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Attenzione antropologica e proposte pedagogiche

Dal nuovo numero di Note di Pastorale Giovanile, la presentazione del nuovo dossier a firma di don Rossano Sala.

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Un Dossier di stampo e stile genuinamente pedagogico è una bella occasione per riflettere su temi educativi che, sappiamo, sono parte integrante dell’assetto strutturale della pastorale giovanile. Nel Dossier di questo numero di NPG il prof. Raffaele Mantegazza, pedagogista di rara finezza e da sempre amico della nostra rivista, individua tre “buchi neri” dell’educazione: la storia, la politica, la teoria. Avere la memoria corta o perderla del tutto, dimenticare la nostra natura di esseri sociali e pensare poco o male sono tre tarli della pedagogia che l’hanno depotenziata, afferma il nostro. Non possiamo che convenire su questa analisi e appoggiarlo con convinzione nelle proposte che avanza.
L’immagine del “buco nero” è decisamente forte: qualcosa viene attirato, risucchiato e infine annichilito. E non sono cose da poco la buona memoria, la partecipazione attiva, l’intelligenza critica. Perderle significa lasciarsi vincere dal presentismo, dall’autoreferenzialità e dalla superficialità. Tre istanze che ci rimandano a temi di natura antropologica e che, a mio parere, evidenziano che le attuali emergenze educative che stiamo affrontando affondano le loro radici ultime in un terreno genuinamente umano.
Nelle riflessioni che seguono vorrei mostrare quanto l’attenzione antropologica sia decisiva per qualificare la proposta pedagogica. La tesi che porto avanti è molto semplice: ogni emergenza educativa affonda le sue radici in una disattenzione o riduzione antropologica. Tale idea è ben rinvenibile nel percorso storico che la Chiesa ha fatto negli ultimi vent’anni. A partire da Benedetto XVI, che nel lontano 2007 lanciò l’espressione “emergenza educativa”, possiamo seguire un filo rosso che ci porta fino a noi. Proviamo a ripercorrere insieme, seppur per brevi cenni, questa strada.

Benedetto XVI e l’emergenza educativa

Con coraggio apostolico e intelligenza profetica, papa Benedetto XVI attraverso una memorabile lettera alla diocesi alla città di Roma “sul compito urgente dell’educazione”, ha chiarito una volta per tutte la posta in gioco della questione e le sue possibili conseguenze in ambito ecclesiale e civile. È una lettera che in un certo senso raccoglie e ordina il disagio diffuso e conferma un immaginario sociale ed ecclesiale condiviso: «Educare non è mai stato facile, e oggi sembra diventare sempre più difficile. Lo sanno bene i genitori, gli insegnanti, i sacerdoti e tutti coloro che hanno dirette responsabilità educative. Si parla perciò di una grande “emergenza educativa”»[1].
È interessante per noi andare a vedere come Benedetto XVI, pur rilevando tutta una serie di questioni pratiche legate all’educazione, vada al cuore antropologico e perfino teologico del problema evidenziando la radice ultima dell’emergenza educativa in atto. La tentazione di rinunciare all’opera educativa dipende, per il pontefice tedesco, non solo da questioni tangenziali o da difficoltà circoscritte, ma da un’atmosfera diffusa, una mentalità e una forma di cultura che portano a dubitare del valore della persona umana, del significato stesso della verità e del bene, in ultima analisi della bontà della vita. Diventa difficile, allora, trasmettere da una generazione all’altra qualcosa di valido e di certo, regole di comportamento, obiettivi credibili intorno ai quali costruire la propria vita[2].

