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L’amore è assurdo perché esiste

Dalla rubrica “Voci dal mondo interiore” a cura del MGS su Note di Pastorale Giovanile.

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di Giuseppe Fusaro (26 anni, animatore salesiano e volontario del Servizio Civile Universale presso l’oratorio di Corigliano Rossano (ispettoria meridionale). Laureato in Storia e Filosofia, quasi laureato in Scienze Filosofiche. Consigliere Comunale della propria città, giocatore semiserio di padel e ama scrivere cose che assomigliano alle poesie. Zio di Sila e di Nives.

Due anni e mezzo fa ho perso mia madre, dopo un periodo terribile di malattia, proprio il giorno del suo compleanno, con una torta in frigo che non è mai stata tagliata. Potrei scrivere migliaia di parole su quei giorni, ma non servirebbe adesso. Mi basta dire che era per me la persona più cara al mondo: più di una madre, era una maestra, una guida, un faro. O forse era proprio veramente una madre.

“Sei bravo solo se scrivi una canzone che non parla solo di te” sentivo in una canzone qualche anno fa. Questo motivetto mi è sempre rimasto impresso ed è forse il motivo per cui non ho mai pubblicato nulla. Raccontare il dolore molto spesso serve solo a chi scrive, raccontare ciò che ha generato il dolore nel cuore serve a chi sta vivendo una situazione simile in un certo momento, ma raccontare ciò che il dolore ha generato nella testa può servire a tutti. Nella mia testa generò questa domanda quasi bizzarra che mi accompagnò in tutti quei mesi: “ma perché non sto perdendo la fede?” Mi sentivo quasi in colpa, pensavo che forse non stessi soffrendo abbastanza per mia madre, forse non stavo provando abbastanza rabbia per disconoscere Dio in quel momento e incolparlo in tutti i modi. Ma ora forse c’è bisogno che dica qualcosa del me adolescente, visto che per molti dovrebbe/potrebbe essere normale rinsaldare la propria fede in un momento di grande sofferenza.
A 15 anni ero marxista (per quel che potevo capire, ma a me sembrava di esserlo davvero), anticlericale, filosofetto da quattro soldi che cercava qualsiasi tipo di dio tranne quello di Abramo, di Isacco e di Giacobbe (e di Gesù). I momenti di difficoltà non erano occasioni per riscoprire il rapporto con Dio, ma solo altre argomentazioni da aggiungere all’elenco dei motivi per non credere in lui. Frequentavo l’oratorio ma solo perché riconoscevo la sua funzione aggregativa, solo per giocare a calcio e stringere nuove amicizie.

Non c’era nulla di strano per me, finché un bel giorno un don mi disse: “Ti va di fare l’animatore del gruppo delle medie?”. “Ma io non credo in Dio” gli risposi. Quello che mi ribattè, probabilmente con un ghigno, è una delle cose più divertenti e assurde che io ricordi: “Non ti ho chiesto di credere in Dio, ti ho chiesto di fare l’animatore delle medie”.
Era ovviamente l’occhio lunghissimo di un salesiano esperto, e io quindi non so dire il momento esatto in cui ho “sentito” di credere in Gesù, però ad un certo punto la mia fede c’era. Quasi magicamente, nei giorni, nei mesi, negli anni. C’è uno spazio meraviglioso dentro di noi che definirei di germogliazione… è quello spazio che c’è fra il momento in cui sorge qualcosa dentro di noi e il momento in cui ti rendi conto che questa cosa è un FATTO evidente, scontato, incontestabile della tua vita. La mia fede è nata in questo spazio. Un po’ come la nascita delle parole secondo Saussure (lui filosofone, non filosofetto), non si riesce a capire come una nuova parola passi dall’avere significato solo per qualche individuo e all’avere significato per tutta una popolazione. Però accade. Ad un certo punto te la trovi nel dizionario, lì, incontestabile. Come un fatto. Allo stesso modo si era piantata quella domanda nella mia testa dieci anni dopo: “Ma perché non sto perdendo la fede?”, mi era già capitato di fare questa domanda a me stesso qualche anno addietro, quando per una serie di dinamiche ho scoperto che per un animatore salesiano il luogo dove più si può soffrire al mondo è il proprio oratorio. Il paradosso della vita è che più forte è un amore, più grande è il dolore che può nascondersi dietro. Mi sono ritrovato fuori dal mio oratorio, ho sofferto molto, perché senso di appartenenza e amarezza dell’esilio sono due linee che crescono parallelamente. Lì ho scoperto che don Bosco non è perfetto e forse per questo è ancora più bello. Don Bosco è un essere umano come tutti gli altri.

Sono momenti dove arrivi ad autoconvincerti che forse la tua fede è finta, questa fede è finta oppure è assurda, perché il presupposto banale e implicito che spesso guida i nostri cammini spirituali è che Dio dovrebbe farci stare bene o perlomeno ridurre il dolore che stiamo provando. Ma quando il dolore è immenso, come è possibile che non si perda la fede? Anche questo è un mistero assurdo. L’assurdo. Mi piace rubare qualche riga da una riflessione di Ignazio Silone:

“Se diciamo che l’assurdo è l’illogico, il contrario alla ragione, lo stiamo raffreddando parecchio. L’assurdo arriva a una dimensione intellettuale, ma ha una sostanza percettiva. Non serve un ragionamento per cogliere l’assurdo, l’assurdo si sente – e in origine lo si sente letteralmente. L’absurdus latino è il dissonante, lo stonato. La sua costruzione resta un po’ enigmatica, abbiamo un prefisso ab che di solito indica allontanamento mentre qui forse ha un valore rafforzativo, e una radice forse onomatopeica, forse indoeuropea, che trova connessione col sordo e col sussurro. Fatto sta che questa dissonanza tutta sonora già in latino prende la dimensione di qualcosa che per la ragione è immediatamente inaccettabile.”

