Ideario MGS, con il Quaderno di lavoro per la progettualità locale dei cammini formativi dell’anno educativo pastorale 2021/2022

Dalla presentazione dell’Ideario MGS, scritta dalla segreteria MGS e dal gruppo di lavoro.

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La grande novità di quest’anno di offrire un “Quaderno di lavoro”  per tutta la Comunità Educativa Pastorale ha portato la Segreteria  MGS Italia ad interrogarsi sul senso e sul ruolo dei “Sussidi per fascia  d’età” che da molti anni ormai si affiancavano al “Quaderno Giovani  MGS”. 

Dopo un sincero confronto e un periodo di discernimento si è sentita  l’esigenza di cambiare rotta e osare, scommettendo sulla capacità  progettuale delle CEP, delle associazioni di consacrati e laici, dei  giovani stessi, offrendo loro, più che un sussidio già definito, uno  strumento di lavoro. Ed ecco allora come è nato l’“Ideario MGS”

L’idea di fondo di questo strumento è quella di fornire una traccia  di riflessione che trasforma in percorso formativo il pensiero, le  intuizioni e gli approfondimenti del Quaderno di Lavoro MGS. Lo scheletro di questo percorso formativo possibile giungerà così nelle  varie realtà sotto forma di Ideario per promuovere la progettazione  locale dei cammini e delle proposte, coinvolgendo gli educatori, gli  insegnanti, gli animatori e tutti coloro che accompagnano i ragazzi  a ritrovarsi insieme e progettare in forma comunitaria i passi da far  fare nel corso dell’anno pastorale. 

Il percorso però non può non tener conto di chi lo deve compiere:  è certamente unica la meta da raggiungere, l’incontro con Gesù  attraverso la spiritualità salesiana; molteplici invece i passi, le tappe, i  bisogni educativi e le storie di coloro che devono mettersi in cammino. 

Questa personalizzazione della proposta che parte innanzitutto  dal confronto con la realtà locale è un dato importante che non va  sottovalutato. Ciascuna realtà locale ha una propria storia, si trova  in una determinata situazione e ha bisogni specifici che un Sussidio  troppo definito rischia di non intercettare. E’ il lavoro in equipe locale,  attraverso la conoscenza della realtà e il discernimento comunitario  che sa cucire a mano il vestito più adatto da far indossare a coloro  verso i quali è destinato il percorso. E’ la concretizzazione del “Va  per la città e guardati attorno” che si è sentito dire don Bosco: con gli  strumenti che hai vai a vedere cosa grida il mondo e progetta quanto  di più adeguato puoi fare per rispondere a questa necessità.

L’Ideario offre degli spunti, delle possibili strade da percorrere, una  direzione verso cui andare, ma la concretizzazione dei passi la può  conoscere solo chi conosce i viandanti che la devono percorrere. 

La scrittura di questo Ideario è stata quindi, in primis, l’occasione  per vivere un’ esperienza di discernimento comunitario di un gruppo  di 24 persone composto da giovani, Figlie di Maria Ausiliatrice e  Salesiani provenienti da tutta Italia. Un percorso iniziato a febbraio 2021 a distanza, a fronte dell’impossibilità di incontrarsi, e concluso  a maggio. Nei diversi incontri abbiamo studiato insieme il Quaderno  di lavoro e, attraverso gruppi di dialogo e confronto dove abbiamo tentato di riconoscere, interpretare alla luce dello Spirito e scegliere il giusto orientamento, ci siamo accompagnati a vicenda per capire  come a partire dalla nostra vita e dalla realtà in cui siamo inseriti  potevamo trasformare questi contenuti in un percorso formativo  e come “spezzettare” questo cammino anche per i più piccoli a cui  siamo inviati.  

Siamo convinti che questo Ideario debba essere, e rimanere, uno  strumento agile e che vada assunto nella misura in cui può aiutare e non  complicare l’azione pastorale evitando ogni forma di schematismo  che incatena la realtà e la pratica. 

Esso va considerato come uno spunto per allargare la riflessione  e trasformarla in percorso, per questo motivo ogni realtà è  estremamente libera di prendere quanto ritiene utile e di tralasciare  quanto ritiene secondario in vista dei cammini formativi. 

Ciò che ci pare interessante e pastoralmente buono è il fatto che tutta  la Comunità Educativa Pastorale cammini e si formi percorrendo lo  stesso percorso. Questo fa crescere il senso di appartenenza, la logica  ecclesiale di una comunità in cammino e la possibilità di un fecondo  rapporto intergenerazionale. 

Per questo ci sentiamo di promuovere l’accoglienza dello studio  condiviso del Quaderno di Lavoro e della Proposta Pastorale contenuta  in esso e lanciamo al locale la sfida di trasformare in percorso i  suggerimenti proposti dall’Ideario, sapendo che, in particolare le  pratiche educative proposte alla fine di ogni capitolo, devono poi  trovare una concretizzazione pedagogica adatta alla realtà in cui  vengono proposte. 

“Umile, forte e robusto”: testimonianze di vita

Il numero estivo di NPG lancia la proposta pastorale dell’Italia Salesiana per il prossimo anno: “Amati e chiamati. Renditi umile, forte e robusto”. Di seguito, alcune testimonianze sul tema.

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In ascolto del sogno della vita
Emanuele Bonazzoli *

