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Ucraina: “Non lasceremo indietro nessuno”, la promessa dei salesiani dopo 19 mesi di guerra

Dal sito infoANS.

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La guerra in Ucraina ha ormai superato i 19 mesi di ininterrotta durata. La speranza che possa finire presto e che arrivi la pace nei territori invasi rimane forte tra la popolazione ucraina, ma i bombardamenti e le necessità della popolazione aumentano. Alla vigilia di un’altra campagna invernale, i bambini e i giovani hanno iniziato un nuovo anno scolastico. A causa del perdurare dello stato di guerra, molte donne e i loro figli sono tornati in Ucraina e i salesiani cercano di continuare ad assistere tutti coloro che hanno bisogno di aiuto, anche se in molti casi i beni di prima necessità scarseggiano.

“I salesiani non volteranno mai le spalle alle persone che soffrono a causa di questa guerra, che purtroppo non si ferma e continua a causare vittime innocenti”

ha spiegato don Mykhaylo Chaban, Superiore della Visitatoria salesiana “Maria Ausiliatrice” di rito greco cattolico. Dopo tutti questi mesi di guerra aperta, in Ucraina ci sono più di 17,6 milioni di persone che hanno bisogno di aiuti di emergenza per sopravvivere. Secondo le agenzie internazionali, la guerra ha già lasciato più di 5,1 milioni di sfollati interni e più di sei milioni di rifugiati in tutto il mondo.

Allarmi e bombe continuano a essere la vita quotidiana di milioni di persone che soffrono a causa di questa guerra. La Procura Missionaria salesiana con sede a Madrid, “Misiones Salesianas”, sta sostenendo i bambini che continuano a ricevere un’educazione a Zhytomir e a Leopoli, dove finanzia una scuola e un centro giovanile.

Grazie a questo, quasi 300 bambini hanno la possibilità di continuare ad andare a scuola, ma soprattutto di avere uno spazio sicuro dove poter imparare, giocare e sentirsi protetti. L’educazione nelle emergenze è ancora più centrale del solito, e per i bambini è un vero strumento salvavita. Ecco perché è importante che le scuole salesiane in Ucraina rimangano aperte.

Oltre all’educazione, i salesiani continuano a lavorare per offrire aiuti umanitari agli sfollati, come nel caso del progetto della cittadella di “Mariapolis” allestita a Leopoli, dove vivono più di 1.000 persone che ricevono cure, cibo, accesso all’assistenza sanitaria… Ma anche in altre parti del Paese.

I missionari continuano a recarsi nelle città dell’est, come Novohyhorivka, dove si impegnano a rispondere ai bisogni della popolazione civile rimasta nelle proprie case.

“Vogliamo portare gli aiuti il più vicino possibile al confine russo, dove la maggior parte dei villaggi è devastata, le case sono distrutte e la gente vive in rifugi sovraffollati. C’è molto bisogno, e grazie alla solidarietà che ci arriva da tutto il mondo, possiamo andare in queste zone e offrire cibo, acqua…”

spiega don Jozef Nuckowski, uno dei salesiani che ancora si reca in questi luoghi.

A questa situazione va aggiunto, anche quest’anno, il problema del freddo. Per questo, i salesiani stanno lavorando ai preparativi per rispondere ai bisogni derivanti dal freddo. “Misiones Salesianas”, da parte sua, hanno già destinato 100.000 euro di aiuti da inviare per alleviare queste necessità: coperte, riscaldamento, condizionatori, vestiti caldi…

I bisogni sono ancora tanti e grandi, ma la solidarietà salesiana continuerà finché non arriverà la pace in Ucraina, e anche oltre.

Lavoro minorile: Salesiani, martedì 26 settembre si presenta in Vaticano, in prima visione, il documentario “Canillitas”

Dall’agenzia SIR.

