Il Giorno – Spot sull’inclusione, la scuola salesiana di Sesto San Giovanni vince tutti i premi

Da “Il Giorno”, edizione online.

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“Io non sono maschilista, però”. “Io non sono contro la disabilità, però”. “Io non sono omofoba, però”. Gli studenti della 3F della media “Ercole Marelli” dell’istituto Salesiani smontano, uno dopo l’altro, tutti quei “però”, attraverso un messaggio di inclusione. “Quando perdiamo il diritto di essere diversi, perdiamo il privilegio di essere liberi”, spiegano Matteo Colli, Chiara De Santis, Emma Di Bartolomeo, Sonia Pugliese e Simone Vertemara che con lo spot “Inizia tu!” hanno vinto il concorso bandito nella settimana di Don Bosco. I ragazzi delle classi terze, partendo dal tema “diversità come opportunità” hanno realizzato diversi spot pubblicitari finalizzati a sensibilizzare e promuovere i diritti fondamentali di uguaglianza e di rispetto reciproco. Con l’aiuto degli insegnanti di lettere hanno progettato, registrato e montato brevi video, sviluppando competenze digitali. “Cosa ho fatto di male?” della classe 3A è arrivato secondo e sottolinea l’importanza di leggere la diversità come un’opportunità di crescita reciproca e di unione tra gli esseri umani, mentre “La libertà di essere diversi” della 3E ruota attorno all’importanza dell’inclusione delle culture nella quotidianità e si è classificato al terzo posto. In febbraio l’istituto di viale Matteotti ha ottenuto diversi riconoscimenti. Un attestato è stato consegnato alla formazione professionale delle superiori al settore automotive durante la kermesse “Spazio ai giovani”, organizzato dal Il Giornale del Meccanico. Giovanni Brugnoli, vicepresidente di Confindustria, e Davide Ballabio, funzionario di Assolombarda hanno visitato, guidati dagli studenti, i laboratori Industria 4.0, motoristico, biomedicale e disegno 3D.

 

 

Giornale di Brescia – Un supporto agli adolescenti: l’iniziativa del Don Bosco

Pubblichiamo l’articolo del Giornale di Brescia sull’iniziativa del liceo Don Bosco di Brescia sull’impatto del Covid sui ragazzi.

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Non abbiamo preso ancora piena consapevolezza dell’impatto critico che la società contemporanea e l’era Covid stanno avendo sulla psiche dei nostri ragazzi». Parte da questa considerazione la tesi approfondita in una serata di confronto in cui le Scuole di Don Bosco hanno incontrato il dottor Gianluca D’Arcangelo. Quest’ultimo è un neuropsichiatra infantile e psicoterapeuta esperto dei disturbi dell’adolescenza; al contempo, è direttore sanitario del centro residenziale Gli Orti di Ada.

L’intervento del professionista, disponibile sui canali social dei Salesiani, è stato puntuale e completo. Anzitutto, dal dialogo è emersa tutta la drammaticità del fenomeno del disagio adolescenziale, riletto però alla luce dell’ultima decade. Si tratta di una situazione di crisi crescente che scaturisce da una pluralità di cause precedenti al trauma dato dal Covid-19.

Difatti, le difficoltà, quali che siano, si scontrano tutte con un elemento comune: la mancanza di una capacità di rielaborazione adeguata, la quale sfocia in diverse forme di fuga, repressione o trasgressione devastanti per i nostri ragazzi. I mesi di restrizioni sociali, correlate alle politiche di contenimento dell’epidemia, hanno però sensibilmente aggravato il fenomeno quanto a frequenza e violenza.

Durante l’incontro, il dottor D’Arcangelo ha presentato con chiarezza la questione in tutta la sua complessità e drammaticità. Tuttavia, l’esperto è stato comunque capace di lanciare un messaggio positivo e pieno di fiducia, lasciando aperto uno spiraglio di speranza per le famiglie e i ragazzi: denunciare il problema non significa chiudersi nella disperazione, bensì prepararsi ad affrontarlo al meglio.