Quante volte ho invidiato don Bosco per avere avuto un sogno che, per quanto ermetico indicasse la via. Io non sono bravo a sognare, o almeno, a sognare al modo di don Bosco. Ho inseguito un po’ di sogni (erano soltanto miei desideri) ma quasi mai sono riuscito ad arrivare laddove “sognavo”. Forse perché, a differenza di don Bosco, ciò che sognavo era solo nella mia mente, non nel cuore di Dio. Eppure sento di avere anch’io seguito l’indicazione di un sogno, che mi ha accompagnato: cercare la gioia del cuore, coltivarla, “perché la vostra gioia sia piena” (Gv 15,11). Ci sono esperienze nella vita che alimentano il desiderio, altre che alimentano il cuore. Sono queste ultime che mi hanno formato, mi hanno dato un respiro e mi hanno arricchito come persona portandomi su sentieri che non avrei percorso e trovando là la gioia inaspettata. Ho vissuto in questo senso l’invito a rendermi “umile, forte e robusto”. L’umiltà si è più volte scontrata con la testardaggine di fare secondo la mia volontà, di mettere sulla bocca di Dio il mio pensiero, anche quando mi mostrava un’altra via; per me umiltà è ascoltare, guardare il proprio percorso, avere il coraggio di cambiare anche radicalmente la propria condizione di vita. Nella fortezza riconosco la resistenza allo sbandamento, all’inseguire vie meno impegnative: la fortezza si è concretizzata nello stare, nell’allenare la perseveranza e la costanza e, soprattutto, nel coltivare la pazienza. La robustezza è la capacità di non essere spezzati ed è una condizione che uno non si può dare da solo: è robusto chi ha costruito insieme, chi sa di appartenere ad una famiglia, chi riconosce le sue radici e non le recide, chi anche nel momento di aridità pesca nella sua bisaccia i valori che ha custodito durante i tempi della ricchezza umana e spirituale. Oggi penso di vivere con la consapevolezza di questi tre doni che mi permettono di essere quel che sono in un quotidiano che ritengo molto semplice e ordinario. Ho sempre sognato per me esperienze straordinarie, impegni con grandi responsabilità, viaggi per il mondo. Ho trovato un’ordinarietà quasi banale, agli occhi di molti. L’ordinarietà della vita di marito, papà e insegnante. Eppure un quotidiano che mi richiede di rimettere in gioco quell’umiltà, quella fortezza e quell’essere robusto di chi cammina e fa camminare, di chi indica la strada e contemporaneamente ascolta chi cammina con lui, anche se più piccolo, perché la strada si fa insieme. Mi sono accorto che per essere uomini ed educatori che fanno sognare serve essere uomini in ascolto dell’altro: un ascolto positivo, propositivo, senza giudizio e portatore di bellezza. Mi sono allenato ad ascoltare me stesso, così rigido, testardo e sicuro di essere nel giusto: ho imparato che oltre al bianco e al nero, esiste il grigio. Mi sono allenato ad ascoltare la coppia: un noi che comprende un io e un tu e lo supera, che non annulla le individualità ma le può plasmare; una famiglia che non può sentirsi arrivata solo perché è economicamente e affettivamente stabile. Mi sono allenato ad ascoltare i miei figli quando sono seduto a terra a giocare alle costruzioni, quando racconto per la settantesima volta la stessa fiaba, quando vengo interpellato sui poteri di un Superpigiamino, quando faccio l’ennesimo richiamo: ho intuito la pazienza di Dio Padre nella mia “mistica del pannolino”. Mi sono allenato ad ascoltare i miei allievi, scovando nello sguardo e nelle storie (in questo momento storico filtrate dai silenzi degli schermi) le scintille di futuro e di Speranza, costruendo l’autostima la cultura, rileggendo insieme la bellezza dell’arte. Se io credo nei sogni (ma non quelli della mia testa), gli altri intuiscono che è possibile credere in un sogno e cercano il proprio. Che bello essere cacciatori e accompagnatori di sogni! In questo momento sto vivendo in un periodo di muta, di cambiamento. La pandemia mi ha molto interrogato sul valore delle cose, sul chi voglio essere, sul dove voglio essere e per chi. La condizione attuale ha molto toccato il senso di comunità proprio della Chiesa, ha rimesso in discussione il valore dell’uomo, del creato, della prossimità. Come famiglia siamo in un momento in cui restiamo robusti perché stiamo mettendo fondo alla bisaccia della nostra esperienza; ma percepiamo che non possiamo più accontentarci del “tornerà tutto come prima”. Sappiamo che è scritto un sogno per noi e ci siamo messi in ascolto, facendo attenzione che i flutti dell’ordinario non ci travolgano. Dove andremo? Sarà il sogno, speriamo indicato da Lui, a dircelo.

* 41 anni, marito e papà felice. Insegnante di storia dell’arte e italiano L2. La sua vita è quella di un “normale milanese”: casa, lavoro e parrocchia (che vorrebbe fosse più presente). Gli manca l’oratorio: al momento la mia parrocchia non ne ha uno!!!


Un’impronta forte

Cristiana Calogiuri *

Ho messo piede in Oratorio che ero proprio piccola, una bambina dell’età che hanno oggi i miei bambini di prima elementare. Di quei tempi conservo il ricordo della mia catechista che non era come le altre, era più giovane. Cantavamo, coloravamo e poi ci raccontava tante storie su don Bosco e su Domenico Savio. Sembravano favole. Soprattutto il sogno dei 9 anni, con gli animali, era simile alle favole che colpiscono l’immaginazione di ogni bambino. Crescendo mi sono sentita in prima persona parte di quel ‘campo’ nel quale ogni giorno qualcuno si prendeva cura di me. Ho prima ammirato, poi osservato e infine veramente copiato i miei educatori, i salesiani che erano al mio fianco. Crescere e sentire l’invito a rendersi ‘umile, forte e robusto’ come rivolto anche a me è stato naturale. Il mio percorso in oratorio come persona e come animatrice è stato un impegno quotidiano, costruito giorno per giorno e mai da sola. Il lavoro su se stessi non è mai solitario. Ho avuto accanto sempre un gruppo di persone con le quali il confronto, la discussione, le gioie, sono servite tanto, soprattutto a scegliere quell’impegno continuamente. Ed oggi, guardandomi indietro, ringrazio Dio per l’opportunità che ho avuto, per le persone che ho conosciuto, per i miei amici. Sono cose su cui rifletto oggi, perché quel periodo è stato un’immersione completa, una successione di impegni, di lavoro, di ragazzi e ragazze che ho conosciuto piccoletti e che oggi sono uomini, donne, belle persone, padri e madri. Per questo dico che è stato tutto naturale, perché quasi non me ne sono accorta. Il mio carattere, un po’ puntiglioso, cocciuto, insofferente, è stato plasmato con dolcezza, senza strappi. Forse l’umiltà non l’ho imparata proprio fino in fondo, ma la forza sì. Una forza che si è fatta coraggio in tante occasioni, ma che ha avuto sempre accanto qualcuno a sostenerla. Talvolta una forza che nasceva dal cercare di guardare sempre lontano, oltre gli ostacoli che puntualmente arrivano per farci desistere. Una forza che prima di tutto ha aiutato me a fare scelte non sempre facili e comode, ma che alla fine si sono rivelate le più giuste per la mia vita. La cosa più faticosa è stato ‘irrobustirmi’. L’ho vissuta come la capacità di dare valore e qualità alle cose. Per questo ho dovuto frenare l’impulsività o la frenesia di gettarmi nelle attività, per lo studio, la riflessione, la preghiera. Per andare in profondità e non rimanere in superficie nei rapporti, nell’accompagnamento dei giovani o nel lavoro. Oggi sono un’insegnante di scuola primaria. Se penso a vent’anni fa, non l’avrei mai detto perché avrei voluto insegnare nelle superiori e avere ragazzi grandi così come in oratorio. Ma la vita prende strade strane e l’abilitazione nella primaria è una di quelle. Avevo fatto tutto un altro percorso come educatrice professionale e mi vedevo in una comunità, con ragazzi difficili…Invece no, proprio una cara amica di un altro oratorio mi mise la famosa ‘pulce nell’orecchio’. Ed eccomi qui oggi a fare la maestra. Lo dico con tutto il rispetto che è dovuto verso un mestiere antico e nobile che cerco di onorare ogni giorno. Quest’anno ho una classe prima. È emozionante! Bambini piccoletti, nanerottoli di 5 e 6 anni che sbocciano giorno dopo giorno. E non parlo solo del fatto che all’inizio non sanno né leggere né scrivere e adesso sono dei campioni, o del fatto che riescono a seguire per ore delle lezioni al computer con la maestra che si commuove a vedere i loro occhietti attenti e le manine virtuali alzate. Mi riferisco al lavoro educativo fatto su ciascuno di loro. Sarà la deformazione professionale da animatrice, ma li guardo e li vedo grandi, e mi immagino quante cose bellissime faremo in questi cinque anni e quando torneranno a trovarmi per raccontarmi cosa fanno, cosa studiano, se quello che abbiamo fatto insieme lo ricordano, se è servito. È il lavoro più bello del mondo. Ogni tanto mi fermo a pensare a tutto quello che mi sarei persa oggi se non avessi avuto la forza di cambiare strada, mettere la retromarcia e poi dare un’accelerata in avanti. Penso anche ad un’altra cosa, che mi dicono spesso le mie colleghe. Dicono che sono una persona sorridente. In verità c’è poco da sorridere in questo periodo, però io non riesco a non farlo. Sono cresciuta così, con i ‘segreti della santità’ che don Bosco suggerisce a Domenico Savio. Ed anche lì, oltre all’allegria e al fare del bene, c’è l’impegno nei doveri di studio e di preghiera, l’invito a quel ragazzino a crescere robusto, di spessore. Concludo, come spesso faccio, con un grazie a Don Bosco che per me è stato veramente un padre, un maestro e un amico, una mano poggiata sulla spalla, una guida ‘nel cercare il bene delle anime nostre e la salvezza del prossimo’, un’impronta forte nella mia vita, solo in minima parte per merito mio.