In ultima analisi tutto ciò rimanda a Dio, che in un’antropologia cristiana non può che essere il destino ultimo dell’uomo. Proprio l’educazione, nel senso più nobile e alto del termine, rimanda a Dio. Egli è il grande educatore del suo popolo e insieme offre speranza certa e sostegno efficace a questo compito inderogabile: «Anima dell’educazione, come dell’intera vita, può essere solo una speranza affidabile. Oggi la nostra speranza è insidiata da molte parti e rischiamo di ridiventare anche noi, come gli antichi pagani, uomini “senza speranza e senza Dio in questo mondo”, come scriveva l’apostolo Paolo ai cristiani di Efeso (Ef 2,12). Proprio da qui nasce la difficoltà forse più profonda per una vera opera educativa: alla radice della crisi dell’educazione c’è infatti una crisi di fiducia nella vita[3].

Un decennio dedicato all’educazione

Prima ancora che la diocesi di Roma, è l’Italia nel suo insieme che si sente interpellata dalle parole profetiche del papa teologo. Nella Conferenza Episcopale Italiana stava allora terminando un decennio dedicato a Comunicare il vangelo in un mondo che cambia e si sta pensando agli orientamenti per il prossimo decennio in arrivo. Tra le tante possibilità prende corpo, nel dialogo e nel confronto, la necessità di concentrare la propria attenzione esattamente sull’educazione. E il punto di partenza, la bussola orientativa, la stella polare viene riconosciuta in quella lettera.
Gli Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per il decennio 2010-2020, significativamente intitolati “Educare alla vita buona del vangelo” sono il tentativo di rendere sistemica e comunitaria l’intuizione ratzingeriana intorno all’emergenza educativa, attenzione che il Santo Padre non cessava di ribadire ad ogni incontro programmatico con l’episcopato italiano. Tale debito di riconoscenza è affermato fin dall’inizio del documento programmatico: «È questo un tema a cui più volte ci ha richiamato Papa Benedetto XVI, il cui magistero costituisce il riferimento sicuro per il nostro cammino ecclesiale e una fonte di ispirazione per la nostra proposta pastorale»[4].
Gli orientamenti pastorali appaiono operativi: il testo si sviluppa in cinque capitoli: il primo legato al contesto attuale, il secondo ad alcuni spunti di teologia dell’educazione, il terzo alla pratica educativa, il quarto alla Chiesa definita “comunità educante”, e il quinto orientato alla progettazione pastorale. Nell’insieme sembra essere un grande appello alla comunità cristiana perché ritrovi audacia e passione per un compito educativo che non affascina più il mondo degli adulti, talvolta più ripiegati su loro stessi piuttosto che aperti all’accoglienza delle giovani generazioni.

“Radici e germogli: complessità culturale e ambivalenze giovanili”

Pubblichiamo parte dell’introduzione del dossier “RADICI E GERMOGLI Complessità culturale e ambivalenze giovanili”, a cura di Cecilia Costa e Giancarlo De Nicolò.

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Come è ovvio che sia, ogni anno NPG mette al centro della sua attenzione un dossier specifico sul mondo dei nostri destinatari, dei nostri “compagni di viaggio”, nelle diverse fasi della loro età fino all’ingresso nel cosiddetto mondo adulto. Vorrebbe essere uno sguardo desto, non sonnolento e dunque incapace di uscire dai quadri in cui la nostra abitudine o recenti ricerche li hanno inquadrati e definiti, e magari ideologizzati. La pigrizia mentale e interpretativa è sempre in agguato, cattiva compagna del nostro agire educativo e pastorale, e facile preda di “ismi” che facilitano e semplificano la lettura ma paralizzano l’azione.

Anche se sono state pubblicate recenti ricerche sul mondo giovanile (ultima di esse quella dell’Istituto Toniolo “La condizione giovanile in Italia. Rapporto giovani 2022”) (qui il comunicato stampa con qualche dato e riflessione: https://www.rapportogiovani.it//new/wp-content/ uploads/2022/06/Comunicato_RG_22_DEF-2.pdf), avvertiamo che – a parte le considerazioni generali (e generiche) circa la praticamente definitiva uscita dalla crisi pandemica con tutte le sue caratterizzazioni (che sono state oggetto di preoccupata analisi da parte di psicologi ed educatori) e l’invito a cogliere il nuovo che ora il tempo presente offre

