la tutela e l’accoglienza dei giovani provenienti da situazioni di disagio, ci si prepara a fianco dei ragazzi. Educazione e sensibilizzazione sono le linee guida in vista della Gmg. Don Marco Cimini, educatore del Borgo Ragazzi don Bosco, a Roma, racconta a Radio Vaticana – Vatican News l’entusiasmo di quanti parteciperanno: “Mi viene in mente uno dei ragazzi che ha coinvolto con convinzione, e anche senza remore, i suoi compagni di scuola assieme alle loro famiglie per far capire e comprendere la portata di questo evento”.

Sono 50 i giovani del Borgo Ragazzi don Bosco – una delle numerose comunità salesiane presenti sul territorio nazionale – che hanno aderito all’iniziativa della Giornata Mondiale della Gioventù. La comunità, da settembre scorso e fino a maggio, ha organizzato tante attività per coloro che sono in partenza, tra cui quella dell’autofinanziamento. Con grande sorpresa degli educatori, l’iniziativa ha riscosso un successo inaspettato anche tra quelli che non parteciperanno all’evento. “I ragazzi si sono sentiti coinvolti in prima persona e si sono dati da fare con la consapevolezza che il tutto è finalizzato ad un obiettivo che non solo li riguarda da vicino, ma che rappresenta anche una vera e propria esperienza sia di natura comunitaria che religiosa”, sottolinea don Marco.

Accanto all’autofinanziamento, la comunità salesiana con sede a Roma si è impegnata nell’educazione dei giovani in previsione della Gmg. Don Marco, in partenza lui stesso con i ragazzi, racconta di un episodio avvenuto presso la Basilica del Sacro Cuore situata vicino alla stazione Termini della capitale, gestita dai salesiani. “Abbiamo condiviso un toccante momento di preghiera con i ragazzi di Roma e del Lazio che parteciperanno alla Gmg e legati al mondo salesiano. La celebrazione è stata fatta all’altare di Santa Maria Ausiliatrice, elemento architettonico che don Bosco stesso ha voluto qui a Roma. Per me è stato indicativo anche questo, visto e considerato che la tematica dell’iniziativa di Lisbona è attorno alla figura di Maria”.

In un videomessaggio rivolto a quanti prenderanno parte all’evento in programma a Lisbona dall’1 al 6 agosto, Papa Francesco ha incoraggiato a guardare con speranza a quei giorni, “perché si cresce molto in una Giornata come questa”. “La Chiesa – diceva il Papa – ha la forza dei giovani. Quindi, andate avanti”. A tal proposito, don Marco, in accordo con queste parole, aggiunge: “Se io dovessi pensare alla speranza, oltre che a Gesù Cristo, io penso ai giovani. Così come se volessi trovarvi un sinonimo, mi viene in mente solo il termine ragazzi”. Di fronte alle tante ‘colpe’ che si possono addurre alle nuove generazioni, “io sono convinto che i giovani siano delle spugne che assorbono tutto ciò che gli accade intorno e come tali, credo debbano essere educate con il tempo, fino a essere trasformate in filtri, capaci di far emergere tutto ciò che di buono esiste nel mondo”.

La vivacità e l’energia dei ragazzi rappresentano il fulcro della Gmg. Don Marco, infatti, è convinto che i giovani abbiano una marcia in più: “Nonostante alcuni dei minori che accogliamo vengano dalla strada o abbiano situazioni familiari difficili, questi possiedono una grande capacità di saper leggere le situazioni in maniera molto più fresca. Sembra  che non ti prestino attenzione a volte – conclude il sacerdote -, ma in realtà quando si dialoga seriamente, ti rendi conto di quanto sia rimasto di quello che hai detto in precedenza, di quanto non sia stato solo un seme buttato sull’asfalto”.

Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, il Papa: Comunicare col cuore in un tempo di contrapposizioni

Da Vatican News, un articolo per il messaggio del Papa in occasione della Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali 2023 che quest’anno si celebrerà domenica 21 maggio.

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di Adriana Masotti

“Nel drammatico contesto di conflitto globale che stiamo vivendo è urgente affermare una comunicazione non ostile. Abbiamo bisogno di comunicatori coinvolti nel favorire un disarmo integrale e impegnati a smontare la psicosi bellica che si annida nei nostri cuori”. E’ un passaggio di estrema attualità contenuto nel Messaggio di Papa Francesco per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali 2023 che quest’anno si celebrerà domenica 21 maggio. Il Papa si rivolge in modo particolare agli operatori della comunicazione ma osserva che l’impegno per una comunicazione “dal cuore e dalle braccia aperte” è responsabilità di ciascuno.

Il tema si collega idealmente a quello del 2022, che invitava all’ascolto e a quello precedente che esortava a “andare e vedere” quali condizioni per una buona comunicazione. Questa volta il Papa vuol soffermarsi sul “parlare con il cuore”. Il cuore è infatti ciò che muove all’accoglienza, al dialogo e alla condivisione, innescando una dinamica che Francesco definisce come quella del “comunicare cordialmente”. L’accoglienza dell’altro è ciò che permette, dopo l’ascolto, di “parlare seguendo la verità dell’amore”. Scrive:

Non dobbiamo temere di proclamare la verità, anche se a volte scomoda, ma di farlo senza carità, senza cuore. Perché “il programma del cristiano – come scrisse Benedetto XVI – è ‘un cuore che vede’”. Un cuore che con il suo palpito rivela la verità del nostro essere e che per questo va ascoltato. Questo porta chi ascolta a sintonizzarsi sulla stessa lunghezza d’onda, al punto da arrivare a sentire nel proprio cuore anche il palpito dell’altro. Allora può avvenire il miracolo dell’incontro.