Ho in mente una canzone di Anastasio, artista che io seguo con grande attenzione. Nel primo ritornello dice: “il dolore è assurdo perché esiste”, semplicemente perché esiste, è una presenza che la ragione non riesce a metabolizzare da millenni. Quando diciamo che nessuno merita di soffrire intendiamo dire forse proprio questo, che nessuno dovrebbe convivere con questa cosa inspiegabile. Però la cosa divertente è che esiste un’altra presenza assurda con la quale abbiamo a che fare quotidianamente e alla quale non ci ribelliamo con la stessa insistenza. Il secondo ritornello di Anastasio: “l’amore è assurdo perché esiste”. È questa la risposta che mi sono dato alla domanda di cui parlavo sopra: penso di non aver perso la fede perché ho contemplato bene entrambi i lati del mistero, e prima di chiedermi cosa ho fatto per meritarmi questo dolore, mi chiedo anche cosa ho fatto per meritarmi tutto questo amore. Perché è assurdo che io sia ritornato in oratorio, è assurdo che il nostro oratorio si sia nuovamente riempito, è assurdo che la mia ragazza oggi sia qui con me, dopo esserci lasciati più volte. È assurdo che il mio migliore amico oggi sia qui con me, e che ci riparliamo… dopo non esserci parlati per anni. È assurdo che io sia di nuovo animatore di uno splendido gruppo di ragazzi, è assurdo che io sia stato scelto per rappresentare l’MGS meridionale all’assemblea nazionale di Firenze qualche mese fa, è assurdo che io venga invitato a scrivere per questa rubrica. È assurdo che fra milioni di donne io sia stato proprio figlio di mia madre. Non è assurdo che Dio esista, ma Dio è assurdo perché esiste.

Scegliere, con una Luce dentro

Dalla rubrica “Voci dal mondo interiore” a cura del MGS su Note di Pastorale Giovanile.

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di Benedetta Visca (23 anni, nata e cresciuta nell’oratorio di Latina e ora fuorisede abbastanza “fake” che vive a Roma. Frequenta la Luiss, ormai agli sgoccioli e vicinissima alla Laurea Magistrale in economia, e sta lavorando in una società di consulenza). 

Come tanti giovani della mia età, rincorro un obiettivo dopo l’altro, ho mille paure per il mio futuro, cerco sempre di soddisfare le aspettative di chi mi circonda, sto cercando il mio posto nel mondo e ho un calendario strapieno di impegni. E ovviamente, vorrei tutto e subito senza fare un minimo di fatica. (Immagino che su questo siamo tutti d’accordo.)
Puoi trovarmi in discoteca il sabato sera, in giro con gli amici, ad una cena di famiglia o ad un’adorazione eucaristica. Ho un bellissimo gruppo di amicizie coltivate con cura in oratorio, amici che hanno rinchiuso il segno della croce in qualche stanza impolverata del loro cuore e altri che lo stanno un po’ rispolverando.
“Strano” diresti, che vita incasinata! Quanta poca coerenza, quante strade diverse e contrastanti… prendi una decisione figlia mia!
Tutti pensieri legittimi, vi perdono 🙂
Ma sapete il bello qual è?
È la serenità con cui coltivo tutte queste cose nella mia vita, quel famoso “filo rosso” che mi permette in ogni ambiente in cui mi trovo e con qualunque persona con cui sono, di essere la Benedetta che ha conosciuto il Signore! E che prova (spesso con scarsissimi risultati) a testimoniarlo ogni giorno nella sua vita.
Il motivo per cui mi sento tanto fortunata è che in un mondo così frenetico e decisamente pieno di cose e persone in crisi, io ho una Luce che illumina i miei passi. E che nessuno può togliermi! Ovviamente non perché io sia chissà quanto brava, ma perché nella mia vita ho incontrato persone straordinarie che mi hanno insegnato ad esserlo… e non esagero nel dire che la maggior parte di loro sono Salesiani e Fma. Loro sono stati la testimonianza più chiara ed evidente di come i cristiani non siano gente noiosa, vecchia e con il dito pronto a giudicare… ma persone felici!
Ci sono almeno mille motivi per cui i vostri amici vi diranno che essere cristiani al giorno d’oggi non è conveniente (per dirla in tono elegante)… ma voglio darvene almeno uno buono per esserlo, che li batte tutti.
La mia vita spirituale mi aiuta nell’affrontare l’attività che tutti noi riteniamo essere la più difficile in assoluto: scegliere.
Scegliere le relazioni, scegliere l’università, scegliere il lavoro, scegliere il servizio, scegliere come investire il proprio tempo, scegliere dove andare, cosa fare, scegliere chi essere. Scegliere è il vero problema e la vera difficoltà di questa vita. È la scelta che manda in crisi noi giovani, che spesso ci sentiamo naufraghi in un mare sempre in tempesta, alla disperata ricerca di coordinate che il mondo non sa darci.
Avete presente la paura di scegliere?
Vi è mai capitato di cavalcare bene un’onda, ma di non fare in tempo a gioire che siete già travolti dalla successiva?
La mia vita a 23 anni è una scelta continua, già da un bel po’ di anni. Ogni volta che devo fare una scelta importante sono terrorizzata! Ho paura di sbagliare, di pentirmi, di non essere abbastanza. La benedizione più grande per me è sapere di non scegliere mai da sola.
È nella preghiera che ho scelto la mia università, che ho trovato il coraggio di far nascere delle amicizie e di abbandonarne di altre, che ho selezionato le persone da avere accanto e quelle da lasciar andare, che ho attraversato i momenti più bui e reso grazie in quelli più luminosi. È nella preghiera che affido ogni giorno le sofferenze grandi di chi mi circonda, che pongo tutte quelle domande troppo grandi per avere risposta, che chiedo di avere abbastanza forza per affrontare la giornata quando proprio non mi va. È soltanto grazie al mio rapporto con il Signore che riesco a guardare a tutti i “se” e i “ma” per il mio futuro non come pesi schiaccianti, ma come opportunità. Come evoluzione di un filo rosso che qualcuno che mi ama ha pensato per me.
Niente di tutto questo fa sconti ai momenti di ansia e di sconforto, ma è essenziale per lasciarmi risollevare e “camminare con i piedi per terra, consapevole che il mio cuore è in cielo.”
Una cosa che mi fa soffrire è vedere come tanti miei coetanei siano terrorizzati dall’idea di scegliere, al punto quasi da diventare più spettatori che protagonisti della loro vita.
Ecco, la mia fede mi permette di essere protagonista. Ho assolutamente ben chiari nel mio cuore i volti delle persone che hanno aiutato ad esserlo: avevano (casualmente!) tutti quanti Gesù nel loro sguardo. Non si tratta di una frase fatta, per il compiacimento di qualcuno, ma soltanto di una confortante e bellissima esperienza personale!
Quando la vita di un giovane è abitata da una Luce divina, ecco che la scelta non è più un dirupo. Ecco che sbagliare non è più una condanna. Ecco che le cose che fai acquistano senso!
Ecco che riconosci la bellezza nelle cose che fai e nella persona che sei, perché sai che sei stato tu il primo ad essere amato, in maniera totalmente gratuita.
Ecco che Qualcuno si affaccia nella tua vita a darti le istruzioni! E quanto ne abbiamo bisogno!
Ecco che il peso e l’orizzontalità del mondo che ci circonda viene ribaltato.
Ecco che assapori la bellezza di trasformare quello che credevi essere un punto di non ritorno in un nuovo trampolino di lancio.
Il Signore abita la mia vita, in tutti gli spazi e i tempi che la riguardano. Abita i miei alti e bassi, le mie ansie da studio e da lavoro, i miei incontri in oratorio, le mie birre con gli amici, i miei workout, i momenti di riposo, il mio desiderio di mettermi a servizio del prossimo tanto quanto quello fare carriera.
Lui per me c’è sempre. Sono io che devo scegliere di esserci per Lui.
E quando lo faccio, la mia vita diventa una roba pazzesca.