i giovani ancora “sfuggono”, fanno fatica a essere individuati e colti nei loro specifici bisogni e domande e risorse, perché sempre colloca- ti dentro un ambito sociale dove emergono unicamente mancanza di risorse, “non risposte”, problematiche costanti: insomma giovani quasi inghiottiti e fagocitati da una sorta di buco nero che non permette di intravedere luci e opportunità, possibilità di costruire presente e futuro. A parte dunque alcune caratterizzazione generiche sul presentismo e individualismo (e insieme ansia di comunicazione), sulla ricerca spasmodica di libertà (e ricerca di legami), sul senso soggettivo e prevalente di precarietà esistenziale e sociale (con punte di domande sul senso), su alcuni nuovi valori legati all’ambiente che ci circonda… la via per la comprensione dei giovani oggi passa per una seria determinazione della “globalità” in cui essi sono inseriti, in una specie di liquido culturale e sociale amniotico all’interno del quale la loro identità fatica a precisarsi e definirsi.

Per questa ragione abbiamo bisogno ancora di riflettere e definire- qualificare “quel tutto” all’interno del quale i soggetti si riconoscono e definiscono. Insomma, il discorso che presentiamo è anzitutto sulla cultura sociale che ampiamente determina l’identità del giovane oggi. Situazione molto diversa da quando era più facile vedere – all’interno del sociale e culturale collettivo – l’opposizione che definiva i giovani, quasi controcultura o cultura alternativa (e in parte perseguita da movimenti e tendenze). Adesso i confini sono molto labili, con colori che si confondono e faticano ad emergere dallo sfondo. È forse questa la situazione dei giovani oggi, soggetti-oggetti, senza voce, senza presente, senza futuro, senza opportunità… se pur con grandi risorse.

Qualcuno vede nel nichilismo l’unica (o la migliore) categoria di comprensione, e in esso abbraccia la società e i giovani. Ma non vogliamo cedere a questa facile melodia mortale, a queste semplificazioni banalmente ideologiche anche se sembrano dotte.

Il dossier tenta di analizzare le categorie di comprensione del tempo attuale, mostrando le crepe e le fioriture possibili, dove i giovani si mostrano attenti. In esso si attua una reinterpretazione o comprensione meno unilaterale di categorie come postmoderno, complessità, liquidità, accelerazione, la realtà dell’infosfera… E soprattutto il mondo della comunicazione e della religione, ambiti notoriamente privilegiati per la costruzione del senso, dell’identità, e magari della progettualità.

La prima parte del dossier, prettamente sociologica, troverà la sua equilibratura con altre voci narranti e con la voce stessa dei giovani che si interrogano su “cosa realmente sono”. Una voce finale, rileggendo da prospettiva pastorale le riflessioni proposte dagli autori, tenterà di individuare dei sentieri percorribili di “educazione” e pastorale, o meglio di un dialogo veritiero con i giovani.

 

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La corporeità nell’autocoscienza del nostro tempo

Da Note di Pastorale Giovanile, l’introduzione al dossier “Siamo corpo” a cura di Gustavo Cavagnari e Alberto Martelli.