Parlare con il cuore significa lasciar intravedere la partecipazione “alle gioie e alle paure, alle speranze e alle sofferenze delle donne e degli uomini del nostro tempo”, afferma il Papa. E’ un appello che interpella particolarmente chi comunica in un contesto oggi “così propenso all’indifferenza e all’indignazione, a volte anche sulla base della disinformazione, che falsifica e strumentalizza la verità”.

Papa Francesco indica l’esempio di un comunicatore con il cuore nel “misterioso Viandante che dialoga con i discepoli diretti a Emmaus”: parlando con amore, Gesù accompagna “il cammino del loro dolore”, rispettando i loro tempi di comprensione. Il Papa scrive ancora:

In un periodo storico segnato da polarizzazioni e contrapposizioni – da cui purtroppo anche la comunità ecclesiale non è immune – l’impegno per una comunicazione “dal cuore e dalle braccia aperte” non riguarda esclusivamente gli operatori dell’informazione, ma è responsabilità di ciascuno. Tutti siamo chiamati a cercare e a dire la verità e a farlo con carità.

Questo richiamo interpella in modo particolare i cristiani, prosegue Francesco, dalla cui bocca “non dovrebbero mai uscire parole cattive”, ma solo parole capaci di fare del bene agli altri e di scalfire anche i “cuori più induriti”. E’ la “forza gentile dell’amore” che il Papa indica, invitando a ripensare alle sue conseguenze sociali:

Ne facciamo esperienza nella convivenza civica dove la gentilezza non è solo questione di “galateo”, ma un vero e proprio antidoto alla crudeltà, che purtroppo può avvelenare i cuori e intossicare le relazioni. Ne abbiamo bisogno nell’ambito dei media, perché la comunicazione non fomenti un livore che esaspera, genera rabbia e porta allo scontro, ma aiuti le persone a riflettere pacatamente, a decifrare, con spirito critico e sempre rispettoso, la realtà in cui vivono.

Di san Francesco di Sales, dottore della Chiesa, vescovo di Ginevra in un tempo di accese dispute con i calvinisti e proclamato da Pio XI patrono dei giornalisti cattolici, Francesco dice che “il suo atteggiamento mite, la sua umanità, la disposizione a dialogare pazientemente con tutti e specialmente con chi lo contrastava lo resero un testimone straordinario dell’amore misericordioso di Dio”. Per il santo la comunicazione era un “riflesso dell’animo” e una manifestazione di amore. Noi “siamo ciò che comunichiamo” ci ricorda e il suo insegnamento, osserva il Papa, appare “controcorrente” in un tempo in cui spesso la comunicazione viene strumentalizzata. I suoi scritti suscitano una lettura “sommamente piacevole, istruttiva, stimolante” dice Papa Francesco citando le parole di san Paolo VI e poi commenta:

Se guardiamo oggi al panorama della comunicazione, non sono proprio queste le caratteristiche che un articolo, un reportage, un servizio radiotelevisivo o un post sui social dovrebbero soddisfare? Gli operatori della comunicazione possano sentirsi ispirati da questo santo della tenerezza, ricercando e raccontando la verità con coraggio e libertà, ma respingendo la tentazione di usare espressioni eclatanti e aggressive.

“Parlare con il cuore”, il tema di questa Giornata mondiale si inserisce nel processo sinodale che la Chiesa sta vivendo e Papa Francesco osserva che l’ascolto reciproco è il dono più prezioso che possiamo farci. C’è tanto bisogno, scrive, di un linguaggio “secondo lo stile di Dio, nutrito di vicinanza, compassione e tenerezza”. E descrive il suo sogno:

Sogno una comunicazione ecclesiale che sappia lasciarsi guidare dallo Spirito Santo, gentile e al contempo profetica, che sappia trovare nuove forme e modalità per il meraviglioso annuncio che è chiamata a portare nel terzo millennio. Una comunicazione che metta al centro la relazione con Dio e con il prossimo, specialmente il più bisognoso, e che sappia accendere il fuoco della fede piuttosto che preservare le ceneri di un’identità autoreferenziale.

Il Papa guarda ancora al contesto di conflitto globale che stiamo vivendo e ribadisce quanto sia necessaria, “una comunicazione non ostile” per promuovere una “cultura di pace” capace di “superare l’odio e l’inimicizia”. L’escalation bellica che oggi l’umanità teme, scrive Francesco, “va frenata quanto prima anche a livello comunicativo” perché le parole spesso si tramutano in azioni belliche di efferata violenza”. E, dunque, insiste:

Abbiamo bisogno di comunicatori disponibili a dialogare, coinvolti nel favorire un disarmo integrale e impegnati a smontare la psicosi bellica che si annida nei nostri cuori. (…) Va rifiutata ogni retorica bellicistica, così come ogni forma propagandistica che manipola la verità, deturpandola per finalità ideologiche. Va invece promossa, a tutti i livelli, una comunicazione che aiuti a creare le condizioni per risolvere le controversie tra i popoli.

Il messaggio di Papa Francesco si conclude sottolineando che lo sforzo di “trovare le parole giuste” per costruire “una civiltà migliore” è richiesto a tutti, ma in particolare è una responsabilità affidata agli operatori della comunicazione e per loro invoca il Signore perché con la loro professione improntata alla “verità nella carità”, possano aiutare a riscoprirci fratelli e sorelle e a “sentirci custodi gli uni degli altri”.