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Martedì 26 settembre si terrà, a partire dalle 10,30, un doppio evento nella Sala Benedetto XVI del Campo Santo Teutonico (Vaticano): la prima visione e una tavola rotonda sul nuovo documentario “Canillitas” prodotto da Misiones Salesianas. “La sfida educativa dei salesiani”, il titolo dell’evento.
“Nella Repubblica Domenicana sono 340mila i minori che lavorano: sono minori, figli della povertà, della violenza sulle strade, di quartieri abbandonati, di famiglie disgregate. Sono dei canillitas, bambini che muovono gli stinchi (le gambe) per trovare da vivere con lavori informali, convinti che in questo modo si aiuti la famiglia, si affermi la propria identità e si consegua un riconoscimento sociale.
Ma cosa serve davvero per combattere la diseguaglianza sociale e il lavoro minorile? Dissuasione, ammonimento, repressione, carcere sono misure sufficienti? Studi recenti dimostrano che tra pene più severe e diminuzione dei reati non vi è una relazione statisticamente significativa. Occorre altro: la devianza, come la sfida educativa, sono entrambe un processo, un percorso che si costruisce e si compie nel tempo”. A ricordarlo sono i Salesiani della Repubblica Dominicana che da 38 anni investono in opportunità e relazioni lanciando il Progetto Canillitas con Don Bosco. Hanno accompagnato più di 93.000 bambini e bambine, adolescenti e giovani, hanno aiutato più di 70.000 famiglie e, indirettamente, ci sono stati più di 150.000 beneficiari. Offrono formazione professionale, educazione, relazioni, supporto, amicizia.
La Fondazione Don Bosco nel mondo è l’organismo della Congregazione Salesiana che si occupa di sostenere i progetti educativi, sociali, di accoglienza e formazione dei giovani e delle persone vulnerabili, come Canillitas con Don Bosco. “È per noi importante testimoniare, con questo evento, la concretezza della presenza salesiana nel mondo – afferma Alberto Rodriguez Mármol, presidente della Fondazione –. Circa 15.000 missionari che ci presentano le loro proposte di progetto per rispondere agli urgenti bisogni dei giovani in 136 Paesi, a cui noi come Fondazione cerchiamo di dare risposta tutti i giorni, con il necessario sostegno economico, morale e di comunicazione verso i nostri donatori e verso l’opinione pubblica. Siamo convinti che la creazione a cardinale del nostro rettor maggiore, don Ángel Fernández Artime, sia una grande opportunità per portare i Canillitas di tutto il mondo sin nel cuore della Chiesa, perché il carisma di Don Bosco sia operante, vitale e riconoscibile”.
Il documentario “Canillitas”, diretto da Raúl de la Fuente (vincitore di tre Premi Goya), narra la piaga del lavoro minorile nel mondo attraverso gli occhi di Edwin, Cristóbal, Moisés, Aquiles, Kioranny e Abril. Le loro sono vicende crude, di povertà, violenza, dissoluzione di nuclei familiari, ma anche storie di rinascita, di speranza, di un nuovo inizio. “Tutti frequentano le scuole del Progetto Canillitas, partecipano ai laboratori manuali e di livellamento scolastico e, soprattutto, tornano ad essere bambini a cui piace correre, giocare e sognare di diventare sportivi, medici, artisti, avvocati – commenta Alberto López Herrero, produttore del documentario –. Il processo di trasformazione è in atto e la pedagogia salesiana è efficace e in grado di valorizzare le potenzialità dei ragazzi, rigenerare il tessuto sociale, rivitalizzare le comunità e migliorare la vita dei quartieri più degradati nel mondo, in rete con tutte le agenzie educative presenti nel territorio”.

 

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Spagna – “La vita in una valigia”: 56 immagini per riflettere sulla condizione della popolazione sfollata dalla guerra in Ucraina

Dal sito dell’agenzia ANS.

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(ANS – Madrid) – Il Museo di “Misiones Salesianas”, la Procura Missionaria salesiana di Madrid, ha inaugurato giovedì scorso, 19 maggio, la mostra fotografica collettiva “La vida en una maleta: historias de un conflicto armado” (La vita in una valigia: storie di un conflitto armato), che riflette sulle conseguenze della guerra in Ucraina per la popolazione sfollata dentro e fuori i suoi confini. Più di 70 persone hanno partecipato all’inaugurazione e alla visita guidata da tre dei suoi autori: Olmo Calvo, Edu León e Bruno Thevenin.

Donne con bambini che fuggono dalle loro case; famiglie e coppie separate senza sapere quando si incontreranno di nuovo; stazioni ferroviarie affollate e frontiere di solidarietà che emergono come rifugi di speranza… Quando si parla di guerra, è essenziale parlare delle emozioni che vanno e vengono, dell’amore, dell’odio, della disperazione e della pace.

Le 56 immagini che compongono la mostra fotografica affrontano la più grande crisi umanitaria in Europa dalla Seconda guerra mondiale e offrono diverse prospettive su un conflitto che non è ancora terminato. Per uno degli autori, Bruno Thevenin, è importante sapere fino a che è utile per un fotoreporter continuare a documentare sul campo e se e in che modo si dà un contributo. “C’è stato un boom mediatico, con una sovrasaturazione di immagini che hanno bisogno di riposare”, ha spiegato il fotoreporter.

“Nessuno si chiede perché un bambino debba trovarsi in mezzo ad una guerra. La guerra ci parla della vita”, ha sottolineato Edu León, curatore della mostra, nel suo intervento. Durante la visita guidata è emerso anche chiaramente come la legge marziale in Ucraina imponga dure restrizioni e limiti la libertà di movimento degli ucraini.

Ci sono poi realtà diverse intorno ai rifugiati. Olmo Calvo ha sottolineato che ci sono foto di persone che erano già rifugiate in Ucraina: “Hanno riferito di aver avuto problemi a uscire. Il passaggio di frontiera prevedeva delle differenze ed il flusso era molto più lento”, ha sottolineato il fotoreporter.

Anche la risposta salesiana all’emergenza trova spazio nella mostra collettiva. Dal 24 febbraio 2022 la Famiglia Salesiana ha offerto ogni tipo di assistenza nelle oltre 200 opere sparse tra l’Ucraina e i Paesi di confine. Le parole di ringraziamento di don Luis Manuel Moral, Responsabile di “Misiones Salesianas”, hanno fatto riferimento alla figura di Don Bosco e a come la sua vita “pulsasse compassione e misericordia”. Per questo, nelle sue parole conclusive ha dichiarato: “Continuiamo ad aiutare, dobbiamo accogliere chi ha bisogno”.

Il Museo di “Misiones Salesianas” ha iniziato una nuova fase lo scorso anno con le mostre “Indestructibles” e “Feminae”. “Nei prossimi quattro mesi, gruppi, organizzazioni e università verranno nel nostro Museo per partecipare a laboratori con un approccio alla Cultura della Pace; vogliamo promuovere una società diversificata”, ha dichiarato Paloma Montero, responsabile del Dipartimento Educazione e Cultura per la Cittadinanza Globale.

Mariano García, Coordinatore del Museo, ha spiegato il motivo di questa mostra. “Il fotogiornalismo può raggiungere altri pubblici che non leggono i giornali. Cosa porteresti con te se dovessi lasciare il tuo Paese, cosa ci starebbe in una valigia?”

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