Molti sono stati anche i consigli pratici, che le famiglie possono raccogliere con frutto. Su tutti, però, è emerso un concetto che ben si sposa con la visione salesiana dell’educazione e della scuola: i giovani stessi sono portatori di un’energia, una novità e una capacità di rinascita che noi adulti non dobbiamo ignorare, né soffocare. Davvero, dunque, come insegnava don Bosco, la soluzione per un futuro più roseo è nelle mani delle giovani generazioni, e il modo migliore per assicurarcelo è puntare sull’educazione.

L’intervista a D’Arcangelo rientra nel progetto di approfondimento social scaturito dal percorso «I Care 54», il progetto innovativo di approfondimento bio-medicale del liceo Don Bosco.

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Inaugurazione nuova sede ENFAP a Forlì

Dal sito dell’ispettoria Lombardo emiliana.

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La festa di San Giovanni Bosco 2022 a Forlì è stata impreziosita dall’inaugurazione della nuova sede di Formazione Professionale. L’Opera salesiana ha infatti ampliato la propria offerta formativa con nuovi corsi destinati all’educazione e formazione delle ragazze.

Le ragioni di queste iniziative sono state ben espresse dal Direttore, don Piergiorgio Placci, e da don Gianni Danesi, direttore del CNOS-FAP Emilia-Romagna.

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Milano, due ordinazioni diaconali a Sant’Agostino

Dal sito della Chiesa di Milano.

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Sabato 19 febbraio, alle 11, la chiesa di Sant’Agostino ospiterà l’ordinazione diaconale di due religiosi salesiani, Davide Mancusi e Luca Probo, appartenenti all’Ispettoria (provincia religiosa) Lombardo-Emiliana. A imporre loro le mani per conferire il primo grado dell’Ordine sacro sarà monsignor Gaetano Galbusera, vescovo emerito di Pucallpa.

Per scelta dei superiori dei due candidati e per rispettare le norme anti-Covid, i posti in chiesa saranno limitati e su prenotazione. Sarà data priorità agli studenti dell’Istituto Salesiano Sant’Ambrogio, compreso, come la chiesa di Sant’Agostino, nelle Opere Salesiane milanesi.

Chi sono

Davide Mancusi ha 29 anni ed è nativo di Milano, della parrocchia di San Barnaba in Gratosoglio (rappresentata all’ordinazione dal parroco don Alfredo Cermenati e dal vicario per la pastorale giovanile don Giovanni Salatino). È entrato 19enne in prenoviziato a Milano, passando poi, nel 2013, al noviziato di Pinerolo. L’8 settembre 2014, al Colle Don Bosco, ha professato i primi voti e il 13 settembre 2020, a Milano Sant’Agostino, i voti perpetui.

Luca Probo, invece, proviene dalla diocesi di Lodi, e ha seguito le medesime tappe della formazione.

Il loro percorso

I due religiosi hanno sintetizzato il loro percorso di formazione col motto tratto dal versetto 9 del dodicesimo capitolo della seconda Lettera di San Paolo ai Colossesi: «Ti basta la mia grazia: la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza».

La stessa frase accompagna la locandina dell’ordinazione, per la quale hanno scelto «La mano di Dio», dipinto dell’artista coreano Yongsung Kim. In esso è raffigurato il punto di vista di San Pietro che, dopo aver cercato di camminare sulle acque per andare incontro a Gesù, dubita, ma viene salvato dal suo Maestro proprio mentre sta per toccare il fondo.

Don Davide Mancusi tornerà nella sua parrocchia d’origine domenica 20 e terrà l’omelia nella Messa delle 18.

Corriere Romagna – La sfida di don Antonio Gavinelli

Dal Corriere Romagna.

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Martedì scorso la nostra settimanale rubrica ha portato alla luce il grave fatto di sangue avvenuto nella Repubblica di San Marino, lungo la strada tra Borgo e Serravalle, il pomeriggio dell’11 maggio 1921. Nel rievocare l’episodio abbiamo citato anche un salesiano, caro amico della vittima. Bene, quel sacerdote merita di più di un semplice “passaggio” e la pagina che ci apprestiamo a redigere, a lui dedicata, ce lo fa conoscere da vicino. Detto questo, diamo inizio al nuovo brano di storia riminese.