Il 25 marzo il Papa consacrerà Russia e Ucraina al Cuore Immacolato di Maria

Il prossimo 25 marzo, Papa Francesco consacrerà la Russia e l’Ucraina al Cuore Immacolato di Maria durante la Celebrazione della Penitenza alle ore 17.00 nella Basilica di San Pietro. Lo stesso atto, lo stesso giorno, sarà compiuto a Fatima dal cardinale Krajewski, elemosiniere pontificio, in risposta a quello che la Madonna chiese proprio a Fatima durante l’apparizione del 13 luglio 1917.

Di seguito l’articolo pubblicato su Vatican News.

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“Venerdì 25 marzo, durante la Celebrazione della Penitenza che presiederà alle 17 nella Basilica di San Pietro, Papa Francesco consacrerà all’Immacolato Cuore di Maria la Russia e l’Ucraina. Lo stesso atto, lo stesso giorno, sarà compiuto a Fatima dal cardinale Konrad Krajewski, elemosiniere pontificio, come inviato dal Santo Padre”. Lo rende noto in una dichiarazione il direttore della Sala Stampa della Santa Sede Matteo Bruni. Per la consacrazione è stato scelto il giorno della festa dell’Annunciazione del Signore. Lo annuncia in un tweet anche il Papa, invitando a pregare per la pace.

La Madonna, nell’apparizione del 13 luglio 1917 a Fatima, aveva chiesto la consacrazione della Russia al Suo Cuore Immacolato, affermando che, qualora non fosse stata accolta questa richiesta, la Russia avrebbe diffuso “i suoi errori per il mondo, promuovendo guerre e persecuzioni alla Chiesa. I buoni – aveva aggiunto – saranno martirizzati, il Santo Padre avrà molto da soffrire, varie nazioni saranno distrutte”. Dopo le apparizioni di Fatima ci sono stati vari atti di consacrazione al Cuore Immacolato di Maria: Pio XII, il 31 ottobre 1942, consacrò tutto il mondo e il 7 luglio 1952 consacrò i popoli della Russia al Cuore Immacolato di Maria nella Lettera apostolica Sacro vergente anno:

“Come pochi anni fa abbiamo consacrato tutto il mondo al Cuore immacolato della vergine Madre di Dio, così ora, in modo specialissimo, consacriamo tutti i popoli della Russia al medesimo Cuore immacolato”.

Paolo VI, il 21 novembre 1964, rinnovò la consacrazione della Russia al Cuore Immacolato alla presenza di Padri del Concilio Vaticano II. Papa Giovanni Paolo II compose una preghiera per quello che definì “Atto di affidamento” da celebrarsi nella Basilica di Santa Maria Maggiore il 7 giugno 1981, solennità di Pentecoste. Questo il testo:

O Madre degli uomini e dei popoli, Tu conosci tutte le loro sofferenze e le loro speranze, Tu senti maternamente tutte le lotte tra il bene e il male, tra la luce e le tenebre che scuotono il mondo, accogli il nostro grido rivolto nello Spirito Santo direttamente al Tuo cuore ed abbraccia con l’amore della Madre e della Serva del Signore coloro che questo abbraccio più aspettano, e insieme coloro il cui affidamento Tu pure attendi in modo particolare. Prendi sotto la Tua protezione materna l’intera famiglia umana che, con affettuoso trasporto, a Te, o Madre, noi affidiamo. S’avvicini per tutti il tempo della pace e della libertà, il tempo della verità, della giustizia e della speranza.

Poi, per rispondere più pienamente alle richieste della Madonna, volle esplicitare durante l’Anno Santo della Redenzione l’atto di affidamento del 7 giugno 1981, ripetuto a Fatima il 13 maggio 1982. Nel ricordo del Fiat pronunciato da Maria al momento dell’Annunciazione, il 25 marzo 1984 in piazza San Pietro, in unione spirituale con tutti i Vescovi del mondo, precedentemente “convocati”, Giovanni Paolo II affida al Cuore Immacolato di Maria tutti i popoli:

E perciò, o Madre degli uomini e dei popoli, Tu che conosci tutte le loro sofferenze e le loro speranze, Tu che senti maternamente tutte le lotte tra il bene e il male, tra la luce e le tenebre, che scuotono il mondo contemporaneo, accogli il nostro grido che, mossi dallo Spirito Santo, rivolgiamo direttamente al Tuo Cuore: abbraccia con amore di Madre e di Serva del Signore, questo nostro mondo umano, che Ti affidiamo e consacriamo, pieni di inquietudine per la sorte terrena ed eterna degli uomini e dei popoli. In modo speciale Ti affidiamo e consacriamo quegli uomini e quelle nazioni, che di questo affidamento e di questa consacrazione hanno particolarmente bisogno.

Nel giugno del 2000 la Santa Sede ha rivelato la terza parte del segreto di Fatima e l’allora arcivescovo Tarcisio Bertone, segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede, sottolineò che suor Lucia, in una lettera del 1989, aveva confermato personalmente che tale atto solenne e universale di consacrazione corrispondeva a quanto voleva la Madonna: “Sì, è stata fatta – aveva scritto la veggente – così come Nostra Signora l’aveva chiesto, il 25 marzo 1984”.

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La missione: la storia della famiglia De Nardi – Vatican News

Vatican News dedica un articolo alla testimonianza dei coniugi De Nardi, laici in missione, e del figlio Giampiero, sacerdote delle Missioni Don Bosco in Guatemala. Di seguito un estratto dell’articolo a cura di Antonella Palermo.