* Del 1975. Animatrice e Salesiana Cooperatrice dell’OCG dei Salesiani di Lecce. Membro della Segreteria Nazionale del Movimento Giovanile Salesiano e Coordinatrice Nazionale dal 2004 al 2007. Laureata in Scienze dell’Educazione e in Scienze della Formazione Primaria, presidente dell’Associazione di promozione sociale StradeGiovani che opera nell’ambito dell’animazione culturale e vicepresidente della Coop. Don Bosco che gestisce il DB d’Essai Cinema e Teatro di Lecce. Docente di Scuola Primaria con esperienza nell’ambito della didattica speciale e dell’uso delle tecnologie applicate all’insegnamento.


Con i piedi in terra… nel segno di Don Bosco

Sebastiano Manzella *

Il sogno dei nove anni e le indicazioni ricevute dal piccolo Giovannino hanno avuto effetto su di me e sulla mia vita, plasmandomi e rinnovandomi sul piano della vitalità spirituale, senza dubbio durante il periodo universitario. Partecipavo regolarmente all’oratorio e al grest estivo, conoscevo già Don Bosco e la sua storia, ma durante il periodo di frequenza dell’università ne ho approfondito la sua spiritualità e la sua pedagogia facendo mio quel “renditi umile, forte e robusto” del sogno. Non è facile per nessun diciottenne lasciare la famiglia, cambiare città e amici per raggiungere l’obbiettivo di studiare per professionalizzarsi e per me in particolare il passaggio dalla scuola al mondo universitario è stato un grosso ostacolo. Ho imparato sulla mia pelle e sulle notti insonni che non bisogna mai darsi per vinti e di rimboccarsi sempre più le maniche e con umiltà affrontare le difficoltà una dopo l’altra. Mi sono circondato di amici e colleghi universitari con cui studiare, ma allo stesso tempo ci incoraggiavamo e ci sostenevamo facendoci forza l’uno con l’altro, riconoscendo che nella vita si ha molto da imparare con l’umiltà di non sentirsi superiore a nessuno e il coraggio di affrontare qualsiasi situazione. Nel mio caso, a differenza del piccolo Giovannino Bosco che poteva far riferimento solo su Mamma Margherita, ogni sforzo è stato condiviso e supportato dalla mia famiglia, che mi ha protetto e irrobustito, senza non pochi sacrifici, per poter fronteggiare le ansie e le paure pre-esame. Nello stesso periodo ho vissuto anche forti esperienze di fede e di Chiesa con il movimento giovanile salesiano: una su tutte la Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid 2011. Queste esperienze hanno portato in me sempre una nuova vitalità che si è trasformata in intraprendenza e fiducia nelle varie situazioni che sono stato chiamato ad affrontare, senza perdere i tratti della gioia e dell’allegria tipiche dello stile salesiano. Quanto provato e imparato in quegli anni “di palestra” è diventato preziosissimo quando ho deciso, al termine degli studi, di trasferirmi a Milano per motivi lavorativi. Nonostante le nuove e diverse difficoltà, avevo già maturato i miei punti fermi che al contempo si erano radicati in me: gli insegnamenti di Don Bosco, sempre validi, attuali, adattabili a ognuno di noi. Tutto ciò ha contribuito sicuramente al mio percorso di crescita umana e spirituale oltre che professionale, diventando ciò che sono nella vita di tutti i giorni e con chiunque io incontri, portando con me anche tanta buona volontà, disponibilità e pazienza perché come dice Madre Teresa di Calcutta: “C’è chi crede che tutto gli è dovuto, ma non è dovuto niente a nessuno. Le cose si conquistano con dolcezza e umiltà!” e solo così potremo raccogliere miglioramenti dalle vicissitudini che incontriamo. Ci sono e ci saranno sempre momenti difficili, situazioni di sconforto, come ad esempio la pandemia che stiamo vivendo e che sta mettendo tutti a dura prova, e rimanere chiusi in sé stessi nella propria solitudine sicuramente non porterà mai benefici. Al contrario, ritornare a ciò che sono stati i punti forti del proprio vissuto, rimettendosi in cammino, magari facendosi supportare da una persona fidata, può rimetterci in “carreggiata” e renderci più forti e robusti di prima, senza avere paura delle scelte giuste o sbagliate che possiamo fare, e dei rischi che esse comportano.

Se pianti onestà, raccoglierai fiducia.
Se pianti bontà, raccoglierai amici.
Se pianti umiltà, raccoglierai grandezza.
Se pianti perseveranza, raccoglierai vittoria.
Se pianti considerazione, raccoglierai armonia.
Se pianti duro lavoro, raccoglierai successo.
Se pianti perdono, raccoglierai riconciliazione.
Se pianti apertura, raccoglierai intimità.
Se pianti pazienza, raccoglierai miglioramenti.
Se pianti fede, raccoglierai miracoli.