 

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Pubblicato il videoclip dell’inno del bicentenario del sogno dei 9 anni di Don Bosco e inno ufficiale per il Sinodo Salesiano dei Giovani di Torino

Dall’agenzia ANS.

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Messina, Catania – aprile 2024 – L’Ispettoria salesiana di Italia-Sicilia (ISI), attraverso l’ufficio di Comunicazione Sociale Salesiani Sicilia ha prodotto e pubblicato il videoclip dell’inno del bicentenario del sogno di 9 anni di Don Bosco dal titolo “In the shape of your dream”. Il brano è stato scelto anche come inno ufficiale per il Sinodo Salesiano dei Giovani, in programma dall’11 al 16 agosto prossimi al Colle Don Bosco, presso Castelnuovo Don Bosco, da una Commissione Centrale di giovani provenienti da tutto il mondo. Il video “In the shape of your dream” vuole essere una chiave di lettura odierna del sogno dei nove anni. Un ragazzo, che rappresenta Giovannino, fa un sogno e scopre, attraverso una serie di indizi e incontri, che quel sogno è la sua missione: educare i giovani! Una serie di origami è il filo conduttore della vicenda, in particolare uno, il pellicano che, riprendendo in ambito cristiano l’idea del sacrificio, indica al ragazzo il donarsi pienamente e con amore per la salvezza di ogni giovane. Alla realizzazione del video vi hanno partecipato numerose persone, tra salesiani, giovani, comunità salesiane, professionisti e aziende che hanno supportato la produzione.

Speranza, fede e carità: le virtù teologali al centro della Proposta pastorale MGS per il triennio 2024/2027

Speranza, fede e carità: le virtù teologali, in questo ordine, sono il cuore della Proposta pastorale per il triennio 2024/2027 del Movimento Giovanile Salesiano. Dopo il triennio che si sta per concludere, il MGS vuole rimanere accanto ai giovani, continuando a crescere insieme come Italia Salesiana. Nel percorso che ha portato alla stesura del presente documento è stato fondamentale condividere il discernimento con Salesiani, Figlie di Maria Ausiliatrice, Salesiani Cooperatori, Associazioni promosse e co-promosse dei centri nazionali, in particolare CGS e TGS.

Il percorso generale del triennio è organizzato in base alle tre virtù teologali: speranza, fede e carità. Tre documenti saranno importanti da tenere sullo sfondo: Spe salvi di Benedetto XVI, Lumen fidei di Francesco, Deus caritas est di Benedetto XVI. Accanto a questo sfondo magisteriale saranno poi ripresi ogni anno un’icona biblica ed eventuali spunti a livello ecclesiale.

Vi sono poi cinque attenzioni specifiche, che risuoneranno in tutto il triennio, e che saranno sviscerate nei tre  quaderni di lavoro, in base alla virtù dell’anno corrispondente. Dunque, riprenderemo ogni anno gli stessi cinque bisogni, ma con registri diversi:

1. Prima evangelizzazione;
2. Attenzione agli ultimi;
3. Accompagnamento personale, di gruppo e di ambiente;
4. Corresponsabilità nel lavoro educativo-pastorale;
5. Unificazione della vita.

Partendo dalla tematica centrale del Giubileo del 2025 “Pellegrini di speranza”, la virtù scelta per accompagnare il primo anno è la speranza. I temi e i contenuti della prima proposta pastorale sono:
– L’invito a prepararsi e a vivere nel migliore dei modi il Giubileo della speranza del 2025, mantenendone lo stesso testo biblico di riferimento, Lc 4, 16-20;
– L’introduzione allo spirito missionario che caratterizza fin dalle sue origini l’esperienza apostolica di don Bosco.
Da qui nasce il titolo della proposta: Attesi dal Suo Amore.

La Proposta Pastorale 2024/25 è composta complessivamente da quattro elementi, tra loro interconnessi:
Quaderno di Lavoro: esso è da intendere non come sussidio pratico di pronto utilizzo, ma come strumento di ispirazione ecclesiale, biblica e carismatica sui temi scelti;
Materiali QRcode: sarà previsto uno spazio che sia una sorta di archivio di materiale che via via verrà messo a disposizione come strumento utile alla progettazione e alla costruzione di percorsi ispettoriali, territoriali e locali. Si
tratterà prevalentemente di rimandi a pagine di approfondimento dal sito della rivista Note di pastorale giovanile:
1. Testi significativi di documenti magisteriali o salesiani;
2. Bibliografia tematica per l’approfondimento;
Numero speciale NPG: questo vuole essere da una parte approfondimento di alcune tematiche dell’anno pastorale, e dall’altra una proposta di concretizzazione del metodo di lavoro per le realtà locali, scandito dai tre momenti già sperimentati del riconoscere, interpretare, scegliere. Così, se il Quaderno di Lavoro offre le ispirazioni, il numero speciale di NPG potrà offrire una metodologia;
Sussidio formativo per le comunità SDB/FMA: questo è lo strumento che riprende la proposta pastorale per il cammino spirituale delle comunità salesiane e di alcuni gruppi della Famiglia Salesiana.

 

Guarda il sito del MGS

 

Playlist di vita

Dalla rubrica di NPG Voci dal mondo interiore  – a cura dei giovani MGS-Italia.