L’Italia è appena uscita dalla Grande guerra: ha vinto, ma ha tutte le ossa rotte. Il Paese è in preda ad una grave recessione economica: non c’è lavoro e i licenziamenti sono all’ordine del giorno. Dimostrazioni, scioperi e scontri sanguinosi si susseguono con un ritmo frenetico e nei cortei la bandiera rossa prende il posto del tricolore. Nelle fabbriche e nelle piazze si parla con sempre maggiore insistenza di rivoluzione: per il proletariato è una speranza, per la borghesia un incubo. La parola rivoluzione affascina, riempie e nello stesso tempo illude molte bocche affamate. C’è anche chi ne parla a sproposito e non si accorge di avviare il paese verso la guerra civile.

In mezzo a questa caotica strategia della protesta, un salesiano di 34 anni sta per iniziare a Rimini una sua “rivoluzione”. Si chiama Antonio Gavinelli, è nativo di Bellinzago, in provincia di Novara, ed è sacerdote dal 1912. Laureato in lettere e filosofia, nei quattro anni di guerra ha svolto il ruolo di cappellano militare. I suoi obiettivi, naturalmente, non sono politici: deve far conoscere alla città il progetto educativo, sociale e religioso di don Bosco. Una sfida non facile a quel tempo.

Il suo compito è smisurato. Le indicazioni che riceve dalle autorità ecclesiastiche per la missione affidatagli sono vaghe e non supportate da un briciolo di aiuto economico: deve istituire una struttura per accogliere gli orfani di guerra e un collegio per poveri ed emarginati. Oltre a queste disposizioni deve organizzare una parrocchia inesistente; creare un’identità di coscienza ad una comunità eterogenea composta di persone senza legami, interessi e amicizia; dare un volto ad un quartiere periferico senza storia e cresciuto troppo in fretta e soprattutto deve offrire un senso alla vita di molti giovani sbandati della zona. La parrocchia che gli è stata assegnata è quella di marina: una zona compresa tra il porto e il Sanatorio comasco (Bellariva), una lunga fascia di litorale completamente deserta all’inizio del secolo, ma in forte espansione edilizia e demografica a partire dalla fine degli anni Dieci. La chiesa, al centro di quest’area, è quella di S. Maria Ausiliatrice, la “Chiesa nuova” per i riminesi, eretta nel 1912-’13, non completamente ultimata e con la canonica ancora in costruzione.

Il salesiano arriva a Rimini i primi di ottobre del 1919. È solo, non conosce il luogo, non ha rendita e mezzi di sussistenza. La gente del posto – in gran parte ortolani, operai e artigiani – è diffidente, persino ostile: politicamente è tutta “rossa”.

A compiere con successo la sua “rivoluzione” il sacerdote impiega sei anni. Nell’ottobre del 1925 la rigida regola della sua congregazione – quella dei Figli di don Bosco – lo destina in un’altra città per un altro incarico. Rimini lo ricorderà come il fondatore dell’“Opera salesiana”, riconoscendogli il merito di aver creato le basi spirituali ed organizzative di una grande struttura religiosa e sociale e di aver insegnato ad una moltitudine di giovani il valore della disciplina e l’orgoglio di appartenere alla famiglia salesiana.

A don Antonio Gavinelli si deve la costruzione del più grande oratorio della diocesi capace di raccogliere centinaia di ragazzi; la realizzazione del campo di calcio, del teatro, del collegio per gli orfani e della scuola elementare del quartiere; l’arredamento, la decorazione e la rifinitura edilizia della chiesa e della canonica, quest’ultima ingrandita e trasformata in istituto per i giovani. A lui, al suo interessamento, si devono la costruzione della Casa delle Figlie di Maria Ausiliatrice sul viale Tripoli e la venuta delle suore salesiane (Cfr. Cronaca della casa). Ed infine, sempre a questo dinamico prete, va attribuita la pubblicazione di un mensile, Lavoro e preghiera, prezioso documento della graduale ed entusiastica “conversione” dell’intera comunità di marina alla vita di parrocchia.