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La riappropriazione del corpo è uno dei fenomeni che maggiormente contraddistinguono in Occidente il XXI secolo. Non è esagerato ritenere che siamo di fronte a una vera e propria esplosione di attenzione e di cura del corpo, come mai si era verificato nei secoli precedenti. Solo per citare alcune avvisaglie, si pensi alla diffusione delle pratiche del footing e del running; gli allenamenti di body training, body building e body sculpting; le arti del body piercing e del body painting.
Da una parte, gli elementi su cui possiamo oggi contare per ricostruirci ciascun’identità sono le unghie dipinte e scolpite; la pelle depilata, tatuata, decorata o scarificata; i capelli infoltiti, ricostruiti e impiantati; le barbe acconciate; i denti rappezzati e le guance perforate; le labbra rimodellate; le cartilagini appositamente deformate, le membra anabolizzate, i muscoli proteinizzati e palestrati, i crani modellati. In questo caso, e grazie all’aiuto della ginnastica, la chirurgia e la farmaceutica, il corpo plastico diventa materia prima della nostra creatività e capacità di distinzione, a condizione però della disponibilità finanziaria.
Da un’altra parte, dilagano delle pratiche di tutt’altro altro segno: lo yoga, il tai chi, lo zen, la meditazione tantrica e altro sono tecniche tutte al servizio della “propriocezione” e della consapevolezza di sé già a partire dal livello muscolare. Non ci dimentichiamo di menzionare che, di recente, si è presa coscienza che un rapporto sbagliato con l’habitat conduce a conseguenze dirompenti sul corpo umano, da cui prende avvio un ritorno eco-friendly, ecosostenibile ed ecosintonico al verde, ai ritmi naturali e ai cibi biologici, vegetariani o vegani.
Ecco dunque una massiccia riscoperta del corpo sotto la spinta di molteplici istanze; ma se questo è il fenomeno immediato, la sua interpretazione è tutt’altro che univoca. La nostra cultura si è realmente riappropriata del corpo? L’attuale desiderio collettivo di ritorno al corpo rappresenta un effettivo recupero della corporeità e del suo valore a servizio di uno sviluppo integrale della persona e della società? Difficile dirlo. La risposta con un “sì” o con un “no” sarebbe probabilmente affrettata e rischierebbe di falsare l’interpretazione del fenomeno.
Da una parte, non ci si può che rallegrare che il corpo sia tornato a occupare un posto di primo piano nella vita delle persone, dal momento che esso costituisce una componente essenziale dell’essere umano e del suo relazionarsi con gli altri e con Dio.
Dall’altra parte, non si possono non rilevare molte ambiguità. Una cultura «che tende a promuovere il culto del corpo, a sacrificargli tutto, a idolatrare la perfezione fisica» convive con un’altra cultura che rischia il corpo, esponendolo a pratiche e giochi sempre più pericolosi quali balconing, choking game, planking, eyeballing, e altri ancora. Anche quando non si arriva a livelli di questo genere, il corpo stressato, affetto da disturbi somatici, ictus, cardiopatie, tachicardie, ulcere, stati ansiogeni e situazioni patogene di vario genere, contende con il corpo rilassato, finendo questo per essere oggetto di cure psicoterapeutiche o alternative. Che dire di fronte a tutto questo?
Come si avverte, sismografi di questi cambiamenti sono i giovani, che vivono il rapporto col corpo – come pure la loro identità, gli affetti, le relazioni – in modo libero e destrutturato, ma non per questo privo di tensioni e conflitti. Se il corpo è stato da sempre luogo di scoperte, di paure e di fluttuazioni, oggi però è particolarmente «difficile mantenere una buona relazione col proprio corpo» . Nell’attuale contesto, gli educatori e gli evangelizzatori molte volte non sanno bene cosa fare o come farlo. Inoltre, faticano «a trasmettere la bellezza della visione cristiana della corporeità» . Le questioni relative al corpo appaiono così come uno di quei “segni dei tempi” da discernere alla luce delle coordinate che offre la Rivelazione e che tracciano il profilo dell’essere umano in quanto tale. Questo suppone «una più approfondita elaborazione antropologica, teologica e pastorale» (DF 150), dicevano i Padri Sinodali. In questa linea si colloca il nostro Dossier.
Il primo contributo si situa sul piano del riconoscere. Nel riflettere sul corpo percepito, esso si confronta con le coordinate socioculturali del nostro tempo. I seguenti due contributi sul corpo donato e il corpo trasfigurato intendono concorrere, invece, all’interpretare, offrendo delle coordinate antropologico-cristiane da cui leggere i mutamenti in atto. Infine, il contributo sul corpo educato ed evangelizzato vuole offrire delle indicazioni per accompagnare e orientare il processo di maturazione dei giovani secondo le loro nuove sensibilità.