* 31 anni, nato a Siracusa, per motivi di lavoro trasferito a Milano. Laureato in Ingegneria Informatica a Catania, al momento si occupa di ricerca e sviluppo di soluzioni software nell’ambito dei Big Data e del Machine Learning.


Un tesoro da custodire

Valentina Mazzer *

Ultimamente una suora dell’oratorio (nel quale, ahimé, sono meno presente di quanto vorrei rispetto al passato, sperando di essere “perdonata” per questo) mi ha chiesto di fare una piccola testimonianza alla Comunità animatori locale per parlare del “travaglio interiore” che si prova intorno ai 20/21 anni, suggerendomi di ripensare a quel periodo della mia vita e di come don Bosco vi abbia inciso. Ritornare con la mente e con il cuore ad uno dei periodi più appassionati e profondi della mia vita è stata l’occasione anche per completare la riflessione di cui sto scrivendo. Negli anni dell’università Dio e don Bosco hanno fatto irruzione nella mia vita, mettendola un po’ a soqquadro. Questa confusione mi ha permesso di cominciare a guardare davvero a me stessa e riconoscere che anche negli anni precedenti, pur se a piccoli passi, la vita in oratorio mi stava strutturando interiormente: quelle mura, quelle persone, quei momenti condivisi, stavano permettendo ad una fragile e insicura Valentina di scoprire se stessa e iniziare a camminare nel mondo. A volte mi spaventa pensare a quanta Grazia sia passata per quel cortile. Le scoperte di tutti quegli anni, le lotte, le mie fragilità emerse, sono state senza dubbio il cammino per rendermi forte, interiormente forte. Tuttora vacillo, tuttora sono fragile, ma il ricordo della profondità di alcuni momenti vissuti in quegli anni agli esercizi spirituali, ai ritiri, nelle giornate di comunità o di servizio sono una roccia che riscopro, sempre più a distanza di tempo, molto salda. Un aspetto che ancora mi stupisce è come crescere in oratorio con i miei amici, inseguendo un po’ quei passi di don Bosco che vedevamo qui e lì, non mi abbia mai snaturata. Da sempre nutro una passione per il mondo della giustizia, del diritto e vengo simpaticamente presa in giro perché “voglio la pace nel mondo” e sono sempre troppo diplomatica. Abitando l’ambiente salesiano a volte può essere forte il rischio di pensare che per tutti esista solo la declinazione dell’impegno educativo puro: tutti insegnanti ed educatori. Ma questo è un falso mito e per me, come per molti altri, non è stato così. Grazie ad una guida sapiente, dopo un iniziale smarrimento, ho scoperto che essere cristiani e salesiani aveva parecchi snodi comuni con i miei studi di giurisprudenza, con la passione per la giustizia e il senso dello Stato. “Buoni cristiani e onesti cittadini”, così insegnava don Bosco ai suoi ragazzi e queste parole risuonavano nel mio cuore, tracciavano involontariamente i passi della mia vita, facendomi scoprire che potevo avere un posto nel mondo e che per farlo dovevo rendermi “umile, forte e robusto”. Si tratta di un cammino che dura per sempre, ma a poche settimane del matrimonio, pensando che con Luca mi accingo a costruire una nuova famiglia, rileggere alcuni passaggi della vita e scorgervi in essa un piccolo progetto educativo, di cui ero inconsapevolmente la protagonista, mi commuove molto e suscita enorme gratitudine. Non sono convinta che il racconto della mia esperienza sia particolarmente edificante per chi mi legge, ma spero che susciti almeno un po’ di naturale speranza nel fatto che tutto il nostro operare per i giovani non va mai smarrito, e che, anche se in modi a noi non sempre chiari, segna la loro vita. Aveva proprio ragione don Bosco quando intuiva che, fornendogli l’occasione per crescere umili, forti e robusti, i giovani avevano l’occasione di custodire il proprio tesoro interiore e prepararsi a spenderlo nel mondo da adulti. Dopo qualche anno nel Movimento giovanile salesiano, la vita mi conduce ora verso altre quotidianità, fatte di lavoro, studio e famiglia. Lo raccontavo ridendo ai ragazzi della Comunità animatori qualche giorno fa: lo stile salesiano e il metodo preventivo si possono esercitare anche all’Inps e studiando. Nel mondo del lavoro l’essere buoni cristiani e onesti cittadini passa per lo scegliere di esercitare la propria attività, qualunque essa sia, con cura, in modo preparato e senza sotterfugi. I colleghi, gli utenti, le mie compagne di studio sono il prossimo che incontro ora nelle mie giornate e che meritano quello sguardo, tutto salesiano, di semplicità e accoglienza che don Bosco insegnava. Quotidianamente, cercando di studiare per costruire il mio sogno, mi sforzo di non mirare al risultato ad occhi chiusi, vivendo invece tutto ciò che la vita mi riserva. Nonostante le fatiche e i sacrifici su questa strada siano tanti, io continuo a sperarci e affido al Signore il mio cammino: comunque vada mi sforzo di ricordare sempre che lo studio mi ha formata anche come persona, non solo professionalmente. Da ultimo, l’essere umile, forte e robusto come voleva don Bosco mi fa pensare alla famiglia che con Luca mi accingo a costruire. Condivido con voi la speranza che questa crescita interiore sia il sostegno saldo per la vita familiare e, forse, genitoriale che ci attenderà. Nel raccogliere e scrivere tutti questi spunti mi sono sentita un po’ come se questa occasione di riflessione fosse il momento buono per aprire la mia valigia da viaggio, quella con cui sposterò tutte le mie cose nella nuova casa, e scegliere cosa portare di essenziale, di prezioso, di indispensabile da ricordare e custodire. La gratitudine è davvero tanta per tutto ciò che in questi anni ho ricevuto dal Signore e da don Bosco: ciò che sono oggi lo devo a loro tramite le persone che mi sono state messe accanto, con cui ho camminato e cammino tuttora.

* Prez per gli amici dell’oratorio. 31 anni, cresciuta nell’oratorio delle FMA di Conegliano. Vicinissima al matrimonio con Luca. Dopo l’abilitazione come avvocato, persegue il sogno di diventare magistrato; nel frattempo lavora all’Inps, alternando le ore di lavoro in ufficio con quelle sui libri e i corsi di preparazione per magistratura. È stata coordinatrice della Consulta MGS negli anni 2015-18.