A testimoniare le difficoltà iniziali incontrate da don Gavinelli nel rapporto con i parrocchiani e la loro adesione alla sua “rivoluzione”, dopo appena tre anni, valga la lettura di uno stralcio di un suo articolo tratto da La sveglia della Romagna del gennaio del 1923: «… Ci pare un sogno! Non più le sassate notturne contro i vetri dell’edificio, non più risuonano al nostro orecchio gli insulti e le canzonacce da trivio … ora [gli abitanti del posto] salutano i giovanetti [del collegio salesiano] e frequentano le nostre scuole, la lezione di catechismo, la chiesa e cantano: Noi vogliam Dio!».

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Il messaggio di Auguri Natalizi di Suor Chiara Cazzuola, Madre Generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice

Condividiamo la notizia proveniente da infoans.org con il messaggio di auguri da parte di Suor Chiara Cazzuola, Madre Generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice.

Carissime sorelle,

voglio raggiungervi non solo virtualmente, ma soprattutto con il cuore e la preghiera. Sì, andiamo a Mornese, come tappa sul cammino per Betlemme, già vicina. Viviamo questo momento importante nel percorso del 150° della fondazione dell’Istituto appropriandoci un po’ di quell’amore fervoroso di Madre Mazzarello, delle nostre prime sorelle e delle prime ragazze. Appropriamoci un po’ di quell’energia giovane e coraggiosa: a Mornese tutto era giovane e appena sbocciato, che trasformava in vitalità le emozioni, le relazioni, la preghiera, l’attività.

Madre Mazzarello scriveva così a suor Adele David, direttrice della casa di Bordighera, il 27 dicembre 1879:

“Ho ricevuto la vostra lettera, vi ringrazio degli auguri e delle preghiere fattemi e che io ho gradite di tutto cuore. Gesù ve le ricambi in tante ferite d’amore, ed io in ricambio ho pregato questo tenero Gesù Bambino per voi. Siete contente? Vi ho passate tutte per nome, ho detto: suor David, suor Carlotta, suor Giuseppina e suor Marietta, ho detto che vi dia la sua umiltà, il distacco da voi stesse, l’amore al patire e quella obbedienza pronta, cieca, sottomessa che aveva Lui al suo Eterno Padre, a San Giuseppe, a Maria e che praticò fino alla morte di croce. Gli ho detto che vi dia carità e quel distacco totale da quel che non è Dio, la pazienza e una perfetta rassegnazione ai voleri di Dio” (L 33).

Gli auguri di Madre Mazzarello nella sosta a Mornese, sul cammino verso Betlemme, ci incoraggino ad assumere nella vita e nella missione i tratti sempre più somiglianti a Gesù e ci rendano più consapevoli dell’evento che stiamo per celebrare.

Nel Vangelo di Luca troviamo la chiave per entrare nel mistero del Natale (cf Lc 2,12):

“Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia”.

Con questa Parola evangelica ci soffermiamo insieme davanti alla grotta.

Il Segno è un bambino! Nessuno è più debole, fragile di un neonato, bisognoso di aiuto, eppure è tutto vitalità, energia, è avvenire e potenzialità. È assolutamente “nuovo”, incontaminato. Un bambino suscita sempre meraviglia, ci sorprende.

Questo Figlio ci rivela anche la scelta di Dio di incarnarsi in un ambiente estremamente povero, in una situazione di assoluta precarietà e provvisorietà, in un contesto socialmente trascurabile, quasi ad esprimere nella assoluta semplicità della nascita la nuova creazione che in lui si realizza.

I Pastori di Betlemme accorrono per primi alla grotta. Il Salvatore si identifica con loro e li vuole alla sua culla di paglia. Hanno riconosciuto senza indugio il Segno: il Bambino, l’Atteso, il Messia, il Salvatore. Sono uomini abituati a prendersi cura del gregge, a stare con le pecore, a difenderle dai lupi e a dare la vita per loro. Sono l’icona di quello che sarà questo Bambino: il Pastore Buono, il modello della nostra spiritualità salesiana nell’azione pastorale.