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Pubblicato il Dossier Postulazione 2021

Si rende disponibile il Dossier di Postulazione salesiana 2021, con 173 tra Santi (9), Beati (118), Venerabili (18), Servi di Dio (28).

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“D’ora innanzi sia nostro motto d’ordine: la santità dei figli sia prova della santità del padre”, scriveva Don Rua dopo la morte di Don Bosco. Tale auspicio ha trovato particolare conferma nel corso del tempo. Da Don Bosco ai giorni nostri, infatti, è attestata una tradizione di santità cui merita dare attenzione, perché incarnazione del carisma che da lui ha avuto origine e che si è espresso in una pluralità di stati di vita e di forme.

Si tratta di uomini e donne, giovani e adulti, consacrati e laici, vescovi e missionari che in contesti storici, culturali, sociali diversi nel tempo e nello spazio hanno fatto brillare di singolare luce il carisma salesiano. È un patrimonio che svolge un ruolo efficace nella vita della Famiglia Salesiana, nella comunità dei credenti e per gli uomini di buona volontà. Pertanto, occorre esprimere profonda gratitudine e lode a Dio per la santità già riconosciuta nella Famiglia Salesiana di Don Bosco e per quella in via di riconoscimento. La Postulazione salesiana interessa 173 tra Santi (9), Beati (118), Venerabili (18), Servi di Dio (28). Le Cause seguite direttamente dalla Postulazione sono 58 (più 5 extra).

Il Dossier, dopo aver riportato l’elenco e lo stato di ogni Causa, presenta gli eventi avvenuti nel 2021, tra i quali meritano di essere ricordati: la Venerabilità del Servo di Dio Felice Canelli (1880-1977), Sacerdote della Diocesi di San Severo (Foggia-Italia), Salesiano Cooperatore; la consegna delle Positio super virtutibus dei Servi di Dio Carlo Crespi Croci, (1891-1982) Sacerdote Professo della Società di San Francesco di Sales, missionario in Eucador, e Antonio de Almeida Lustosa, della Società di San Francesco di Sales, Arcivescovo di Fortaleza (Brasile); l’apertura delle Inchiesta diocesane della Serva di Dio Madre Rosetta Marchese (1922-1984), Suora Professa dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, e del Servo di Dio Luigi Bolla (1932-2013), Sacerdote Professo della Società di San Francesco di Sales, missionario tra gli indios Shuar Achuar dell’Ecuador e del Perù.

Segue poi la presentazione di alcune dimensioni della santità salesiana quali incarnazione del carisma e aiuto a vivere in forma realistica lo spirito salesiano, con l’offerta di buone pratiche. C’è un’apologetica della santità che mostra non con le parole o i documenti, ma con la vita, la bellezza e la verità del Vangelo di Cristo e del carisma salesiano.

Infine, viene richiamato l’impegno a diffondere la conoscenza, l’imitazione e l’intercessione dei membri della Famiglia Salesiana candidati alla santità, valorizzando e curando diversi aspetti: liturgico-celebrativo, spirituale, pastorale, ecclesiale, educativo, culturale, storico, sociale, missionario…

Il 2022 si caratterizza per il ricordo del IV centenario della morte di san Francesco di Sales che nella storia della santità si distingue per aver evidenziato e promosso la santità per tutti. Sia Francesco di Sales, sia Don Bosco fanno della vita quotidiana un’espressione dell’amore di Dio, che viene ricevuto e anche ricambiato. I santi della Famiglia Salesiana hanno voluto avvicinare la relazione con Dio alla vita e la vita alla relazione con Dio. È la proposta della “santità della porta accanto” o della “classe media della santità”, di cui Papa Francesco parla con entusiasmo.

A fondo pagina è possibile scaricare il Dossier della Postulazione – in italiano, inglese, spagnolo, francese e portoghese – aggiornato al 31 dicembre 2021.

