Dalla rubrica: I sogni dei giovani per una Chiesa sinodale /3
di Luigi Amendolagine
(NPG 2024-07-52)
Pietre miliari per una riflessione profonda sull’essere cristiani, non solo per i giovani, sono: la fede, la vocazione, il discernimento e l’accompagnamento. Partendo dalle considerazioni che i giovani hanno condiviso, ci poniamo un interrogativo importante: quale azione educativa e pastorale la Chiesa deve mettere in campo, rimanendo allo stesso tempo coerente ai suoi insegnamenti e al passo della realtà in continua evoluzione?
I giovani desiderano un rinnovamento della Chiesa che possa renderla sempre più prossima, accogliente, umile, in uscita; una casa aperta e pronta ad accogliere tutti, indistintamente, capace e vogliosa di dialogare con tutti, che sia inclusiva e mai giudicante con la sua morale.
La prossimità è sicuramente l’aspetto maggiormente ambito dai giovani nell’azione educativa e pastorale della Chiesa che cammini con loro, anche a costo di uscire dai soliti registri. C’è la domanda di una Chiesa vicina e presente, che sappia rispettare la singolarità delle storie e delle ferite delle persone: “Ma io non esisto” – dice il ragazzo omosessuale quando parla della catechesi – . Come Cristo si è incarnato nel mondo, anche la Chiesa deve saper abitare i tempi ed esserci per i giovani, non solo per alcuni, ma per tutti.
I giovani auspicano che, oltre a farsi prossima, la Chiesa offra loro “spazio” inteso sia come luogo fisico sia come metafora del permettere ai giovani di essere più protagonisti all’interno della Chiesa. I giovani chiedono spazi concreti dove potersi incontrare, dove poter dialogare con gli adulti così da potersi sentire ascoltati, ma anche luoghi dove poter incontrare il “diverso”, inteso come chi la pensa diversamente dalla Chiesa o addirittura come chi non si sente proprio parte di essa. I giovani chiedono, inoltre, di essere considerati in quegli spazi decisionali dai quali troppo spesso, secondo il loro parere, sono esclusi o non sufficientemente valorizzati. A tal proposito propongono di rivedere la gestione della leadership all’interno della Chiesa, per esempio, circa il ruolo della donna.
Chiedono apertura, partecipazione, creatività, aggregazione, bellezza, valorizzazione delle idee giovanili mettendo da parte i tabù. Forte è nei giovani l’attesa di liturgie belle, creative, essenziali, vive, motivanti, che sappiano trasmettere gioia e calore, che raccontino il “mistero”, che sappiano emozionare. Dicono con franchezza che sono stanchi delle lunghe omelie, specie se lontane dai problemi della realtà e della quotidianità.
Ruolo importante e decisivo in un processo di rinnovamento dell’azione educativa e pastorale della Chiesa devono averlo sicuramente i laici. I giovani, infatti, rifiutano il clericalismo, con parrocchie che dipendono esclusivamente dalle peculiarità del parroco. Al contrario vorrebbero sacerdoti meno dediti alle questioni amministrative burocratiche e capaci di dare più tempo e spazio a chi ne ha bisogno di ascolto.
Lo stile della Chiesa cui i giovani aspirano è in sintesi quello di una Chiesa che racconti la bellezza della fede piuttosto che concentrarsi sui doveri morali. Una Chiesa materna e allo stesso tempo fraterna, perché sempre disponibile ad ascoltare. Una Chiesa “formato famiglia” che sappia chiedere e offrire perdono, che sappia sorridere sempre. Una Chiesa al passo coi tempi, tecnologica e presente sui social. Una Chiesa sincera, autentica, libera dai soliti schemi che la ingabbiano e la rendono vecchia e triste. Una Chiesa che proclami chiaramente Gesù Cristo, con un linguaggio fresco e attuale, comprensibile e attraente per i giovani. «Una Chiesa che raggiunga i giovani nella loro realtà evolvendosi e parlando il loro linguaggio; una Chiesa che risponda ai loro interrogativi e alle sfide del mondo (etica, ecologia, orientamento…). Una Chiesa che osa purificarsi dai propri arcaismi, che accetta il cambiamento, la novità, la diversità. Che sia aperta alle nuove iniziative, alla creatività, che sia accattivante. Che osi riconoscere i suoi limiti».
In questa richiesta di cambiamento avanzata dai giovani, questi sono consapevoli che loro stessi sono la Chiesa che si rinnova, i protagonisti di questa trasformazione. Sanno di poter dare un contributo innovativo e alternativo. Vorrebbero essere più corresponsabili, più protagonisti nelle liturgie e nella catechesi, impegnarsi nella missione evangelizzatrice della Chiesa attraverso l’arte, specialmente la musica. Si sentono portati soprattutto per l’educazione e la formazione dei loro coetanei, degli adolescenti, di chi si prepara a celebrare momenti importanti del proprio cammino di fede, come il sacramento della cresima.