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di Ludovica Plantamura (23 anni, animatrice dell’oratorio di Santeramo – Ispettoria Salesiana Meridionale – .  Ha conseguito da poco una laurea in lettere. Le piace leggere, strimpellare la chitarra e fare lunghe passeggiate)

L’oratorio – lo sa bene chi lo frequenta – non è solo un luogo per passare il tempo vuoto (o libero) e stare qualche ora con amici e a chiacchierare, ma è uno stile, un modo di essere e di pensarsi.
Essere animatori in questo ambiente poi radica e consolida questo stile.
È come sentire dentro una melodia, fatta da sensazioni, da emozioni, da valori, da scelte, di un percorso che segna anche una svolta. Essa ha certamente segnato la mia adolescenza e tutt’ora segna, spero con un upgrade, la mia giovinezza.
Questa “melodia” penso possa essere anche espressa e narrata con delle canzoni, canzoni del cuore (quelle che a volte uno canticchia senza sapere perché), che hanno scandito alcune tappe importanti, che hanno fatto risuonare alcune domande, che hanno accompagnato nei giorni tristi e hanno entusiasmato le esperienze più belle. Se la mia vita interiore fosse una playlist, suonerebbe più o meno così (ammetto di aver dovuto fare un’ardua selezione, ma solo per non tediare il lettore).

I bet my life – Imagine Dragons
Nel 2015 comincia tutto. Prima frequentavo l’oratorio, ma niente di serio. Da quell’anno in poi le cose cambiano. Al mio primo camposcuola, così di botto, viene fatta al mio gruppo la proposta del cammino di pre-animazione. Ricordo che dovevamo fare un gesto in cui gli animatori ci diedero delle fishes da poker, non per ludopatia, ma perché eravamo chiamati a scegliere se e quanto avremmo voluto scommettere su quella proposta. Ne conservai una per me, perché non sapevo ancora se fossi disposta a giocarmi il tutto per tutto. Non frequentavo l’oratorio da molto e non ero presente assiduamente come gli altri, non mi era facile stare con tante persone, parlare in pubblico, fare il primo passo, ma sapevo che volevo fare qualcosa per gli altri e quella proposta concretizzò l’idea. Da quel momento sono entrata nel giro e sono ancora qui.

Un bene dell’anima – Jovanotti
Che cos’è un amico? Nessuno lo sa dire, centomila libri non lo sanno spiegare.
Il mio cammino di animazione e di vita non sarebbe stato e non sarebbe lo stesso senza degli amici veri. Sono quelli con cui condividi esperienze forti e del quotidiano, con cui puoi essere vulnerabile, con cui puoi essere davvero chi sei. Sono quelli con cui potersi dire “ma non ardeva forse in noi il nostro cuore?”. Sono gli stessi con cui chiacchieri davanti ad una birra, ridi fino alle lacrime e sosti in silenzio in un momento di adorazione. Sono quelli che ti abbracciano forte senza soffocarti e con cui sai di poter smerciare ferite e sogni. Senza amici veri rischierei di vivere distante dalla realtà, isolata da tutto il resto oppure dispersa in un mondo iperconnesso, ma senza legami.

Fango – Jovanotti
L’unico pericolo che sento veramente è quello di non riuscire più a sentire niente… vivere senza accorgermi di ciò che mi sta intorno, andare a dormire senza sapere perché ho vissuto o accontentarmi di “tirare avanti”. Ho sempre avuto paura di non vivere pienamente, che non significa fare 1000 +1 esperienze, ma diventare davvero chi sono e donarmi per come sono, lasciarmi amare e amare in maniera libera e autentica. Un salesiano di fiducia una volta mi ha detto che non dobbiamo chiederci perché viviamo, ma per chi. Forse è davvero così, “sentiamo” la vita, ci accorgiamo di viverla a pieno solo quando la doniamo, non quando siamo paralizzati nel fare i conti su cosa potremmo andare a perdere, su quali aspettative potremmo deludere o quali equilibri sconvolgere.

Paura di niente – Jovanotti
Ho sentito il tuo respiro dentro al mio e sono stato felice e non avevo paura di niente.
Come si vede, ho un po’ una fissa per Jovanotti, comunque la paura declinata sotto vari aspetti è una costante della mia vita, dalla paura di sbagliare alla paura del giudizio altrui, dalla paura di ferire alla paura di scegliere. Il rischio di essere tutto sommato una “brava persona” ti mette addosso una specie di armatura, per cui ai propri occhi o agli occhi degli altri consapevolmente o no ci si sente quasi in dovere di rispondere a delle aspettative: la ragazza studiosa, l’animatrice disponibile, la figlia rispettosa… i rischi sono o tirarsela e credersi a posto solo perché ci si affanna per accontentare tutti oppure, al contrario, sminuirsi sempre per non esporsi troppo, per non dare fastidio a nessuno e rimanere nel proprio angolino sicuro. Ad oggi posso dire che in entrambi i casi non si è felici. Dal peso delle aspettative, da un’armatura troppo larga o troppo stretta mi libera una relazione autentica con il Signore, che non è data una volta per sempre, ma che giorno per giorno si costruisce o ricostruisce. Lì intravedo uno sguardo diverso su di me e sugli altri, uno sguardo vero, “respiro e sangue” che silenziano le paure e amplificano il desiderio di essere felice.

Resistenza – Fulminacci
Ma tu dove sei? Non so neanche cosa cercare.
Quando si fa esperienza che il Signore esiste davvero, quando si sperimenta che non è un perfetto sconosciuto o uno dei tanti meccanismi dell’universo, non è facilissimo rimanere nell’assenza, quando non si “sente” più niente oppure quando succede qualcosa che non ci si sa spiegare. Spesso ho pregato con le parole di Fulminacci, ho vissuto periodi di aridità, di silenzio e di dubbio in cui faccio fatica a stare. Quando succede provo a rimanere, cercando di non forzare nulla.

Assurdo – Anastasio
Che senso ha il dolore? Perché esiste? Perché Dio non fa niente? Davanti al dolore non ci sono grandi discorsi da fare, è assurdo, impossibile da comprendere. Il dolore è assurdo perché esiste. Nella mia vita ho ricevuto tanto bene, ma anch’io nel mio piccolo ho fatto i conti con il dolore che non sai spiegare, che permane e logora e ho visto soffrire altri senza poter fare nulla. Il dolore è sempre visto come qualcosa da anestetizzare o da assolutizzare. Nella canzone di Anastasio mi colpiva il fatto che alla fuga dal dolore della prima parte corrisponde l’inseguimento dell’amore, quando ci si accorge che si è ancora vivi, che si ha ancora un cuore che pulsa. Forse non capirò mai fino in fondo la logica della croce, ma lì vedo il punto di congiunzione, il culmine del dolore e dell’amore assurdo, che va al di là delle nostre forze, meriti e peccati. Gesù non è scappato dal dolore, è rimasto e l’ha attraversato in pieno e superato, non per masochismo, né per esibizionismo, ma unicamente per amore, per quanto assurdo possa sembrare.