Per tornare da Betlemme, da Mornese, piene della grazia e della gioia del mistero dell’Incarnazione che desideriamo tradurre in fraternità serena, oblativa, solidale e in missione condivisa e feconda, bisogna chiedere a Gesù quello che ci indica Madre Mazzarello, che insegnano i Pastori e ci suggerisce Papa Francesco.

Quando è venuto a visitarci al CG XXIV ci ha detto che Risvegliare la freschezza originaria della fecondità vocazionale dell’Istituto è una prospettiva-chiave per rispondere alle esigenze del mondo di oggi, che ha bisogno di scoprire nella vita consacrata l’annuncio di ciò che il Padre, attraverso il Figlio nello Spirito, compie con il suo amore, la sua bontà, la sua bellezza. È una sfida che ci invita a rinnovare il nostro “sì” a Dio in questo tempo, come donne e come comunità che si lasciano interpellare dal Signore e dalla realtà per diventare profezia del Vangelo e testimonianza di Cristo, del suo stile di vita.

Tra poco le nostre case risuoneranno di canti, auguri e preghiere.

Non temete – dice l’angelo- perché Oggi è nato per voi un Bambino, il Salvatore. Oggi ripete con insistenza la Liturgia del Natale. Oggi è il nostro oggi perché Dio è con noi.

Con questi sentimenti vi auguro un sereno santo Natale, nella gioia della contemplazione di questo mistero così grande e nel rendimento di grazie al Padre per la sua misericordia infinita verso un mondo che anela alla speranza e alla pace.

“Michele Rua, un figlio chiamato ad essere padre”: il libro di don Edoardo Gnocchini da Milano

Dal sito dell’ispettoria Lombardo Emiliana.

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L’ultimo libro auto-prodotto nella nostra Ispettoria porta la firma di don Edoardo Gnocchini, ed è stato realizzato quando ancora il confratello aveva il ruolo di assistente della Comunità Proposta. Parliamo di “Michele Rua: un figlio chiamato ad essere padre”, una raccolta di episodi storico-aneddotici commentati al fine di descrivere un itinerario di formazione spirituale salesiana, inizialmente stampato pro manuscripto dalla Don bosco Edizioni (MI) e ora disponibile anche in formato kindle su Amazon.

Michele Rua, un figlio chiamato ad essere padre è un romanzo storico, spirituale e pedagogico che racconta della vita del giovane Michele che, orfano di padre, incontra un prete nella Torino risorgimentale e riscopre così di essere figlio. Crescendo all’Oratorio di Don Bosco, Michele impara a sognare in grande. Conoscerà la vocazione a cui Dio lo ha chiamato che è quella di essere a sua volta padre di molti. Un figlio chiamato ad essere padre.
Il romanzo è costituito da una serie di episodi che narrano la vita di Michele Rua dall’incontro con San Giovanni Bosco alla morte di questi e al conseguimento della sua eredità spirituale. È un testo indicato per tutti coloro che sono appassionati alla vita salesiana, che amano Don Bosco e che si mettono in cammino nell’accompagnamento spirituale. È un libro interessante anche per coloro che sono curiosi di come Don Bosco facesse accompagnamento spirituale e di come i suoi ragazzi si sentissero accompagnati da lui nella vita in una relazione bella, libera e liberante, protesa alla realizzazione del giovane e alla sua felicità.

Lo stesso don Edoardo ha recentemente presentato il suo lavoro, riportando anche esempi e applicazioni concrete relative alla vita della Comunità Proposta di Milano.

Corriere della Sera – Gli studi ad hoc e la corsa delle aziende. La fucina salesiana che sforna talenti

Dal Corriere della Sera, ed. Milano.