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Laici in missione, all’insegna di condivisione e fratellanza. La storia dei coniugi De Nardi

La testimonianza di Lillina e Carlo, che fin dagli anni Settanta hanno vissuto qualche mese in Amazzonia, incarna bene il Messaggio del Papa per la Giornata Missionaria Mondiale e dice la sfida di portare Cristo nelle regioni più remote della terra, come anche nelle nostre dimore abituali. “L’importante – confidano – è mantenere la porta sempre aperta all’accoglienza dell’altro”

Lillina Attanasio e Carlo De Nardi partirono insieme ad altre due persone cui erano stati affidati compiti diversi: due erano geometri, scelti dall’ispettore salesiano dell’Equador alle prese con i lavori ad un hangar per un elicottero che sarebbe servito ai salesiani per arrivare nei villaggi remoti dell’Amazzonia. All’attuale marito Carlo fu chiesto di incentivare la nascita di una scuola professionale per la riparazione di motori con cui i salesiani cercavano di abilitare i giovani per questo tipo di spostamenti. A lei sarebbe spettato di insegnare l’inglese. Proveniva già da una competenza di questo genere ma, proprio per questo, aveva desiderio di misurarsi con un’altra mansione. Si aggregò ad un missionario salesiano e due suore per raggiungere un villaggio: “Il Signore ti parlerà”, le venne detto. “In effetti è accaduto così – racconta – perché mi si presentò una situazione di emergenza in cui riuscii a salvare una bambina”. Arrivati nel primo villaggio, infatti, la gente era in apprensione perché un serpente velenosissimo aveva morso una piccola, era ormai moribonda. Lillina estrasse un pietra che i Padri Bianchi del Belgio le avevano dato da usare come rimedio in questi casi: si rivelò una vera e propria medicina salva vita. La gente del villaggio volle che lei rimanesse là con loro per un po’. “Così restai quasi cinque mesi da sola, raggiunta poi da Carlo e da una volontaria spagnola”.

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Tramandare, da genitori, l’impegno missionario
Lillina e Carlo hanno due figli, entrambi hanno sempre respirato un clima di chiesa domestica, aperta all’incontro con l’altro, senza distinzioni. Uno dei due, Giampiero, è diventato sacerdote delle Missioni Don Bosco, ora vive in Guatemala. “Guardava le foto di quello che avevamo vissuto noi, sentiva i nostri racconti…”, conclude Lillina. “Una notte ci portarono dal Tribunale dei Minori un bambino dell’età di mio figlio, era senza scarpe, doveva reintegrarsi in qualche modo. Lui gli donò le sue, senza esitare, di sua iniziativa, senza farsi vedere. Piccoli gesti che già dicevano di un cuore generoso”. Prima della pandemia, Lillina e Carlo andavano ogni anno a trovare il figlio in Centro America: “L’ultima volta abbiamo imparato a fare il pane e i formaggi per un corso da impartire alle donne guatemalteche. Ecco, la missione è in fondo semplicemente questo: rendersi utili, nonostante l’età, in un fare quotidiano attraverso cui passa Gesù”.

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Papa Francesco – “La preghiera del Rosario per l’umanità ferita”: maggio 2021

Con l’inizio del mese di maggio, mese per eccellenza dedicato alla Madonna, Papa Francesco ha proposto la preghiera del S.Rosario per chiedere la fine della pandemia e per essere vicini a tutti coloro che stanno soffrendo a causa di essa. Per ogni singolo giorno del mese di maggio, attraverso un calendario con alcune intenzioni specifiche, tutti i Santuari sparsi nel mondo, uniti in comunione di preghiera, innalzeranno le loro invocazioni, che come profumo d’incenso si eleveranno verso il cielo. Trenta Santuari mariani guideranno infatti a turno la preghiera per tutta la Chiesa e proporranno ai fedeli una serie di momenti da vivere nel corso della giornata.

Di seguito le parole di Papa Francesco, il video di Vatican News del 1° maggio dell’inizio del Rosario guidato dal Santo Padre e la possibilità di scaricare il Sussidio Liturgico-Pastorale dedicato.

All’inizio del mese dedicato alla Madonna, ci uniamo in preghiera con tutti i santuari sparsi per il mondo, con i fedeli e con tutte le persone di buona volontà, per affidare nelle mani della nostra Madre santa l’umanità intera, duramente provata da questo periodo di pandemia. Ogni giorno di questo mese di maggio affideremo a Te, Madre della Misericordia, le tante persone che sono state toccate dal virus e continuano a subirne le conseguenze; dai nostri fratelli e sorelle defunti, alle famiglie che vivono il dolore e l’incertezza del domani; dai malati ai medici, agli scienziati, agli infermieri, impegnati in prima linea in questa battaglia; dai volontari a tutti i professionisti che hanno prestato il loro prezioso servizio in favore degli altri; dalle persone in lutto e dolore a quelle che, con un semplice sorriso e una buona parola, hanno portato conforto a quanti erano nel bisogno; da quanti – soprattutto donne – hanno subìto violenza tra le mura domestiche per la chiusura forzata, a quanti desiderano riprendere con entusiasmo i ritmi di vita quotidiana. Madre del Soccorso, accoglici sotto il Tuo manto e proteggici, sostienici nell’ora della prova e accendi nei nostri cuori il lume della speranza per il futuro.