Download allegati:

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Segnali di una religiosità dinamica

Da Note di pastorale giovanile di novembre, dal dossier ITINERARI EMERGENTI NEL RAPPORTO TRA GIOVANI E SFERA RELIGIOSA.

di Valerio Corradi

«Anche quando sono molto critici, in fondo, i giovani chiedono che la Chiesa sia un’istituzione che brilli per esemplarità, competenza, corresponsabilità e solidità culturale. Una Conferenza Episcopale afferma che “i giovani vogliono vedere una Chiesa che condivide la loro situazione di vita alla luce del Vangelo piuttosto che fare prediche”! In maniera sintetica, i giovani così si sono espressi: “I giovani di oggi desiderano una Chiesa autentica. Con questo vogliamo esprimere, in particolar modo alla gerarchia ecclesiastica, la nostra richiesta per una comunità trasparente, accogliente, onesta, attraente, comunicativa, accessibile, gioiosa e interattiva”.
(Sinodo sui giovani, Instrumenum laboris, n. 67)

Le profonde trasformazioni che hanno interessato la nostra società negli ultimi anni hanno avuto delle inevitabili ricadute anche sulla sfera della religiosità giovanile, in alcuni casi rafforzando tendenze già in atto da tempo, in altri casi facendone emergere di nuove e inattese. In riferimento ai processi di transizione più recenti, nel Dossier Giovani e religiosità. Verso un cambio di paradigma (NPG 3/2015) e in successive pubblicazioni (Corradi 2016, 2017, 2018, 2021), si è insistito sulla necessità di favorire un cambio di prospettiva, di categorie e di concetti allo scopo di strutturare un nuovo modo di comprendere la religiosità dei giovani e di riorientare l’azione in ambito educativo e pastorale.
Il carattere “post-secolare” dell’epoca attuale, segnata al contempo da a-religiosità, riflessività, pluralismo, individualizzazione del credere e da differenziati “stati d’animo” religiosi, richiede un graduale cambio di prospettiva sul piano “cognitivo” e sul piano “operativo”, che consenta di dotarsi di strumenti adeguati per rendere i giovani sempre più protagonisti, e risorse per i contesti ecclesiali.
Questo scenario multiforme necessita di essere compreso anche alla luce delle importanti sfide che si stanno faticosamente affrontando all’interno della Chiesa, sempre più chiamata, da parte sua, a rinnovare le proprie strutture e le modalità di esercizio della propria azione pastorale. In un tempo segnato dall’incertezza, dalla precarietà, dall’insicurezza viene così da chiedersi, da una parte, che cosa significhi per la Chiesa accompagnare i giovani verso una religiosità matura, e dall’altra parte, come la domanda di religiosità possa trovare in ambito ecclesiale uno spazio per essere capita e per esprimersi, dando vita a percorsi individuali e comunitari arricchenti.
Questo doppio movimento è stato ben espresso nelle indicazioni scaturite dal Sinodo sui giovani, la fede e il discernimento vocazionale (2018), che hanno ribadito con chiarezza che i giovani chiedono “a gran voce una Chiesa autentica, luminosa, trasparente, gioiosa” e che i giovani sono portatori di bisogni che vanno soddisfatti, di aspettative che non vanno deluse e di una tensione spirituale che non va svilita, ma sostenuta e fatta sbocciare.
Nella storia di un giovane chiamato a vivere negli anni ‘20 del 2000, si intersecano sempre più linee di pensiero e di azione diverse che mostrano la vicinanza (a volte la con-fusione) di sensibilità apparentemente distanti e non conciliabili, come la spinta alla secolarizzazione e la riscoperta della spiritualità, l’ingresso in uno scenario post-cristiano e forme di risveglio religioso che recuperano contenuti e simboli della tradizione. In ragione di queste “ibridazioni”, interrogarsi sull’esperienza religiosa dei giovani di oggi significa andare oltre le etichette e le categorizzazioni sociologiche, ma anche oltre il riduzionismo statistico che riconduce tutto a un problema di quantità e di presenze, per comprendere, anzitutto, la fenomenologia del rapporto che i giovani intrattengono con la dimensione dei significati ultimi.
Alla luce di questa premessa e della ineliminabile interconnessione tra religiosità, vocazioni, esperienza e appartenenza ecclesiale, si cercherà di riflettere sulla ricerca religiosa dei giovani in termini qualitativi, sottolineando la necessità metodologica di “leggere” la religiosità giovanile alla luce di alcune trasformazioni che stanno mutando radicalmente il mondo dei giovani (es. nuove tecnologie, mobilità, nuove appartenenze, fragilità territoriali). Al contempo si condurrà una lettura volta a cogliere sia la cosiddetta religiosità ecclesiasticamente orientata, sia le aree nelle quali si possono rinvenire tracce di religiosità de-istituzionalizzata. L’attenzione si soffermerà quindi anche su alcuni campi di espressione della sensibilità giovanile (ambiente, volontariato, politica, territorio) che contengono in nuce una ricchezza e una vitalità che li portano ad essere possibili punti di partenza per realizzare itinerari pastorali e vocazionali rivolti ai giovani. Infine, nell’ultima parte del contributo, saranno condivise alcune proposte utili a propiziare, nei contesti ecclesiali, positivi percorsi di maturazione del rapporto tra giovani e sfera religiosa.