La speranza dell’uomo nel sogno di un ragazzo
Michele Zecchin *

Quante volte, in particolare nei periodi di crisi come questo, lo sconforto e la tristezza raggiungono uomini e donne senza distinzioni, in ogni luogo del mondo, cercando di far morire anche le più grandi luci di speranza presenti nel cuore di ogni essere umano? E il terreno che incontrano è dei più propizi, con affetti che vengono meno, senso di solitudine, difficoltà nel vedere la fine del tunnel. Ma è proprio in questi momenti che un cristiano, in particolare se cresciuto in ambienti salesiani, ha un’“arma” in più, una strada da percorrere, una modalità per affrontare le situazioni, che ha potuto sviluppare per mantenere viva la speranza ogni giorno, per superare le crisi e donare affetto e fiducia anche al prossimo. E, per quanto possa essere bizzarro, parte tutto da un sogno di un ragazzo.

L’adolescenza e l’esperienza MGS
La prima volta che ascoltai il sogno dei 9 anni, frequentando le scuole salesiane, ero piccolo e lo considerai un racconto fine a se stesso, come molti miei coetanei: con il tempo, le occasioni di ascoltarlo più volte, le numerose esperienze vissute nel MGS, le condivisioni con amici, salesiani e FMA, capii invece quanto quel “renditi umile, forte e robusto” fosse una chiave vincente per formare il carattere e pian piano diventare “adulto”. Oppure, per dirla come don Bosco, “buon cristiano e onesto cittadino”. Ed è stato proprio così, perché guardandomi indietro, oltre all’educazione datami dalla famiglia, dalle persone care e dalla scuola è stata anche l’interiorizzazione delle parole di Maria a don Bosco che mi hanno pian piano aiutato (anche se, ovviamente, non ci sono sempre riuscito) ad essere umile, a cercare di imparare dalle diverse situazioni della vita, a “capire” prima di “agire”, a diventare forte e robusto senza “abbattersi” negli insuccessi o quando le cose non andavano come sperato, cercando sempre il lato positivo in tutto ciò che accade ancora oggi. E naturalmente affidandosi a Dio e al Suo disegno su ognuno di noi. Certo non è stato (e non è) facile, i momenti di “caduta” sono numerosi, le sofferenze pure: ma l’umiltà è sempre stata una parola che quotidianamente sentivo attorno a me e che dovevo sforzarmi di fare mia.

La vita adulta
Ed è proprio così che una formazione iniziata (inconsapevolmente) da piccolo e cresciuta lentamente (ma in modo continuo) ha portato prima ad una scoperta e poi alla consapevolezza di una speranza interiore data dalla presenza di Dio in ogni cristiano. E tutto ciò mi ha permesso di affrontare il passato, il presente (e con l’aiuto di Dio anche il futuro) con rinnovata fiducia e un certo ottimismo. E così le diverse scelte che mi si sono poste davanti nel corso della vita ho sempre cercato di farle con umiltà e con la certezza di Qualcuno accanto: che non vuol dire averle fatte in modo superficiale ma, al contrario, sono state frutto di una crescita e di una “robustezza” interiore che consente poi di affrontare anche il peso delle conseguenze di queste scelte. Eh già, perché l’umiltà nello scegliere non ci rende esenti poi da quanto queste scelte comportano: un cambio di stile di vita, di lavoro, di città, ecc. non ci lasciano di certo indifferenti. Pensare e decidere in modo umile è una cosa bella, ma il diventare forti e robusti è sicuramente necessario per “sopportare” quanto i cambiamenti comportano, per mantenere fede alle decisioni prese, per poter essere capaci di perseverare nel nostro cammino. Cammino che non è di certo privo di rischi e insicurezze che anch’io, come la vita di ogni persona che non è semplice e senza salite, ho dovuto affrontare ogni tanto (un lutto, una malattia, la perdita di una persona cara, del lavoro). A volte mi è capitato che proprio la scelta più umile mi ha fatto poi affrontare le conseguenze più gravose e pesanti (quante volte sarebbe più facile scegliere la strada più semplice o in discesa…ma non lo facciamo perché sarebbe a scapito di altre persone?): ed è proprio qui che l’esser diventato robusto mi viene in soccorso, per permettermi di arrivare ugualmente alla metà anche se con sforzi maggiori. Quant’è bello arrivare in cima ad una montagna con i propri sforzi e le proprie gambe, senza prendere scorciatoie o una funivia? La sensazione al raggiungimento dell’obbiettivo è tutt’altra cosa: e questo accade nella vita di tutti i giorni e in tutti gli ambiti in cui operiamo. Non posso di certo paragonarmi al Santo dei giovani (non sarebbe umile, non trovate?) ma devo dire che nel corso della mia vita le parole “umiltà” e “robustezza” sono state compagne di viaggio: dove c’era la prima serviva anche l’altra e dove c’era la seconda era necessaria la prima per capire cosa servisse fare in quel determinato momento. Come anticipato non è stato sempre facile e non lo è tutt’oggi e non nascondo che varie volte non ci sono riuscito, ma la metodologia “insegnata” da Maria è sicuramente vincente e porta molto frutto: di questo ne sono certo e la auguro a tutte le persone che sono alla ricerca di un aiuto per uscire dai momenti più tristi e difficili della propria vita.

* Lavora da oltre 18 anni in un’azienda per refrigerazione e condizionamento; attualmente è responsabile di un team di progettisti hardware nell’ufficio tecnico della stessa azienda. Salesiano Cooperatore dal 2015 e membro del Consiglio locale di Belluno dei Cooperatori. È stato Coordinatore della Consulta MGS nel triennio 2007-2009.


“A suo tempo tutto comprenderemo”