Inoltre, non hanno paura nel denunciare che spesso, proprio nella Chiesa, i giovani non vengono incoraggiati ad assumersi delle responsabilità e che le loro potenzialità vengono trascurate e sottovalutate.
Essendo sensibili alle questioni di giustizia sociale, volentieri metterebbero a disposizione la loro freschezza e le loro energie per la pace, la salvaguardia del creato, il servizio ai più poveri e ai disabili, l’ascolto delle persone anziane e sole.
Emerge forte la volontà dei giovani di rendersi protagonisti anche nella società civile attraverso la partecipazione alla vita politica.
I giovani desiderano portare il lievito del Vangelo in tutti gli ambienti, anche in quelli che notoriamente sono facilmente invischiati in dinamiche di potere e di corruzione, per sensibilizzare al bene comune e agli altri principi della dottrina sociale della Chiesa.
Sport, oratorio, associazionismo, animazione, università, servizio civile, arte, mondo del lavoro, educazione sono gli ambiti in cui i giovani sentono di poter dare maggiormente il proprio contributo, facendo fruttare i loro talenti.
Non da ultima vi è la famiglia, primo luogo di missione e di evangelizzazione da non trascurare.
In tutto questo, i giovani non desiderano semplicemente “spazio”, come se volessero a tutti i costi soppiantare chi li precede, ma chiedono di essere accompagnati e non essere abbandonati attraverso un paradigma di reciprocità in cui “Non si tratta semplicemente di coinvolgere i giovani per aiutare la comunità ecclesiale, ma di chiedere cosa la comunità ecclesiale può fare per aiutarli”.Per intessere questo dialogo che mette in relazione Chiesa e giovani, la prima deve configurarsi come una “Chiesa in uscita” capace di evangelizzare non dal pulpito con monologhi, ma nei luoghi quotidiani, come la scuola, per cogliere convergenze di obiettivi e offrire opportunità formative integrate attraverso la via della bellezza. Inoltre non deve dimenticare chi è fuori dai percorsi formativi formali che merita di essere raggiunto attraverso il mondo digitale (internet, social network…) e il mondo del lavoro. La strada, i luoghi di divertimento, le attività sportive e ludico-aggregative, i luoghi di cultura, l’arte, la musica, i bar, i locali, le discoteche: sono tutti ambiti dove poter intessere relazioni semplici e significative.
Non vengono trascurati nemmeno i luoghi ecclesiali “ordinari” di incontro dei giovani: la parrocchia, l’oratorio, l’associazionismo cattolico, i movimenti spirituali. Qui si ribadisce il desiderio di permettere un maggior protagonismo dei giovani, responsabilizzandoli in servizi pastorali e dando loro spazi di dialogo
e confronto.
Nella sua azione educativa e pastorale tra gli strumenti che la Chiesa può e dovrebbe utilizzare in maniera efficace vi è il linguaggio semplice, concreto, diretto, coerente, chiaro, senza fronzoli, mai ambiguo, gioioso, per immagini, pratico, creativo, narrativo. Su tutto i giovani preferiscono la credibilità, cioè il linguaggio “del buon esempio”, della santità. Vogliono ascoltare la testimonianza coerente di chi è impegnato nell’annunciare il Vangelo con una vita gioiosa e fraterna. Sono consapevoli che loro stessi possono essere i primi evangelizzatori dei loro coetanei, perché capaci di comprenderli meglio e di raggiungerli con facilità. I gesti concreti, come le opere di misericordia, sono considerati un linguaggio diretto e fortemente comunicativo, mai scontato e sempre attuale e attraente. L’arte, nelle sue multiformi rappresentazioni, è considerata uno strumento comunicativo ricco, prezioso, accessibile e diretto. Per questo i giovani lo prediligono e chiedono alla Chiesa che siano promosse la letteratura, la musica, le belle arti.
I giovani sono fortemente convinti che la Chiesa debba essere più visibile attraverso i mezzi della comunicazione sociale: in particolar modo i social, ma anche la televisione e la radio.
Nonostante questa particolare predilezione continuano a considerare l’incontro personale come insostituibile.
Infine anche la liturgia, con il suo ricco simbolismo, è riconosciuta come una fonte di ricchezza tante volte inespressa perché sconosciuta, capace di comunicare con immediatezza il mistero della fede che le parole non riescono ad esprimere.
Concludendo con le parole di Papa Francesco nella Christus vivit, “la pastorale giovanile non può che essere sinodale”. Essa si concretizza in un andare insieme, consentendo ai giovani di essere partecipanti attivi del cammino; nell’ascoltare e discernere attentamente per dare risposte adeguate; nel “creare casa”, costruendo legami significativi; nel mettere in relazione le diverse generazioni. La pastorale, così delineata, risponde esattamente ai desideri dei giovani della Riunione presinodale.
Sulla base delle provocazioni offerte dai giovani, nel prossimo articolo proveremo ad immaginare la necessaria conversione ecclesiale che possa consentire alla Chiesa di essere autenticamente a servizio con e per i giovani.