Scarica il Sussidio del Rosario 2021

Sul Delta del Po un nuovo “Giardino Laudato si’”: i reporter di Cube Radio lo raccontano su Vatican News

Alcuni giovani reporter  dello IUSVE hanno partecipato alla realizzazione di una serie di storie per Vatican News sulla Laudato sì. Ecco la prima:

di Asia Galvani

Una “buona e felice interconnessione tra risorse del territorio, vita dell’uomo, attività produttive, educative, sociali, economiche, civiche, cura della natura e del creato, nel rispetto degli eco-sistemi e delle biodiversità”. Questo il Giardino Laudato si’, sorto nel cuore del Parco regionale veneto del Delta del Po, nelle parole del cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale che ha fortemente voluto l’iniziativa. Un progetto inaugurato a Rosolina, in provincia di Rovigo, domenica 4 ottobre alla presenza del porporato, con autorità civili, militari e religiose. È stato promosso da sette comuni del territorio, oltre a Rosolina, Ariano nel Polesine, Corbola, Loreo, Porto Viro, Porto Tolle, Taglio di Po, dalla Regione Veneto e da Veneto Agricoltura.

Gli interventi

Un progetto che rivela “un nuovo modello di sviluppo caratterizzato dal rispetto della terra e dalla custodia tra le persone”, ha spiegato all’evento suor Alessandra Smerilli, coordinatrice della taskforce “Economia” della Commissione vaticana per il Covid-19 e tra i principali coordinatori della giornata insieme al sindaco di Rosolina, Franco Vitale. Un segno, ha aggiunto la salesiana, per uscire “migliori” anche dalla crisi legata al coronavirus. L’appuntamento ha visto alternarsi, dopo i saluti istituzionali del presidente della regione Veneto Luca Zaia, le testimonianze tra gli altri del cardinale Turkson, di suor Smerilli, di Alessio Pecorario, coordinatore della taskforce “Sicurezza” della Commissione vaticana Covid-19, di Beatrice Finh, direttore esecutivo dell’International Campaign to abolish nuclear weapons (Nobel per la Pace 2017). Don Joshtrom Isaac Kureethadam, responsabile dell’Anno dell’anniversario speciale Laudato si’ e coordinatore della taskforce “Ecologia” della Commissione vaticana Covid-19, all’inaugurazione ha voluto sottolineare il “significato spirituale del giardino”, cioè il luogo “dove siamo con il Creatore, con Dio stesso”, ma anche “in comunità, con le persone accanto a noi e in comunione con la terra”. Il giardino diventa dunque il segno dell’“unione con il Creatore, unione tra di noi e unione con la terra e tutte le creature”.

La cornice musicale

A fare da collante tra i vari interventi, la voce del tenore Francesco Grollo: “la musica – ha messo in risalto – è un messaggio universale che è un abbraccio per tutti e collega la terra al cielo”. Quindi, accompagnato dall’Orchestra ritmico-sinfonica italiana diretta dal maestro Diego Basso, dai cori Art Voice Academy e Opera House, ha impreziosito l’evento con il “Concerto per l’Ecologia integrale”, tenutosi su una piattaforma galleggiante affacciata sulla laguna. Grande emozione tra i presenti durante l’esecuzione dei brani “Tu ci sei” e “Canto della terra”, accompagnati al pianoforte dal loro stesso compositore Francesco Sartori, due proposte originali che nel testo riconducono ai valori espressi nella Laudato si’. Terminata l’esecuzione gli orchestrali si sono accorti con sorpresa che la piattaforma galleggiante si era progressivamente e lentamente inclinata, seguendo il ritmo della marea. “La dolcezza della natura – ha chiosato il maestro Basso – ci ha accompagnato e portato dove desiderava che fossimo”.

Il patto tra uomo e natura

Al termine, il cardinale Turkson ha inaugurato la Cappella Laudato si’, una Living Chapel, che richiama quella nata in giugno all’Orto Botanico di Roma: lo ha fatto alla presenza di un rappresentante per ciascun continente, così da sancire una sorta di patto globale stretto dall’uomo con la natura. “Abbiamo voluto un segno semplice, leggero, che non intaccasse – ha spiegato l’architetto Cucinella, autore della Cappella Laudato si’ sul Delta del Po, nell’illustrare la struttura – ciò che di bello e profondo la natura ci offre con il suo essere, ma si fondesse con essa”. Un momento particolarmente toccante, anche perché accompagnato da una straordinaria esecuzione del Panis Angelicus e dai colori rosati del tramonto, che ha visto tutti i presenti radunarsi.

Le risonanze dei giovani

“Sono davvero orgogliosa che questo Giardino si trovi proprio nella mia città – ha affermato Irene Duò, sedicenne di Rosolina che ha affiancato il cardinale Turkson e don Kureethadam durante la celebrazione di benedizione della Cappella – e ho vissuto una forte emozione quando, insieme ad altri giovani, ho consegnato una pianta direttamente nelle mani del cardinale, che ha poi composto un piccolo vivaio in cassette di legno. Il problema dell’ambiente – ha proseguito Irene – è il più urgente che avvertiamo e mi sono sentita caricata di forte responsabilità perché ho compreso meglio, nel corso dell’evento, che ogni nostra azione può consegnare a chi ci sta intorno un ambiente migliore”. Marica Padoan, ventunenne originaria di Treviso, ha raccontato l’evento con la sua fotocamera, passione che si augura possa diventare parte della propria professione futura. “Scattando le foto – ha spiegato la giovane – mi sono resa conto di quanta attenzione sia stata posta nell’inserire armonicamente i manufatti dell’uomo in questo Giardino. Aver scoperto alcuni risvolti della Laudato si’, attraverso l’immersione diretta in una straordinaria cornice naturale, è stato un dono”.

Vatican News

Il Papa ai Micheliti: un Giubileo accanto ai minori poveri o schiavi di dipendenze

Il messaggio di Papa Francesco per il prossimo centenario dell’approvazione canonica della Congregazione di San Michele Arcangelo, fondata dal sacerdote polacco Bronislao Markiewicz, discepolo di san Giovanni Bosco. Di seguito l’estratto dell’articolo pubblicato su Vatican News il 27 settembre  a cura di Alessandro Di Bussolo.