Marco Lardino e Ivana Borruso *

Quando abbiamo conosciuto il Movimento Giovanile Salesiano eravamo Marco, un animatore dell’Oratorio San Paolo di Torino e Ivana, animatrice del Valentino di Casale Monferrato. Grazie a un campo animatori della Pastorale Giovanile ci siamo conosciuti e a partire dall’autunno successivo il servizio nell’ambito della Consulta Ispettoriale e poi Nazionale del MGS è stato la prima esperienza salesiana vissuta insieme. Nei dieci anni di servizio nel MGS abbiamo potuto toccare con mano il sogno dei 9 anni. Quasi correndo lungo il filo che lega i Becchi al Sacro Cuore di Roma, siamo entrati in quel “tempo” in cui la vita scorre senza che ancora se ne colga il senso finale. È il tempo del “a suo tempo tutto comprenderai”. Ad ogni arrivo a Roma avevamo occasione di sostare davanti all’altare di Maria Ausiliatrice nella Basilica del Sacro Cuore e salire quei tre gradini della Sacrestia da cui l’anziano don Bosco rivelava che quel tempo in cui comprendere era compiuto. In quegli anni ponevamo le basi di un progetto di vita che si alimentava alla comune passione educativa e all’amore per don Bosco. Quel progetto è diventato la nostra famiglia. Il giorno del nostro Matrimonio abbiamo scelto di essere fecondi come famiglia restituendo ciò che avevamo ricevuto. La fedeltà verso questa scelta, maturata anche nella promessa di Salesiani Cooperatori, ci ha reso capaci di generare anche nei momenti più duri. Proprio nei momenti di maggior difficoltà abbiamo sperimentato come la fecondità dell’amore si realizzi se si accoglie la Croce nella propria vita con autentica libertà, affrontando con coraggio le proprie fragilità. Oggi siamo mamma e papà di un meraviglioso bimbo che da sempre ci attendeva dall’altra parte del mondo. Ci sono volute l’umiltà di accettare le nostre fragilità, la forza di camminare lungo un percorso lungo e tortuoso, la robustezza che solo la Fede, seppur messa alla prova, può dare. Forse anche a noi Maria ha sussurrato al cuore infinite volte “a suo tempo tutto comprenderete”. Non sappiamo quale sarà il tempo in cui comprenderemo ma cogliamo nell’arrivo del piccolo Gaon un segno dolcissimo della Provvidenza sul nostro cammino insieme. Possiamo dire di essere cresciuti nel Movimento Giovanile Salesiano. Servire come animatori nazionali del MGS è stata una palestra di vita eccezionale. Con gli altri giovani con cui abbiamo condiviso il nostro servizio abbiamo imparato ad assumerci delle responsabilità e siamo grati ai Salesiani e alle Salesiane che ci hanno lasciato uno spazio di protagonismo così importante. Abbiamo studiato tanto, approfondito i documenti della Chiesa, della Famiglia Salesiana e il lavoro di chi ci aveva preceduto in quel ruolo. Poco più che ventenni abbiamo avuto la fortuna di collaborare con adulti, laici e consacrati, che ci hanno incoraggiati di fronte alle nostre timidezze, stimolati a prendere iniziative, sostenuti nei progetti, anche i più ambiziosi. Non sono mancate le incomprensioni e i dibattiti. Abbiamo imparato a mediare e a rispettare le differenti esperienze e sensibilità che compongono un mondo complesso come quello salesiano. Abbiamo imparato il senso della corresponsabilità, parola chiave per descrivere il ruolo che i laici devono avere nella Chiesa e il rapporto da costruire tra laici, religiosi e consacrati. Nel MGS abbiamo potuto condividere con i Salesiani e le Salesiane la responsabilità di dare il nostro contributo al lavoro nel campo indicato da Maria a don Bosco. Oggi, superato il confine del “giovanile”, da “adulti” del Movimento Salesiano, abbiamo scelto di impegnarci nella stessa missione giovanile come descritto dal Progetto di Vita Apostolica dei Salesiani Cooperatori: “condividendo con i giovani il gusto di vivere con autenticità i valori della verità, libertà, giustizia, senso del bene comune”. Proviamo a farlo nel nostro lavoro, nella nostra famiglia, nell’impegno sociale e nell’animazione di un gruppo di giovani universitari e lavoratori della nostra Comunità Salesiana a Torino. La foto che accompagna questa nostra testimonianza è la migliore sintesi che potevamo offrire del lungo percorso che ci ha portati fino a qui. Era il 2013, si era appena concluso il Confronto MGS Italia al Colle don Bosco e ci siamo trovati insieme, membri di due diverse Segreterie nazionali, a festeggiare una grande festa salesiana che con coraggio e perseveranza avevamo sognato, progettato e, con l’aiuto di Maria, realizzato. Queste righe non sarebbero complete se non elencassimo i compagni di questo incredibile viaggio. Lo facciamo da sinistra verso destra: Orazio di Modica, Mattia di Conegliano, Renato di Roma, Myriam di Portici, Marco di Torino, Chiara di Civitanova Marche, Marco, oggi don Marco, di Genova, Ivana di Torino, don Claudio Belfiore, Suor Giuseppina Barbanti oggi in Paradiso, Emanuele di Milano.

* Marco, 38 anni, sposato con Ivana e papà di Gaon. Lavora nella comunicazione sociale in una Fondazione torinese. Ivana, 39 anni, sposata con Marco e mamma di Gaon. Lavora come maestra elementare in una scuola pubblica di Torino. Entrambi sono Salesiani Cooperatori dal 2011 e svolgono il loro servizio nell’Oratorio San Paolo di Torino.

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Salesiani Sesto S.Giovanni: “La collaborazione con le aziende del territorio è vincente per il futuro dei ragazzi”

Pubblichiamo il comunicato stampa dei Salesiani di Sesto San Giovanni sul progetto di Meccanica Meccatronica in collaborazione con l’azienda Hiwin.

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Il progetto multidisciplinare (iniziato al termine dell’anno scolastico 2020/2021 e  che proseguirà nel successivo) vede coinvolte le classi Quarta e Quinta dell’indirizzo Meccanica Meccatronica dell’Istituto Tecnico Tecnologico “Ernesto Breda” dei Salesiani  di Sesto San Giovanni. Questo progetto prevede il supporto e collaborazione di Hiwin nella progettazione,  nella scelta dei componenti, nella produzione e lavorazione delle parti strutturali, nel loro  assemblaggio e nella messa in funzione di un magazzino automatico. Obiettivo del progetto è fare da ponte tra il mondo della Scuola e quello del Lavoro,  in parallelo ai percorsi di alternanza scuola/lavoro (PCTO) già in essere per esempio con  l’azienda Hiwin. 

Caratteristica vincente è la multidisciplinarità del progetto, che vede coinvolte  tutte le materie di indirizzo, e precisamente: Meccanica, nella progettazione della  struttura e nella scelta dei componenti di commercio costituenti gli assi lineari; Disegno,  nella realizzazione del modello 3D di tutta la struttura e dei disegni di dettaglio dei  componenti da lavorare; Tecnologia, nella progettazione del ciclo di lavorazione dei  componenti di produzione e nella stesura del ciclo di montaggio di tutto il magazzino; Sistemi e Automazione, nella motorizzazione e nel controllo degli assi del magazzino  automatico. 

Inoltre gli allievi possono provare sul campo cosa significhi effettuare un  Laboratorio di impresa, cioè fanno un’esperienza delle dinamiche che li vedranno  coinvolti nella vita lavorativa reale, per esempio quando, in sede di progettazione, viene  coinvolto un fornitore di componentistica per l’ottimizzazione e la validazione del  progetto.  

I primi frutti di questa collaborazione tra la Scuola e Hiwin si sono avuti alle Olimpiadi dell’Automazione organizzati da Siemens e il video qui pubblicato mostra  quanto di buono è già stato realizzato:  

Diploma per dirigenti di enti di Terzo Settore: alta formazione promossa da UPS, Salesiani per il Sociale APS e Forum del Terzo Settore

Di seguito il comunicato stampa di Salesiani per il Sociale APS, UPS e Forum del Terzo settore sul Diploma per dirigenti di terzo settore.