Charlie Brown – Coldplay
In oratorio a Santeramo e non solo ho avuto la possibilità di conoscere diversi ragazzi e ragazze in questi anni, qualcuno per più tempo, qualcun altro per qualche mese o pomeriggio, ma sono incontri che – traducendo i Coldplay – hanno acceso una scintilla, una fiamma nel mio cuore. Credo che siano davvero ciò che conta nel mondo, i fiori che possono spaccare il cemento e la luce che può illuminare il buio. Se ho fatto qualcosa di buono per loro in questi anni è stato anche perché ho visto figure più grandi fare questo: c’è stato qualcuno che ha trovato in me un punto accessibile al bene e ci ha creduto, qualcuno a cui sapevo di potermi rivolgere e di cui mi sono fidata. Il bene ricevuto ha generato bene donato.

Non ancora – Eugenio in via di Gioia
Nell’animazione all’inizio credevo che tutto dipendesse da me, che i miei soli sforzi bastassero a fare del bene, che spettasse a me vedere il risultato, l’effetto immediato di ogni mio gesto, ma non funziona così. Noi seminiamo e basta, e non cogliamo più o meglio, non ancora. In questi anni sto imparando che l’animatore è chiamato a seminare sempre e a prescindere. Anche quando sembra che non ne valga la pena, quando nessun altro scommetterebbe più nulla. Può essere sicuramente faticoso, ma penso sia una delle peculiarità più belle del servizio che possiamo offrire: non negare a nessuno la possibilità di dare frutto, ciascuno secondo il proprio tempo, anche quando non dovessimo esserci noi a vederlo. E poi che più di idee stratosferiche o discorsi ad effetto conta esserci nelle piccole cose, nelle situazioni di ogni giorno.

La fortuna che abbiamo – Bersani
Canzone che mi ricorda l’ultimo camposcuola a Torino e l’invito di don Bosco: “io abbozzo, voi stenderete i colori”. Chi ha la fortuna come l’ho avuta io e tantissimi altri giovani di far parte di questo stesso disegno può metterci il suo, ciascuno con il proprio colore, con la propria vita e non può tenersi questa cosa per sé. Qualche tempo fa – neanche troppo in realtà – non avrei mai accettato di scrivere pubblicamente queste righe, ma questa e tante altre possono essere occasioni per dipingere con un colore più intenso questo disegno che non vedo per intero, ma che si rivela pennellata dopo pennellata e di cui sono felice di far parte.

 

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Voci dal mondo interiore – Una rubrica a cura dei giovani MGS Italia

Dalla rubrica di Note di Pastorale Giovanile “Voci dal mondo interiore”.

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Imparando da S. Artemide Zatti  Cristina Schullern (21 anni, infermiera; fa parte della consulta giovani dell’Ispettoria salesiana ILE, ed è educatrice degli adolescenti nell’oratorio ad Arese)