Non stancatevi di “mettervi in ascolto del ‘grido’ che i bambini e i giovani indifesi portano impresso nei loro occhi, diventando per essi portatori di speranza e di futuro”. Continuate a toccare “la miseria umana”, “la carne sofferente degli altri”, come chiede Gesù, altri che sono i minori poveri, orfani e abbandonati, ma anche i giovani “schiavi dei moderni condizionamenti e dipendenze”. E continuate la vostra pastorale “attraverso la parola stampata” e i nuovi media, che raggiungendo molti, possono generare “frutti di bene nelle menti e nelle coscienze della gente”.

L’ eredità del fondatore, il beato Bronislao Markiewicz

Sono gli inviti e i consigli che Papa Francesco rivolge ai consacrati della Congregazione di San Michele Arcangelo, conosciuti come Micheliti, in occasione dell’avvio del’ Anno Giubilare per il centenario dell’approvazione canonica dell’istituto religioso, fondato in Polonia dal beato Bronislao Markiewicz, discepolo e confratello di san Giovanni Bosco. Nel messaggio al superiore generale, padre Dariusz Wilk, il Papa ricorda che il granello di senape che la Provvidenza divina ha piantato nella vita di don Bronislao, lo zelante sacerdote della diocesi di Przemyśl, l’ha coltivato, prima di tutto, mediante “l’esperienza di vita religiosa nella Congregazione Salesiana e nell’amabile rapporto diretto con san Giovanni Bosco”.

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“Estate Ragazzi”, un oratorio estivo in Vaticano

Pubblichiamo l’articolo di Vatican News sull’iniziativa voluta dal Papa per sostenere le famiglie dipendenti della Santa Sede durante l’estate: le attività estive dentro le mura vaticane.

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Un oratorio estivo dentro le mura vaticane. Un mese di gioco, nuotate in piscina, partite di tennis, di calcetto e di basket, scivolate sui gonfiabili, sfide a ping-pong all’interno dell’Aula Paolo VI, ma anche visite guidate ai Giardini vaticani. Papa Francesco ha pensato alle mamme lavoratrici, alle famiglie dei dipendenti della Santa Sede, e ha approvato che Oltretevere il Governatorato organizzi un vero e proprio centro estivo animato dalla comunità dei Salesiani del Vaticano.

A motivo del Covid-19, il numero sarà più limitato rispetto al progetto iniziale. Si potranno iscrivere fino a 100 bambini e ragazzi, per fasce d’età (dai 5 ai 7 anni, dagli 8 ai 10 e dagli 11 ai 14). “Il progetto Estate Ragazzi è nato come iniziativa del Governatorato della Città del Vaticano per andare incontro alle esigenze dei papà e delle mamme che lavorano qui – spiega il salesiano don Franco Fontana, cappellano della Gendarmeria e dei Musei Vaticani – Mai come quest’anno, dopo mesi in cui le famiglie sono state costrette a stare a casa, i genitori avranno l’esigenza di affidare i loro figli a persone di fiducia che sappiano ridare speranza, entusiasmo ed educare in sicurezza i loro figli”.

A organizzare l’oratorio estivo insieme ai salesiani, sarà l’associazione “Tutti in una festa”, che già anima alcuni centri estivi a Roma. L’Estate Ragazzi si svolgerà all’interno della Città del Vaticano, spiega don Fontana, “in spazi dedicati e attrezzati. Sono state individuate diverse aree dove i ragazzi potranno socializzare, praticare sport all’aperto, giocare senza rinunciare alle attività educative tipiche di un oratorio”. I ragazzi dell’oratorio estivo vaticano “occuperanno” anche la grande aula delle udienze, ancora inutilizzata in quelle settimane, che diventerà luogo di ritrovo, preghiera e socialità.
“L’obiettivo primario – racconta Pasquale Acunzo dell’associazione “Tutti in una festa” – è quello di far scoprire ai ragazzi la bellezza dello stare insieme, del giocare in gruppo anche a un metro di distanza, del condividere passioni, emozioni e sorrisi. Un’esperienza dove tutti partecipano e dove i più piccoli potranno imparare dai grandi”.

Il tema scelto per quest’anno sarà “Felicità e Beatitudini”: è stato individuato un percorso educativo pedagogico che poggia su una storia avvincente ambientata nel mondo dello sport per parlare dell’importanza della vera felicità come obiettivo e stile della vita di ciascuno a ogni età. A condurre l’iniziativa coordinati dai Salesiani di Don Bosco e dalla società “Tutto in una festa”, saranno educatori professionisti con esperienza nello sport e nell’animazione, “certi che questa iniziativa – raccontano don Fontana e Acunzo – possa regalare ai ragazzi che la frequenteranno un’occasione splendida per vivere insieme e riscoprire la bellezza della vita comunitaria, che poi è l’esperienza dell’essere Chiesa, dove ciascuno può sentirsi accolto e imparare a sua volta ad accogliere gli altri”.