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(Roma, 16 giugno 2021) – La Facoltà di Scienze dell’Educazione dell’Università Pontificia Salesiana, attraverso l’Istituto di Metodologia Pedagogica, in collaborazione con l’associazione Salesiani per il Sociale APS ed il Forum Nazionale del Terzo Settore, organizzano un corso di alta formazione per Dirigenti di Enti di Terzo Settore.

Il riassetto del comparto del Terzo Settore, guidato dalle linee della legge di riforma (L. 106/2006) e dai successivi dispositivi applicativi, come il Codice del terzo settore (D. Lgs 117/17) impone un aggiornamento nella gestione e nel coordinamento di questi Enti che sono appunto coinvolti in una grande stagione di cambiamenti.

Il percorso universitario intende quindi formare i dirigenti del Terzo Settore affinché siano in grado di rispondere ai bisogni sociali, culturali e individuali, di valorizzare la mission della propria organizzazione e di assumere decisioni per il bene delle comunità nelle quali operano. I destinatari sono figure dirigenziali interessate ad approfondire competenze di pianificazione strategica e sviluppo di particolari aree del proprio ente di appartenenza. Persone orientate alla dirigenza e che intendono acquisire elementi formativi per una gestione competente di Enti del Terzo Settore, o che vogliono qualificare un ruolo attuale o imminente.

“Nell’insieme della proposta formativa e culturale della nostra Istituzione, che ha come punto di riferimento fondamentale l’educazione e l’attenzione al mondo giovanile, questo Corso assume un grande rilievo per la sua capacità di rispondere ad un’esigenza evidente della nostra società nelle sue compagini e diverse comunità e aggregazioni. Esso favorisce il rapporto virtuoso tra la loro identità e valori di riferimento, e gli aspetti professionalizzanti e le specifiche competenze tecniche di cui c’è sempre più bisogno per assolvere pienamente alla missione propria di ogni Ente del Terzo Settore di operare in vista del bene comune e della fraternità e amicizia sociale”, il commento del Rettore dell’Università Pontificia Salesiana, prof. Mauro Mantovani.

“In un momento storico in cui il Terzo Settore è chiamato a dare risposte nuove nel sociale, ad avere la capacità di leggere bisogni, necessità che cambiano di continuo, come Salesiani in Italia abbiamo voluto promuovere un percorso formativo di alto livello per dirigenti degli enti del Terzo Settore. Crediamo che la formazione sia il punto cardine per riuscire a vincere la sfida nel sociale”, spiega don Roberto Dal Molin, presidente di Salesiani per il Sociale APS.

“Il Terzo settore è l’unico che ha registrato, dal 2008 ad oggi – prima della crisi del Coronavirus – una costante crescita in termini numerici ed economici, tanto da essere interessato da una riforma che ha l’obiettivo di ridisegnarne il perimetro e riconfigurarne il quadro normativo. Crediamo che in questo momento sia di grande importanza investire sulla formazione dei soggetti interessati da questa riforma, perché siano in grado di gestire con competenza le proprie organizzazioni e di rispondere ai nuovi bisogni emergenti nelle comunità”, così Claudia Fiaschi, Portavoce del Forum Nazionale del Terzo Settore.

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METODOLOGIA

Lezioni frontali, laboratori di formazione, tirocini e lezioni di approfondimento, in presenza e a distanza, dando priorità, nei fine settimana predisposti da calendario, alla formazione in presenza.

CONTENUTI

A partire da una serie di temi generatori presentati da autorevoli esperti, i contenuti saranno sviluppati nell’ambito delle seguenti aree:

  • sviluppo e trasformazioni del terzo settore;
  • organizzazione e gestione;
  • comunicazione e strategie di fundraising;
  • diritto;
  • amministrazione e fiscalità;
  • imprenditorialità – generatività nel contesto delle dinamiche di sviluppo umano, sociale e locale.

COMITATO SCIENTIFICO

Dott. Carlo Borgomeo, Dott.ssa Claudia Fiaschi, Prof. Leonardo Becchetti, Prof. Emanuele Rossi, Prof. Mauro Mantovani.

DURATA DEL CORSO

Settembre 2021 – Ottobre 2022

QUOTA DI ISCRIZIONE

Comprensiva di materiali, sussidi, registrazione e certificazioni, accesso alla piattaforma online, card servizi universitari e accesso alla biblioteca: 3.000,00.

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Fortunato, il campione dello Zoncolan, si racconta agli studenti dell’istituto salesiano di Castel de Britti

Dal sito di Repubblica TV.

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Lorenzo Fortunato, il campione 25enne di ciclismo che ha vinto la tappa dello Zoncolan al giro d’Italia, stamattina è arrivato (in bici, ovviamente) a Castel de Britti, il comune alle porte di Bologna dove è nato e vive, per incontrare gli studenti dell’istituto salesiano di formazione professionale Cnos-Fap. Per raccontare la sua storia, parlare di salite, della fatica, della vittoria. “Lorenzo Fortunato è nostro vicino di casa – racconta Carlo Caleffi, direttore della scuola – anche lui ex allievo salesiano. Suo padre era in classe con Alberto Tomba, entrambi vivono qui”. Fortunato è arrivato con don Antonio. “Preferivo andare in bici che studiare. Mi sono allenato sulle strade di Bologna. Più sei magro e più vai forte, ci devi stare attento, non è che puoi andare a mangiare la pizza tutti i giorni”.

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Estate in oratorio, le proposte dell’Italia Salesiana

L’Italia Salesiana si prepara alle attività estive con Estate ragazzi, campi e  cammini che accompagneranno i ragazzi delle nostre Case per tutta l’estate.

ICP
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Leclerc gioca a calcio dopo il GP nel campo dei Salesiani a Vallecrosia

Dal sito di Fanpage.

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Charles Leclerc è arrivato al quarto posto nel GP di F1 a Baku, in Azerbaigian. Una gara folle quella corsa dal pilota della Ferrari che partiva anche dalla pole position. Dopo le fatiche dovute a sorpassi, pit stop e colpi di scena, il giovane monegasco ha voluto prendersi qualche ora di puro relax per staccare la spina dalle pressioni del Mondiale in corso concentrandosi su se stesso. Una giornata all’insegna del divertimento e della serenità in compagnia dei suoi amici. Leclerc ha giocato una partita di calcetto al campo sportivo dei salesiani di Vallecrosia in meno di 24 ore dalla gara di Baku.