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Il cortile è quello che chiunque abbia frequentato o visitato un centro dei salesiani potrebbe riconoscere al primo sguardo. Ma al posto delle campane, a scandire le ore è una sirena recuperata da una fabbrica dismessa, e gli edifici interni non portano nomi di santi, bensì di industrie – Falck, Breda, Marelli – e del cardinale Schuster, l’arcivescovo che intuì il bisogno di una scuola in quel territorio industriale alle porte dei Milano e trovò la collaborazione attiva delle famiglie imprenditoriali che hanno lasciato il segno nella storia della «Stalingrado d’Italia». Era il 1948. Ma ancora adesso le «Opere sociali don Bosco» di Sesto San Giovanni sono al centro delle attenzioni del mondo  produttivo: aziende di ogni dimensione assediano di richieste gli uffici che governano l’orientamento al lavoro degli oltre 2.800 ragazzi che frequentano i diversi livelli di formazione.

Cercano manodopera formata e sanno che nelle aule che circondano quel cortile possono trovarne. Soltanto da aprile sono giunte 681 richieste di curriculum (considerata la pausa estiva, sono quasi 100 al mese). Dal piccolo artigiano alla multinazionale si rivolgono ai salesiani alla ricerca di lavoratori. «I più richiesti sono i tornitori, i fresatori e anche i meccatronici – spiega Raffaele Crippa, direttore dell’Its, cioè il livello più alto di formazione tra quelli offerti dai salesiani sestesi -. Ma le aziende sanno che qui possono trovare ragazzi a tutti i livelli della filiera formativa». All’interno del centro, infatti, ci sono tre scuole: il Cfp che offre istruzione professionale, l’Itt ovvero l’istituto tecnico e l’Its per la formazione post-diploma. Le aziende stesse sono molto coinvolte anche nella didattica e nell’orientamento, con molte ore di formazione offerte direttamente nei luoghi di lavoro. «Perché spesso per i ragazzi è fondamentale sapere esattamente cosa c’è dietro a una mansione, cosa fa ciascuna figura, e quando hanno le idee chiare su cosa li aspetta sono più motivati».

Attorno al cortile di via Matteotti 425, mentre la sirena scandisce le ore che scorrono, si aprono aule e laboratori che preparano il futuro delle «risorse umane» della manifattura lombarda. Infatti, racconta il direttore del centro don Elio Cesari, non è raro ricevere la chiamata diretta di un imprenditore o di un manager che domanda: «Ce l’avete qualche bravo ragazzo che sappia lavorare?». E non solo da Milano, ma da tutta la Lombardia, perché ormai il centro salesiano è un riferimento per piccole, medie e grandi aziende di tutta la regione, al punto da indurre la Fondazione Its ad aprire succursali a Bergamo, Brescia, Lecco e Pavia, «con la collaborazione di circa 450 aziende».

Le statistiche sul tasso di occupazione successiva agli studi sono eloquenti: 72% per i diplomati Itt e 97% per chi ha frequentato l’Its. E quelle 681 richieste da parte delle aziende confermano uno dei temi del momento, a proposito del mercato del lavoro: la domanda di formazione mirata, tecnica ma non necessariamente in senso stretto. Come dimostra l’avvio di un nuovo Its per Manager culturale per lo Sviluppo del territorio, promosso da Innovaprofessioni (ente che fa capo alla Confcommercio milanese), che si aggiunge a quello a indirizzo moda e design creato dalla Afol metropolitana con la Triennale.

Educare alla complessità: inaugurazione dei nuovi spazi del CNOS FAP di Bologna

Dal sito dei Salesiani in Lombardia.

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Educare alla complessità: inaugurazione dei nuovi spazi del CNOS FAP di Bologna.

Con queste parole l’Arcivescovo di Bologna, S.E. Matteo Zuppi descrive la grande sfida che l’età contemporanea rivolge all’Ente di formazione Cnos-Fap, che inaugura i suoi ambienti al termine di tre anni di lavori.