“Anche qui potremo realizzare un frammento di quella Chiesa che aiuta le famiglie – si legge nella lettera del Segretario generale del Governatorato, il vescovo Fernando Vérgez – si prende cura dei ragazzi e fa incontrare il Signore in un tempo favorevole”.
L’oratorio estivo in Vaticano inizierà il 6 luglio e durerà fino al 31 luglio iniziando alle 07:30 del mattino fino alle 18:00. Solo il venerdì è previsto un orario ridotto fino alle 14:00. È previsto un programma dettagliato che scandirà la giornata dei ragazzi, divisa tra momenti di socialità, giochi, sport e momenti di preghiera. Molta attenzione sarà dedicata alle misure per l’emergenza Covid-19: “Stiamo lavorando per implementare tutte le indicazioni contenute nelle linee guida del Governo italiano – spiegano gli organizzatori – L’obiettivo è mettere in campo azioni per garantire la sicurezza dei ragazzi e dello staff. Dispositivi di sicurezza, distanziamento, misurazione della temperatura, mascherine, gel igienizzante, sanificazione degli ambienti e delle attrezzature, insieme alla formazione degli animatori, e alla sensibilizzazione dei ragazzi. Queste attenzioni permetteranno di gestire le varie fasi dell’estate ragazzi in totale sicurezza”.

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14 maggio in preghiera e digiuno, momento di contemplazione e riflessione per tutti

L’Alto Comitato per la Fratellanza Umana propone per domani, giovedì 14 maggio, “una giornata di preghiera, di digiuno e di invocazione per l’umanità”, sollecitando sia i leader religiosi che tutte le persone nel mondo:

“a rispondere a questo invito umanitario e a rivolgersi a Dio ad una sola voce, perché preservi l’umanità, la aiuti a superare la pandemia, le restituisca la sicurezza, la stabilità, la salute e la prosperità, e renda il nostro mondo, eliminata questa pandemia, più umano e più fraterno”.

Di seguito un estratto dell’articolo pubblicato ieri da Vatican News a cura di Francesca Sabatinelli.

In questo momento di crisi, generata dalla pandemia di Covid-19, oltre al percorso che ciascuno di noi fa per proteggersi dal virus, è arrivato anche il momento di dedicarsi alla contemplazione e alla riflessione. Cenap Aydin, direttore dell’Istituto Tevere, centro di dialogo interculturale e interreligioso di Roma, legge questo significato nella giornata del 14 maggio, dedicata a preghiera, digiuno e invocazione a Dio per l’umanità colpita dalla pandemia, alla quale ha aderito Papa Francesco, promossa dall’Alto Comitato per la fratellanza umana, composto da capi religiosi che si ispirano al documento firmato ad Abu Dhabi da Francesco e dal grande imam di al-Azhar, Al Tayyeb. L’Alto Comitato propone di rivolgersi a Dio ad una sola voce perché preservi l’umanità, affinché la aiuti a superare la pandemia.

La memoria va ai digiuni chiesti da San Giovanni Paolo II

“Questa giornata – spiega Aydin – certamente non tocca solo le persone di fede, ma tutti gli esseri umani”. L’approccio di Francesco, prosegue, è “un approccio molto ispirato. Da sempre chiede ai credenti, e non solo, di fare una preghiera soprattutto per la pace, invita inoltre tutti ad avere un desiderio per la pace, per il benessere, per il bene comune, e questo invito direi tocca tutti quanti”. La giornata di preghiera del 14 maggio cade in pieno Ramadan, il mese sacro e di digiuno per l’islam, un digiuno quindi che riguarderà tutti, e non è la prima volta, sottolinea ancora Aydin, che ricorda l’invito al digiuno fatto da San Giovani Paolo II per chiedere la pace per la Bosnia massacrata dalla guerra, erano gli anni ’93 e ’94. E poi ancora, Aydin cita l’Angelus del 18 novembre del 2001, quando Papa Wojtyła invitava ad un giorno di digiuno e preghiera, erano i mesi drammatici successivi agli attentati di Washington e alle Torri gemelle d New York, anche allora era tempo di Ramadan, spiega, musulmani e cattolici furono invitati a fare un giorno di digiuno e di preghiera assieme.

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“Donne per un nuovo Rinascimento”: nella task force del governo anche suor Smerilli

C’è anche suor Alessandra Smerilli nel gruppo “Donne per un nuovo Rinascimento”, la task force voluta dal governo per formulare proposte per ricostruire l’Italia dalle macerie della pandemia. Di seguito, l’intervista a suor Alessandra Smerilli fatta da Vatican News, a firma di Amedeo Lomonaco.