Ho a che fare con persone malate che stanno nel reparto di cardiologia dell’ospedale. In questo lavoro porto tutta me stessa, con le mie caratteristiche, le mie sensibilità, i miei pregi e difetti, che danno quella nota di unicità a me come persona e al mio operato. Certo, mi piace pensare (e desidero) che in questo lavoro la persona che sono riesca a portare un piccolo sollievo ai malati. Per fare questo spesso mi chiedo chi sono io nel mio lavoro e come vorrei essere.
Certo, sono infermiera, e fa parte del mio dovere (la mia deontologia, la chiamano, io lo chiamo più senso del dovere) in ospedale, occuparmi di loro, impegnarmi per dare e riconoscere loro il massimo della dignità, del rispetto e del sollievo. Sono lì per ascoltare e soddisfare i loro bisogni, per conoscere le loro storie, i loro timori e per accompagnarli nella loro malattia, nella sofferenza e nel momento della morte. Questo lo sento anche congeniale al mio carattere, quel senso di attenzione e cura, quello sguardo di rispetto e di amore per l’essere umano soprattutto nella sua fragilità e nel suo bisogno. Ma riconosco anzitutto che per vivere questi atteggiamenti al meglio mi ispiro molto alla figura di Sant’Artemide Zatti, un salesiano “coadiutore” (laico) argentino, di origine italiana, che è stato canonizzato qualche anno fa; e mi è sembrato una cosa provvidenziale, perché era proprio nei tempi in cui studiavo per diventare infermiera e avere un modello di “infermiere” cui ispirarmi mi ha fatto capire che è possibile trovare anche in questa via la possibilità di “santità”: di realizzazione personale e di aiuto agli altri. Per cui mi ritrovo molto nella definizione di un testimone, il quale lo descrisse come il “buon Samaritano” che tende la mano, solleva e cura.
Anche sul “come” farlo prendo spunto da lui. In un libro che ho letto su di lui, scritto da d. Pierluigi Cameroni, quello che ne ha seguito la “causa” di santità, si dice che trattava tutti con “criterio di bontà e disponibilità” e i testimoni affermano che non lo si vide mai triste proprio perché le sue caratteristiche erano la gioia e il sorriso.
Mi è sembrata la strada tracciata anche per me, che rispecchia chi sono e chi vorrei tanto essere. Mi piacerebbe portare serenità, gioia, speranza e conforto ai pazienti che incontro. Vorrei strappare loro un sorriso, farli sentire guardati e meno soli attraverso anche solo il mio modo di trattarli, di considerarli. Parlo con loro e li ascolto, anche al di là delle cose legate a cure e medicine, perché desidero conoscerli meglio perché si sentano persone, non malati o pazienti, classificati in base alla patologia per cui sono stati ricoverati, e chiedano-pretendano di essere conosciuti e considerati come persone uniche e irrepetibili, come essi sono. Mi piacerebbe avere il tempo per STARE e basta. Capisco però che nella realtà quotidiana tutto questo è molto difficile da realizzare: siamo sempre di fretta, il tempo per semplicemente “stare” svanisce e molte volte il sorriso si spegne perché la fatica è tanta. Capita anche che il carattere dei singoli pazienti sia difficile da sopportare. Allora mi ricordo di quanto era solito dire il “mio santo”: “A volte ti può capitare uno con una faccia simpatica, altre volte uno antipatico, però davanti a Dio siamo tutti uguali”. Anche questa è una sfida, e me la pongo sovente. Nella vita quotidiana, fuori dal contesto lavorativo, quando una persona non mi va a genio tendo ad evitare ogni contatto con essa e ad andare per la mia strada. Quello che posso nel mio quotidiano ovviamente non posso farlo in ospedale. Allora devo essere in grado di andare “oltre” la simpatia/antipatia, e di guardarla con occhi nuovi che vadano oltre le mie sensazioni, mettendo l’altra persona, con la quale faccio fatica, prima di me.
Se questo è comunque un aspetto del Vangelo che mi ricorda l’atteggiamento di Gesù verso tutti (siamo tutti figli di uno stesso Padre), e dunque riguarda la mia vita cristiana, c’è un altro aspetto in cui sento molto il senso del mistero di Dio: all’interno del mistero della morte. Nell’assistenza che presto mi impegno a fare il possibile per dare sollievo e rispettare la dignità delle persone, nonché fargli pregustare quasi un assaggio di Cielo. Quando poi giunge la morte, in un momento in cui sono sola con la persona, sento che ho la possibilità e la grazia di affidarla a Dio, con un “l’eterno riposo” e a farle un segno di croce sulla fronte: mi sembra quasi che così la “preparo” per l’abbraccio eterno del Padre.
Sento che la sfida quotidiana è quella di trasformare il lavoro in relazione, di lasciar trasparire in esso le qualità del rapporto umano rispettoso e attento; insomma di non spaccare in due la mia vita, come se il quotidiano fosse un’altra cosa dal lavorativo, come se fossi due persone, la Cristina della vita e l’infermiera della professione. In questo trovo assolutamente prezioso e valida la testimonianza personale del “mio” santo e le sue frasi, semplici ma ricche di umana saggezza e di fede. Sicuramente anche per lui non sarà sempre stato facile, quasi dimenticare se stesso per farsi tutto ai suoi malati, ma di certo ha mostrato che è possibile vivere e lavorare così. Questo nei momenti di difficoltà mi rincuora molto, soprattutto in quei giorni in cui mi chiedo: “chi me l’ha fatto fare?”.
So che con le mie sole forze non ce la potrei fare: impazienza, stanchezza, amarezze… e poi lo straziante incontro con la sofferenza di bambini. Ho bisogno di un costante aiuto dal cielo. E così (ma qui vorrei essere davvero discreta) mattina e sera, mentre vado al lavoro in macchina, dico le mie preghiere, e mi sembra quasi di parlare anche a quel volto bonario e simpatico di S. Artemide. Gli chiedo di essere aiutata nel mio lavoro. Gli chiedo che i miei pensieri, le mie mani, i miei occhi, i gesti che compirò siano strumenti per trasmettere pace, speranza e un “pezzettino di cielo” ai malati con cui entrerò in relazione in quella giornata. Devo dire che questo mi aiuta molto, e faccio le cose con minor precipitazione o timore, e a volte mi sembra di avere come una illuminazione su come agire o come gestire una determinata situazione.
Ricordo una volta in particolare in cui mi stavo prendendo cura di una signora che, pur capendo quello che io le comunicavo, tuttavia non riusciva a parlare. Sentivo che aveva bisogno di qualcosa, ma non capivo di cosa nello specifico. Allora ho chiesto aiuto allo Spirito (Lui conosce tutte le lingue!), e poco dopo sono riuscita a capire che voleva essere girata su un fianco e che aveva bisogno di bere dell’acqua. Certo, nulla di eclatante e fuori dal comune, ma questo banale episodio mi ha fatto comprendere, ancora una volta, quanto noi siamo costantemente ascoltati da Dio e quanto lui sia presente e oserei dire “sul pezzo” nel nostro quotidiano.
Ecco, questo è un pezzettino del mio “mondo interiore”, e lo tengo “dentro” di me, al momento non lo condivido con nessuno dei miei colleghi o dei miei pazienti. Fa parte della mia fede e del mio rapporto con Dio, che è personale e intimo. Non so se dovrei anche testimoniarlo, parlarne, condividerlo. Forse questo sarebbe un ulteriore passo in avanti nella mia vita, forse proprio questo vorrebbe dire “essere missionari”. Ma al momento non mi sento ancora del tutto libera (o capace) di testimoniare apertamente la mia fede. Ecco perché custodisco tutto questo nel segreto: solo io e Dio lo sappiamo e questo mi basta, anche perché è quello che conta. Su queste cose “intime” penso che sia possibile aprirsi solo quando si può essere veramente “compresi” dall’altro. Immagino che sarà possibile nel futuro, per intanto ho ancora poca esperienza e comunque devo consolidare questi miei pensieri e sentimenti. Per questo al momento preferisco mantenere un profilo neutro all’esterno, ma dentro sento di assimilare i sentimenti di Gesù e di abilitarmi al suo sguardo, uno sguardo misericordioso e buono con tutti, per far sentire soprattutto ai deboli e ai fragili che il Padre sta con loro, è dalla loro parte… e poi cerco di agire di conseguenza, superando difficoltà e fatiche.

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Forum MGS Lombardia-Emilia Romagna sulle orme di Sant’Artemide Zatti

Il 24 e 25 febbraio 150 giovani dai 18 ai 30 anni del Movimento Salesiano hanno partecipato al Forum MGS Lombardia-Emilia Romagna, tra Parma e Boretto.

L’arrivo presso l’oratorio salesiano San Benedetto di Parma era previsto per le 13:30, ma ad aspettarli c’erano già i ragazzi della consulta MGS ed il coro che dal giorno precedente hanno contribuito alla preparazione dell’evento. 

Dopo pranzo i giovani riuniti hanno potuto godere delle bellezze artistiche della città di Parma, le quali hanno ispirato riflessioni spirituali

In seguito si sono recati nel teatro del comune di Boretto, accolti dal parroco don Giancarlo Minotta, per assistere allo spettacolo “Artemide Zatti giocava a campana” di Manuela Chiaffi che ha permesso di incontrare la storia del santo. 

Quest’uomo di umili origini, trapiantato in Argentina, scopre che anche nella fatica della malattia è presente l’amore di Dio che gli dona una gioia profonda e lo porterà a dedicarsi ai più deboli tanto da cantare, lodare e ringraziare il Signore con la preghiera: “Pedalo, canto, prego”, come è stato detto dall’attrice. 

La giornata è terminata con la processione eucaristica tra le strade del paese, momento di preghiera e di riflessione accompagnati dai punti salienti della vita di sant’Artemide. 

Durante la Veglia, il santo ha ricordato che la felicità dipende da come si vive l’oggi, “imparando a riconoscere quella promessa di felicità che Dio ha messo in ogni istante della vita, in ogni gesto, sguardo, dolore, fallimento, crisi e addirittura nella morte”.