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Il sogno di Papa Francesco

Dal Dossier CRISTIANI E CITTADINI – Tra fraternità e cura della casa comune

A cura della redazione di “Aggiornamenti Sociali”:
Giacomo Costa, Giuseppe Riggio, Mauro Bossi, Paolo Foglizzo

Un desiderio, profondamente radicato nel Vangelo, sta al cuore del pontificato di papa Francesco ed emerge continuamente, con sfaccettature diverse, nel suo magistero. Possiamo esprimerlo con la formulazione più recente, quella che troviamo nell’enciclica Fratelli tutti: «costruire un popolo capace di raccogliere le differenze» (n. 217), «un “noi” che abita la casa comune» (n. 17), che viva nella fratellanza e nel rispetto di tutta la creazione. Ma in maniera analoga si esprimeva nel 2015 l’enciclica Laudato si’: «La sfida urgente di proteggere la nostra casa comune comprende la preoccupazione di unire tutta la famiglia umana nella ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale, poiché sappiamo che le cose possono cambiare» (n. 13). I termini chiave sono gli stessi: un soggetto plurale (popolo, “noi” e famiglia umana) fondato su solidi legami, una casa comune e un orizzonte di cambiamento.

È questo il progetto su cui il Papa insiste fin dall’inizio del pontificato: la radice dell’insistenza sulla necessità di costruire un popolo va rintracciata nella sezione “Il bene comune e la pace sociale” del cap. IV della sua prima esortazione apostolica, la Evangelii gaudium, che riveste un valore programmatico e rappresenta una sorta di chiave ermeneutica delle molte linee del suo ministero. Secondo il n. 220, è il popolo, come soggetto plurale autenticamente inclusivo − capace cioè di riconoscere e valorizzare ciascuno dei suoi membri −, a poter prendere in mano il proprio destino e decidere la direzione del proprio sviluppo, rappresentando quindi l’alternativa alla “massa” anonima che non può che essere trascinata dalle forze della globalizzazione e del consumismo.
Anche se aggancia un sogno che percorre tutta la storia dell’umanità, quello della fraternità a cui è dedicata l’enciclica Fratelli tutti, questo progetto suscita forti resistenze, in particolare da parte di coloro che dalla massificazione individualista traggono potere e ricchezza. I contrasti emersi in occasione del Sinodo sull’Amazzonia, che denunciava gli interessi dietro l’ecocidio della regione, ne sono una delle più evidenti dimostrazioni. Da sempre particolarmente attento alla dinamica del conflitto, anche in virtù delle sue origini latinoamericane, papa Francesco non pecca certo di irenismo ed è consapevole che dal conflitto si può uscire soltanto accettando di passare attraverso una dinamica pasquale: «Vi è però un terzo modo, il più adeguato, di porsi di fronte al conflitto. È accettare di sopportare il conflitto, risolverlo e trasformarlo in un anello di collegamento di un nuovo processo» (Evangelii gaudium, n. 227). L’esortazione apostolica postsinodale Querida Amazonia formula questa esigenza con parole particolarmente suggestive, anche in chiave pastorale: «Le autentiche soluzioni non si raggiungono mai annacquando l’audacia, sottraendosi alle esigenze concrete o cercando colpe esterne. Al contrario, la via d’uscita si trova per “traboccamento”, trascendendo la dialettica che limita la visione per poter riconoscere così un dono più grande che Dio sta offrendo. Da questo nuovo dono, accolto con coraggio e generosità, da questo dono inatteso che risveglia una nuova e maggiore creatività, scaturiranno, come da una fonte generosa, le risposte che la dialettica non ci lasciava vedere» (n. 105). Ci sono conflitti che non possono essere risolti con la diplomazia, ma solo per via di sovrabbondanza e traboccamento, o desborde, secondo il suggestivo originale spagnolo: un modo di porsi che lascia da parte il calcolo e il compromesso e non teme di tentare soluzioni nuove e radicali.