L’evento si è tenuto mercoledì 20 ottobre 2021: rappresentanti della comunità salesiana di Bologna, Don Gianni Danesi e Don Gianluca Marchesi, hanno dato il benvenuto alle autorità del territorio bolognese, il Cardinale Zuppi e l’assessore Vincenzo Colla, che sul palco allestito per l’occasione hanno sottolineato l’importanza di investire in ambienti che favoriscano il benessere dei ragazzi.

Gratitudine è stata rivolta dalla direttrice di sede, Antonella Migliorini, per gli sforzi di questi anni, finalizzati a ristrutturare e a rinnovare laboratori e ambienti, in modo da adeguare lo spazio fisico ai bisogni e alle necessità di una realtà che cresce e si migliora. Sforzi per i quali viene mandato un caloroso ringraziamento a Don Fabrizio Bonalume, ex direttore di sede, ora direttore del Cnos nazionale, tornato a Bologna per prendere parte ai festeggiamenti della giornata.

Negli ultimi anni, Cnos-Fap Bologna ha incrementato l’offerta formativa: dal 2016, con la programmazione dei quarti anni e l’avvio del Polo Grafico ER, i giovani che si iscrivono nel settore grafico hanno la possibilità di un percorso ricco di specializzazione, attraverso percorsi IFTS e ITS: un’intera filiera formativa che dà agli allievi la possibilità di accedere a diversi percorsi, complementari e collegabili l’uno con l’altro. Per il settore meccanico, i ragazzi sono indirizzati verso i percorsi realizzati dagli altri Enti nel territorio.

Educare alla complessità, infatti, presuppone relazione costante con il territorio e con la sua rete sociale, perché l’obiettivo grande è formare, non solo figure professionali, ma soprattutto cittadini capaci di orientarsi nel lavoro e nella vita con dedizione, impegno e competenza.

I nuovi laboratori sono stati pensati per adeguare gli ambienti e le attrezzature alle richieste delle aziende che da sempre ricoprono un ruolo fondamentale del percorso formativo nel biennio di qualifica e nei percorsi successivi; in molti casi sono un ponte per il futuro degli allievi: lo sportello al lavoro (SAL), presente nell’Ente, favorisce tirocini e contratti di apprendistato, unendo la domanda degli allievi qualificati alle offerte che arrivano dal mondo del lavoro.

E numerose sono state le aziende che hanno partecipato all’evento, segno di una collaborazione proficua, che negli anni si è mantenuta attiva e costante.

A fare strada attraverso i laboratori e gli ambienti ristrutturati, i ragazzi dei quarti anni di meccanica e di grafica, coinvolti insieme ai loro formatori nella preparazione della giornata: il pubblico composto da autorità, ma anche da amici, ex allievi, formatori e colleghi di altri Enti ha potuto assistere a lavorazioni al tornio, in officina, e a prove di aggiustaggio nel laboratorio dedicato. Nel laboratorio CNC, già inaugurato nell’anno formativo 20-21, i ragazzi hanno realizzato pedine di scacchi da regalare ai presenti, lavorando su tornio DOOSAN con mandrini motorizzati con controlli Siemens; altre lavorazioni sono state effettuate al centro di lavoro DMU, utilizzando anche la cinematica e i 5 assi della macchina. Dimostrazioni di web, stampa Offset e stampa 3D sono state proposte, invece, dagli allievi di grafica, insieme ad una t-shirt stampata per l’occasione in serigrafia e confezionata nel nuovo laboratorio di packaging, studiato dal coordinatore di settore, Federico Gozzi SdB per adeguare l’offerta formativa al nuovo profilo di qualifica.

A conclusione del pomeriggio, un piccolo rinfresco organizzato dall’Ente della ristorazione Fomal, perché educare alla complessità, vuol dire anche – e soprattutto- collaborare.

Formatrice Alessandra Manfredi

 

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Open days al Centro Salesiano “Don Bosco” di Treviglio

Da Bergamo News, la notizia sugli open day al centro “Don Bosco” di Treviglio.

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Il Centro Salesiano “Don Bosco” di Treviglio è un Polo Educativo in cui la presenza di diversi settori scolastici, interconnessi nella modalità di Campus, offre alle famiglie l’opportunità di scegliere un servizio che copra l’intero cammino didattico-formativo dei propri figli, una risposta alle sempre nuove esigenze educative, al passo coi tempi dal 1892.