Dopo aver passato la notte ospitati dalle famiglie della comunità pastorale sant’Alberto e sant’Artemide, che hanno aperto con infinita generosità e cura le loro case, nella mattinata il gruppo di giovani ha visitato i luoghi di sant’Artemide Zatti

Guidati dalle parole chiave della vita di Zatti “credetti, promisi, guarii”, si sono susseguite delle testimonianze di vita, che hanno permesso di calare nella quotidianità gli insegnamenti del santo.

Nel pomeriggio, invece, ha avuto luogo un momento di condivisione, per riprendere e riflettere ulteriormente su quanto vissuto nella due giorni.

A conclusione dell’evento, insieme alle famiglie ospitanti e con la partecipazione del sindaco Matteo Benassi, è stata celebrata la Santa Messa per ringraziare dell’esperienza di bellezza vissuta. La celebrazione è stata presieduta da don Roberto dal Molin, ispettore dei salesiani della Lombardia ed Emilia Romagna, il quale ha sottolineato tre parole che ricorrono nella vita di Artemide Zatti: passaggio, gratitudine e distacco.

In segno di memoria di questi giorni di condivisione, di dono e di preghiera, ci siamo lasciati con una foto, con la promessa di un’amicizia che avrà modo di continuare nel tempo.

MGS Triveneto, Meeting giovani 2024

Dal sito del MGS Triveneto.

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Negli ultimi anni pastorali, nel Triveneto, abbiamo assistito a una maturazione e definizione di un nuovo approccio al servizio delle case salesiane e delle realtà ecclesiali a livello ispettoriale. Pur mantenendo forti intuizioni ed elementi positivi delle iniziative passate, ci siamo innovati adottando nuove forme e strutture. La nostra priorità si focalizza nel guidare i ragazzi a vivere appieno l’essere discepoli-missionari all’interno delle proprie vite. Queste attività sono frutto di una progettazione, esperienza e animazione congiunte tra le Figlie di Maria Ausiliatrice (FMA) e i Salesiani di Don Bosco (SDB).

Il Meeting Giovani MGS è una proposta che il Movimento Giovanile Salesiano Triveneto propone a tutti i giovani delle superiori che frequentano le case salesiane e le parrocchie della nostra Ispettoria. Don Bosco pensava ai giovani come apostoli e missionari di altri giovani. Lo slogan Giovani per i Giovani sintetizza bene questa grande idealità: essere giovani che si prendono cura dei loro coetanei, ma allo stesso tempo anche della propria anima.

Il Meeting Giovani MGS vuole aiutare i giovani ad entrare in questa dinamica di cura e di dono attraverso gli elementi fondanti del carisma salesiano e lo sfondo della Proposta Pastorale dell’Italia Salesiana. Rappresenta un’occasione formativa di ampia convocazione caratterizzata dagli ingredienti tipici della festa salesiana: allegria, gioco, preghiera, incontro con testimoni, condivisione tra coetanei, l’incontro sacramentale con Gesù nella confessione e nell’Eucaristia.

La proposta prevede tre incontri annuali, il primo a settembre, il secondo a febbraio e il terzo a giugno. Ogni evento, a sua volta è preceduto il giorno prima dal PreMeeting. Un’occasione per coloro che del Triennio desiderano dare una mano ed essere maggiormente coinvolti nell’Animazione del Meeting del giorno seguente.

2^ Meeting Giovani MGS – Aldilà del muro – 25 Febbraio 2024 – Mogliano Veneto

Cari Giovani del Movimento Giovanile Salesiano del Triveneto, il 2024 è iniziato e noi vogliamo viverlo nel migliore dei modi. Vi invitiamo perciò al secondo Meeting Giovani MGS – Aldilà del Muro!
Quest’anno festeggiamo il 200° anniversario del sogno dei 9 anni, occasione nella quale ci verrà consegnata una segnaletica per tornare a sognare come don Bosco: senza paura, ma con Fede e coraggio!

Informazioni
Quando: 25 Febbraio 2024
Dove: Mogliano Veneto – Collegio Salesiano Astori
Per chi: ragazzi e ragazze dalla 1^ alla 5^ superiore.
Che cosa: una giornata di festa, di ascolto, riflessione e preghiera, di musica, danze e gioco!

Per l’occasione abbiamo invitato dei testimoni speciali: due ragazzi di “Rondine – Cittadella della Pace”, un’organizzazione che si impegna per la riduzione dei conflitti armati nel mondo e la diffusione della propria metodologia per la trasformazione creativa del conflitto in ogni contesto.

Per la partecipazione

  • Il contributo per la partecipazione è di 15€
  • Per iscriversi segui le indicazioni presenti in questa pagina
  • Il pranzo è al sacco e ciascuno è chiamato a provvedere personalmente.
  • L’appuntamento è aperto anche alle parrocchie delle diocesi del Triveneto!
  • Le iscrizioni si chiudono il 21 febbraio
    (NB: fare riferimento al responsabile locale, che farà una iscrizione del gruppo)

Come iscriversi

Se sei un ragazzo
L’iscrizione va effettuata dal responsabile della propria realtà: se vuoi partecipare comunicalo al tuo responsabile che procederà a iscriverti. Due giorni prima dell’evento (quindi giovedì 22 febbraio) riceverai una mail con il tuo biglietto contente un QR. Questo ti servirà per effettuare il check-in all’evento.

Se sei un responsabile
Se sei il responsabile della realtà, l’iscrizione utilizza la stessa formula degli anni scorsi: una volta effettuato l’accesso dovrai selezionare dall’elenco le persone che vorrai iscrivere. Avvenuta l’iscrizione riceverai per email la conferma dell’operazione; tieni da conto questa email perché da essa potrai stampare tutti i biglietti.
Avrai comunque accesso a tutte queste informazioni anche dall’area riservata di gestione realtà

Se non hai mai partecipato
Se non hai mai partecipato manda una mail a mgs@donboscoland.it nel quale ti presenti come responsabile di una data realtà che vuole partecipare ad un evento MGS (indicare: nome della realtà, responsabile, indirizzo della Parrocchia/Oratorio, il nome e cognome del legale rappresentante). Lo staff di donboscoland vi abiliterà a diventare gestori delle iscrizioni.

Tutte le info

MGS Lombardia, le proposte formative per l’estate 2024

Sul sito del MGS Lombardia ed Emilia Romagna ci sono tutte le proposte formative per l’estate 2024: campo animatori, cammino e pellegrinaggio MGS. Tutte le info per prenotarsi, per i costi e le modalità di partecipazione nel link al bottone:

 

Campi MGS

Un sogno che vola Storia di Anita, Giulia, Sofia, Giulia e Veronica

Pubblichiamo una nuova puntata della rubrica: Ritratti di adolescenti, a cura dei giovani del Movimento Giovanile Salesiano.