Il desiderio che il Creatore ha posto nel cuore dell’essere umano punta così al dono che il Redentore gli offre, e quando l’incontro si realizza ne scaturisce l’inarrestabile gioia del Vangelo: è questo l’annuncio fondamentale che abita l’intero ministero di papa Francesco, declinandosi nella concretezza delle questioni che affronta con le sue azioni e i suoi insegnamenti; è in tale luce che nelle pagine di questo dossier sarà offerta una rilettura di alcuni testi del suo magistero, con particolare attenzione alle due encicliche sociali, Laudato si’ e Fratelli tutti (cfr il riquadro per le abbreviazioni con cui saranno indicati nel prosieguo). Dopo una riflessione sul metodo su cui i documenti si basano, verranno approfondite le diverse dimensioni dell’ecologia integrale, fulcro della Laudato si’, e l’invito ad «andare oltre» le frontiere costruendo cammini di fraternità e di amicizia sociale, a cui è dedicata la Fratelli tutti. Infine si focalizzano due filoni lungo i quali dare creativamente attuazione agli stimoli del Papa: da una parte i gesti concreti e gli stili di vita che disegnano la trama del nostro vivere quotidiano, dall’altra la formazione all’impegno sociale e politico a servizio della costruzione di quel “noi” in cui ognuno trovi posto, in particolare coloro che sono messi ai margini. A corredo, in parte anche sul sito web di NPG, verranno offerti inviti alla preghiera a partire dalle due encicliche, suggeriti libri e film per approfondire le tematiche toccate e si presenteranno alcune esperienze internazionali che traggono ispirazione dall’insegnamento del Pontefice.

L’obiettivo del dossier non è presentare il contenuto dei documenti: per questo scopo è sufficiente rimandare alle molte valide risorse già disponibili, anche in rete, tra cui ci permettiamo di segnalare le sezioni dedicate Laudato si’ e Fratelli tutti sul sito di Aggiornamenti Sociali. L’intenzione è piuttosto evidenziare il dinamismo fondamentale che anima i due documenti, con l’auspicio di contribuire a stimolare processi di lettura della realtà che sbocchino in iniziative creative per l’attuazione nelle varietà delle circostanze concrete dell’ispirazione che essi forniscono: come vedremo meglio nel prossimo passo del nostro itinerario, è questo lo scopo per cui sono stati scritti.

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Inizia il nuovo secolo: il dossier di NPG di gennaio 2021

Come anticipazione del dossier di gennaio 2021 – Inizia il nuovo secolo – sul sito di Note di Pastorale Giovanile sono disponibili due articoli. Qui potrete scaricarne il primo di Giulio Sapelli, Professore ordinario di Storia economica, dal titolo: Un Mondo nuovo?

 

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