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Rilanciare il motore sociale, culturale ed economico dell’Italia dopo questo periodo di grave emergenza, non solo sanitaria, innescata dalla pandemia. È questa la finalità della task force “Donne per un nuovo Rinascimento”, voluta dalla ministra della Famiglia e delle pari opportunità Elena Bonetti per elaborare proposte in grado di far ripartire il Paese. Fanno parte di questo gruppo di lavoro, guidato da Fabiola Gianotti direttrice del Cern di Ginevra, dodici donne impegnate in vari ambiti, tra cui quello scientifico e umanistico. Tra le esponenti di questa speciale equipe, che mercoledì scorso si è riunita per la prima volta in videoconferenza, c’è anche suor Alessandra Smerilli, docente di Economia all’Auxilium e consigliere dello Stato della Città del Vaticano.
Come si prepara la rinascita dopo la catastrofe, anche economica, provocata dalla pandemia?
R. – In questo momento è difficile immaginare quando e, in che modo, si potrà ripartire. Parlo per l’Italia ma anche nel resto del mondo c’è tanta incertezza. Il primo punto per preparare la rinascita è quello di osservare, leggere e analizzare bene la situazione in cui ci troviamo. E cercare di vederla, almeno per quanto mi riguarda, dal punto di vista dei più deboli. E quindi, poi, provare a mettere in campo le risorse che in questo momento possono essere tirate fuori e cercare di ragionare tutti insieme per il bene comune. La cosa peggiore che potrebbe accadere dopo questa pandemia, è che non vengano per esempio interrotte le catene di iniqua distribuzione della ricchezza.
In questo periodo così complesso e scosso dalla pandemia, gli interrogativi spesso riguardano, soprattutto, il tempo presente. Ma domande altrettanto cruciali sono quelle che si legano al futuro. Quali sono le opportunità e le sfide che il mondo dovrà cogliere ed affrontare per vivere un vero rinascimento quando, finalmente, sarà superato questo momento di emergenza?
R. – Le opportunità da cogliere sono quelle che già stiamo vedendo in questo momento. Io sono docente universitaria e tutto quello che pensavamo di dover fare e che non avevamo iniziato a fare, come l’avvio della didattica a distanza, siamo stati costretti a farlo nel giro di due giorni. Abbiamo visto che non solo è possibile, ma è anche un bel modo per restare in contatto con gli studenti. Questo vale per il mondo universitario ed anche per tanti tipi di lavori. Il potenziale dato dalle nuove tecnologie e dalle capacità di connessione, ci consentono di poter studiare anche modi diversi di lavorare, che siano anche più rispettosi, forse, della terra e della natura. Le nuove tecnologie consentono, infatti, di doversi spostare meno, anche se questo non è possibile per tutti i lavori. Penso che queste siano alcune delle opportunità che possiamo cogliere. Le sfide sono legate al fatto che, come per la salute questo virus danneggia i più fragili e nello specifico le persone più anziane, allo stesso modo questo fermo economico – che genererà presumibilmente gravi recessioni – andrà a danneggiare maggiormente le persone più deboli e con meno tutele. Allora la stessa energia che stiamo impiegando per cercare di salvare vite umane, motivo per cui ci stiamo fermando anche economicamente, dovrà essere impiegata per ripartire in modo che i più deboli non vengano messi da parte. Ma ci dobbiamo veramente sentire tutti insieme fratelli nell’affrontare queste sfide. Se riusciremo a fare questo, io penso che ne usciremo anche migliori come persone e come società. Da un grande dolore e da un grande male si riscoprirà il bene dello stare insieme.
Fanno parte della task force dodici donne, dodici professionalità ed esperienze di vita diverse. Che tipo di contributo di pensiero – di “genio” direbbero i Papi – pensa possa offrire in questa fase di ripensamento del vivere sociale?
R. – Nella prima riunione della task force in cui ci siamo presentate, ho colto quante e quali competenze ci siano all’interno di questo gruppo. Mi sono resa conto che ci sono veramente un genio e delle possibilità che il femminile può mettere in campo, come per esempio l’essere abituati a lavorare al livello multidimensionale, avere una maggiore disponibilità a riadattarsi. Molte volte, come donne, si subisce di più il peso di una vita sociale che, non sempre, coglie tutte le esigenze che abbiamo per il lavoro e per la cura. E questo genera resilienza e anche creatività. Penso che sono tutte risorse da mettere a disposizione, ma per migliorare tutti. Penso al tema lavoro e cura. Oggi ci stiamo rendendo conto di quanto sia importante e quanto ci definisca, come esseri umani, la dignità del lavoro ma anche la dimensione del prendersi cura gli uni degli altri. Tutto questo è stato delegato molto al femminile, al privato. Oggi, tempo in cui le famiglie stanno in casa e sia la moglie sia il marito sia i figli sono chiamati a gestire il tutto, forse si inizia a vedere una diversa ripartizione anche di compiti di lavoro e di cura. E allora quel di più che le donne hanno saputo generare fino ad oggi, forse può essere rimesso in campo perché tutta l’umanità impari il valore della cura da unire al lavoro.
A novembre è in programma “The Economy of Francesco”, incontro internazionale tra giovani studiosi ed operatori dell’economia, convocati dal Pontefice. Il nome di questo evento fa chiaro riferimento al Santo di Assisi, esempio per eccellenza della cura degli ultimi e di una ecologia integrale, ma rimanda anche a Papa Francesco che, nei suoi scritti e discorsi, spesso invita a realizzare un modello economico nuovo, a curare le patologie dell’economia mondiale…
R. È proprio questo il messaggio che Papa Francesco ha lanciato nella sua lettera di invito all’evento di Assisi, chiamando i giovani a ritrovarsi per un patto capace di cambiare l’economia attuale e dare un’anima all’economia del futuro.. Un chiaro riferimento, per noi che stiamo preparando quest’evento, è l’episodio dell’abbraccio di San Francesco con il lebbroso, che ha cambiato il corso della sua storia e della storia. Noi ci siamo detti che questo deve essere l’obiettivo anche di “The Economy of Francesco” in modo che ci sia questo abbraccio con il lebbroso, che la povertà non venga scartata dalla storia, che i poveri possano essere messi al centro. Ci stiamo preparando in questo modo e il processo legato a “The Economy of Francesco” è iniziato. Con i duemila giovani e con tutti gli adulti che si sono messi a disposizione, stiamo lavorando nei 12 villaggi tematici individuati perché si cominci a fare proposte per cambiare l’economia. Devo dire che sto conoscendo giovani veramente in gamba, provenienti da tutte le parti del mondo. Ci ritroviamo per riunioni, per lavorare, per poter fare proposte. Io credo che questo sia un bel frutto anche del Sinodo dei giovani. Ci sono giovani che riescono a dare il loro contributo e credo che insieme ai grandi economisti, anche questi giovani potranno dare proposte innovative affinché il futuro che stiamo preparando, a partire da questa pandemia, sia veramente un tempo in cui non ci siano esclusi.

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