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Di Anita Marton *

Risuona spesso in me una frase. La tengo appesa sopra la scrivania, è tratta da una poesia di Pedro Salinas; recita: “Quando ti doni, riconquisti te stessa, ti volgi in dentro, cresci”. Mi ricorda che, se vale più dare che ricevere, si riceve sempre più di quanto si dona.
Le ho conosciute al Meeting dei Giovani del Triveneto, a Mestre, appuntamento per tutti gli animatori delle superiori. Io ero lì come accompagnatrice dei ragazzi della mia realtà, loro avevano appena terminato la prima estate da animatrici. Il Don mi ha fatto incontrare un piccolo gruppo di ragazze: avrei dato loro una piccola testimonianza di come ho vissuto e come vivo le mie amicizie, soprattutto nell’impegno del dono verso gli altri. Non sapevo cosa aspettarmi e nemmeno cosa avrei detto, ma quando abbiamo iniziato a parlare, mi sono accorta che erano loro a darmi una bellissima testimonianza di amicizia: avevano una luce che brillava negli occhi, un fuoco nel petto. Mi sono rimaste aggrappate al cuore e non se ne sono andate più. Ci siamo trovate di nuovo, abbiamo parlato ancora, abbiamo condiviso le nostre esperienze, risate, studio e biscotti. E mi hanno raccontato la loro storia, che inizia da un sogno in cordata.

La missione di Anita, Giulia, Sofia, Giulia e Veronica nasce da un desiderio condiviso, germogliato tra i banchi di scuola quando erano in terza media. La realtà da cui provengono è l’Istituto Salesiano “E. Sardagna” di Castello di Godego, in provincia di Treviso, dove convivono l’oratorio e la scuola, primaria e secondaria di primo grado. Come in molti oratori, ci sono gruppi di animazione, ma esiste anche un gruppo di chierichetti, il Santissimo Sacramento, rivolto solo ai ragazzi. Per le ragazze non c’era altro. Per le cinque amiche era bello e stimolante frequentare la scuola e l’oratorio, ma sentivano di dover fare di più, desideravano fare del bene, servire nella misura in cui potevano, nelle cose pratiche e nello sguardo buono verso i compagni. Volevano avere uno spazio e un tempo per vivere più intensamente nella realtà in cui si trovavano, così come già faceva il Santissimo Sacramento. Per quattro mesi hanno custodito questo desiderio nel cuore, si sono confrontate tra loro e con il Don, e piano piano, dal basso e in silenzio, è nata Opzione Mornese. Il nome l’aveva suggerito il don, facendo scoprire alle ragazze la figura di Madre Mazzarello e delle giovani di Mornese, che come loro si davano da fare per gli altri. Il primo anno è stato di attesa e lentezza, era da tracciare la giusta rotta, c’era l’ardore di fare una buona cosa e la paura che tutto si sgretolasse da un momento all’altro. Una piccola stanza, a volte il cortile, diventava il luogo dove incontrarsi: parlavano della loro vita, delle fatiche e delle gioie quotidiane, del loro gruppo, degli amici e dei compagni. Il Don, sempre vigile e presente, le aiutava a navigare. Ogni tanto, invitavano le ragazze di seconda media, perché quel loro desiderio non rimanesse come il lume sotto al giaciglio, ma potesse intercettare altri animi tesi alla ricerca di qualcosa di più. Poi, nell’estate tra la loro terza media e la prima superiore, il gruppo ha preso forma, e a settembre Opzione Mornese è cresciuto. Quelle ragazze di seconda media sono entrate a far parte del gruppo, e a loro volta hanno invitato le ragazze più piccole a parlare con loro, a condividere. Le ragazze di terza media avevano organizzato la raccolta di cibo e beni di prima necessità per l’Ucraina, insieme al Santissimo Sacramento avevano allestito il presepe. Un circolo di bene.

Ora sono in seconda superiore. Da quando hanno finito le medie, non studiano più al Sardagna e frequentano scuole diverse. Adesso è più difficile, perché si cresce, si cambia scuola e incontrarsi tra loro diventa una scelta che costa tempo, rinunce e impegno. Anche portare avanti il gruppo non è semplice, sono ormai tante le ragazze che hanno seguito questo desiderio, e nonostante ci sia il Don e una ragazza più grande che le accompagnano, “è nelle nostre mani, nessuno tira se non tiriamo noi”, mi dicono. Camminare con Opzione Mornese dipende da loro, responsabilizza, mette alla prova quando si presentano solo tre persone agli incontri. Perché rimaniamo? Se nessuno viene, qual è il senso? Ma il sogno nato ormai tre anni fa continua a vivere, e già è partito un nuovo gruppo alle medie, sempre più ragazze si lasciano affascinare da questa missione fatta di amicizia e dono gratuito. Non smettono di sognare in grande: desiderano andare a Mornese, conoscere meglio la storia di Madre Domenica Mazzarello, tornare a casa e trovare un gruppo grande di ragazze che vanno avanti da sole, senza che per forza ci siano loro a guidare. Un desiderio che cammina con i piedi per terra e gli occhi rivolti al cielo.

Le ho viste di nuovo al Meeting MGS la settimana scorsa, a un anno esatto dal nostro primo incontro. Quando ci siamo salutate, ho pensato che averle conosciute è stata una grazia. Vedere delle ragazze così giovani dare vita a un gruppo come Opzione Mornese con le loro mani, mettersi in gioco e continuare a sognare nonostante le fatiche e i momenti di sconforto, mi dà fiducia. Significa che il Signore ancora lavora nei cuori dei ragazzi, che le amicizie belle e al servizio degli altri esistono e crescono, se custodite e donate. Significa che è molto semplice lamentarsi e molto coraggioso fare un passo per costruire qualcosa. Significa che nelle mie amicizie gli ingredienti devono tornare ad essere correzione fraterna, il sostegno reciproco, essere matite nelle mani di Dio per gli altri; avere quel loro sorriso palpitante nel cuore. È lì che è nato questo sogno. Un sogno che vola, ancora.

* 24 anni, laureanda in Lettere Classiche presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia. Appassionata di disegno, scrittura e teatro. Da tempo legata ai salesiani del Triveneto; attualmente fa animazione a un gruppo di ragazzi del triennio delle superiori ed è impegnata nell’MGS Ispettoriale.

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