In particolare l’educazione salesiana non pensa ai giovani solo come destinatari di interventi didattici: essi sono invece i protagonisti attivi del loro percorso di formazione attraverso numerose attività, nella convinzione che la scuola non può chiudere i propri orizzonti entro il solo orario scolastico ed entro la fisicità di un istituto.

Tali attività impegnano i ragazzi a vari livelli e vengono proposte agli studenti in modo rispettoso della libertà e del cammino di maturazione di ciascuno. Per conoscere le nostre attività e la nostra offerta formativa, prendere visione dei curricoli e dei vari ambienti, vi aspettiamo ai prossimi Open Day, in agenda per sabato 27 novembre e sabato 4 dicembre. Si tratta di un’opportunità in più per conoscere la nostra Scuola: maggiori informazioni al link https://openday.salesianitreviglio.it/open-day/

Ulteriori informazioni sullo stile che caratterizza il modo di fare scuola nella Casa di Don Bosco di Treviglio e sulle scelte comuni ai vari settori scolastici, della Scuola Primaria, della Scuola Secondaria di Primo e Secondo Grado, dell’Istruzione e Formazione Professionale, nella brochure consultabile on line al link https://openday.salesianitreviglio.it/brochure/

Ed ora lasciamo la parola a Matteo, che presenta una delle tante attività proposte dalla Scuola quest’estate.

Le comodità della vita di tutti i giorni, delle quali sentiamo ogni giorno di più un disperato bisogno, e la nostra tendenza a tornare, non appena possibile, ad una situazione di agio e benessere ci inducono a provare un sentimento di rifiuto, o quantomeno di vago disappunto, ogni qual volta ci sentiamo privati della nostra “comfort zone”.

Perché mai, dunque, un adolescente dovrebbe abbandonare la propria vita quotidiana per passare una settimana in un rifugio della Val Formazza a 2.500 m?

Questa stessa domanda se la sono posta anche coloro che, come me, l’estate scorsa hanno preso parte a quest’iniziativa. Probabilmente, per molti di noi la risposta a questo quesito non è stata immediata, ma abbiamo dovuto aspettare di vivere quest’esperienza in prima persona per poterla cogliere. Infatti, benché ciascuno di noi abbia rimpianto, di tanto in tanto, l’uso dello smartphone o la confortevolezza della propria camera, sono certo che tutti, col passare dei giorni, si sono sentiti a casa, pur non essendovi fisicamente. Inoltre, azioni come accendere la stufa, unico mezzo di riscaldamento a nostra disposizione, preparare il pasto e, dopo averlo consumato, lavare i piatti e spalare la neve nei pressi del rifugio sono state fondamentali per farci entrare nel clima di condivisione e aiuto reciproco che ha reso speciale la settimana. In altre parole, ciò che più mi ha colpito è stata la facilità con cui ciascuno ha saputo mettere a tacere il proprio egoismo e dare la precedenza al bene collettivo.

Sono certo che ciascuno di noi, in quei giorni, ha riscoperto il valore dell’umiltà, nel vero senso etimologico del termine: essa è l’attaccamento alla terra (humus), a ciò che di più indispensabile permea la nostra esistenza e sul quale, solo in un secondo momento, l’uomo ha edificato costruzioni accessorie che a confronto appaiono deboli ed illusorie. In quei giorni abbiamo avuto la fortuna di sperimentare il culto (cultum, cioè coltivazione, ma anche venerazione) della terra (humus), l’atto di amore più antico e sincero nella storia dell’umanità. In altri termini, abbiamo messo da parte la nostra arroganza (ad rogare, cioè chiedere insistentemente [per sé]) per metterci a disposizione degli altri, acquisendo una consapevolezza nuova, quella del valore dell’umiltà appunto. Solo divenuti padroni dei valori di umiltà e generosità sapremo migliorare la vita altrui e al contempo arricchire la nostra.

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