Uno sprint nella giornata di ieri che ha visto il pilota della Ferrari trascorrere qualche ora vicino a Imperia, in Liguria. Come una persona qualunque, si è voluto diverte insieme a un ristretto gruppo di amici. Fuori dal campo il giovane della ‘Rossa’ è stato poi accolto da decine di ragazzini dell’oratorio per i consueti selfie e autografi. Tutti erano infatti sorpresi dalla presenza di Leclerc in campo. A fine serata poi il pilota della Rossa si è rimesso in moto con la sua Ferrari ‘Roma’ di colore nero in direzione Montecarlo per fare rientro a casa e concentrarsi al prossimo Gran Premio di F1.

Leclerc è stato immortalato in alcuni video che compaiono sul suo profilo ufficiale di Instagram. Ripreso da filmati pubblicati da amici e fidanzate degli stessi amici di Leclerc, il pilota della Ferrari si è mostrato sereno e divertito. Come ormai siamo abituati a vederlo di solito, ovvero sempre con il sorriso stampato sul viso.

Si è voluto prendere qualche ora di relax lontano da tutti per staccare la spina da ogni cosa. Il giovane pilota monegasco non è estraneo a uscite di questo tipo, essendo anche membro della Nazionale Piloti insieme a molti altri suoi colleghi di Formula 1 come il compagno di scuderia Carlos Sainz, Pierre Gasly e Antonio Giovinazzi.

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Quanto stai bene a scuola? Per gli studenti arriva il “misuratore di felicità” – La Repubblica

Un “feliciometro” che misura la felicità e la fatica degli studenti: questa l’invenzione, che presto diventerà anche un’app, pensata dal liceo classico e delle scienze sociali Don Bosco di Borgomanero. Di seguito l’articolo pubblicato su La Repubblica lo scorso 5 giugno a cura di Cristina Palazzo in merito al progetto.

Quanto stai bene a scuola? Per gli studenti arriva il “misuratore di felicità”

Il test, che diventerà presto un’app, per 250 ragazzi del liceo classico e delle scienze sociali Don Bosco di Borgomanero, nel NovareseUn “feliciometro”, ovvero che misura la felicità e la fatica degli studenti. È lo strumento digitale per monitorare la soddisfazione dei ragazzi, e perché no ricalibrare il programma scolastico, che funziona rispondendo solo a quattro domande: “Quanta fatica hai percepito durante la settimana scolastica? Quanto hai percepito faticoso lo studio? Quante ore hai dedicato allo studio? Quanto è stata per te piacevole la settimana scolastica?”.

L’invenzione, che mira a diventare presto anche un’app, arriva dal liceo classico e delle scienze sociali Don Bosco di Borgomanero, nel Novarese. L’idea è di Corrado Maio, 40 anni, docente di scienze motorie almeno da 7, che ha deciso di traslare le scale di valutazioni utili nello sport per quantificare la percezione dello sforzo fisico e del carico interno all’emotività scolastica degli studenti.

“L’intenzione è dar voce agli studenti, dar la possibilità di esprimere un giudizio, e provare da questi a migliorare o tarare il lavoro se necessario”.

È stato sufficiente per i circa 250 ragazzi (130 nei momenti di lockdown) rispondere ogni venerdì, quando quindi la percezione della settimana è ancora viva, alle domande.

“È emerso, ad esempio, che in questo periodo dei ragazzi d alternanza in presenza e in Dad, chi frequenta in classe percepisce meno fatica e, al contrario, reputa più piacevole la settimana scolastica. È un risultato parziale – precisa il docente – ma credo confermi che per tutti la socialità e la presenza ha un valore importante”.

Nell’istituto i licei si alternavano di settimana in settimana per la presenza a scuola. Una settimana frequentavano le sezioni dell’indirizzo classico, la successiva le classi delle scienze sociali, lasciando quindi intatti i gruppi classi, su cui si basa il questionario per fare paragoni:

“È emerso anche che i ragazzi del secondo biennio percepiscono più fatica – spiega il professore -. Direi soprattutto terze e quarte, visto che in quinta è fisiologico. Come il fatto che la percezione della fatica aumenti con l’approssimarsi della fine dell’anno”.

L’idea è nata da circa due anni. Negli ultimi mesi, considerato il potenziamento dell’uso della tecnologia causato dal covid, è entrato a sistema, con il sostegno del preside Giovanni Campagnoli. Con l’intenzione “di capire quel che vivono i ragazzi, che si trovano a doversi confrontare con ansie e paure dovute all’età”.

È in cantiere anche un’app, anche se per sviluppare l’idea ci servono fondi e competenze tecniche trasversali. Ma la speranza è che possa essere di aiuto in altre scuole e periodi:

“Sarebbe importante verificare da settembre, quindi nel periodo post pandemia, quali risvolti tutto questo ha avuto sui ragazzi. Questo strumento – conclude Maio – può essere utile per ricodificare la proposta didattica ma il fine primario è chiaro: educare gli studenti al bello della scuola. E perché no, usare una versione ad hoc anche per insegnanti e personale scolastico. La soddisfazione è un indicatore importante”.

Don Bosco Borgomanero

La Repubblica

CGS, assemblea nazionale 2021: ripartenza e sguardo verso il futuro

Dal sito del CGS, il resoconto dell’assemblea nazionale svolta on line il 29 maggio.

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Sabato 29 maggio 2021 si è tenuta, sulla piattaforma Zoom, l’assemblea nazionale ordinaria della nostra Associazione. Erano presenti circa 40 tra consiglieri nazionali, coordinatori territoriali e rappresentanti dei circoli sparsi per tutta la nazione. È stata un’occasione per accogliere nuovi volti del CGS – tra cui la nuova delegata del CIOFS suor Maria Grazia Tripi – e per fare il punto della situazione sullo stato di salute dell’associazione e sulle prospettive del prossimo futuro.
L’assemblea, dopo i saluti da parte del presidente Cristiano Tanas, si è aperta con un’introduzione guidata da Suor Maria Grazia e da suor Palma Lionetti (già delegata CIOFS), le quali hanno fatto riecheggiare alcune parole di Papa Francesco tratte dal Messaggio per la 55° giornata mondiale per le Comunicazioni sociali, con l’invito ad “uscire da noi stessi e ad andare là dove nessuno vuole andare”. A loro si è unito nel saluto don Roberto Dal Molin, presidente CNOS, che, citando il sogno dei nove anni di don Bosco (“questo è il tuo campo dove devi lavorare”), ha esortato tutti ad impegnarsi sia nelle proprie realtà locali, che al livello nazionale.

Il presidente ha esposto i passaggi principali della relazione annuale del 2020. Sebbene riguardasse un anno complicato come quello da poco terminato, la relazione contiene numerosi spunti positivi, che esaltano il grande impegno profuso sia al livello dei circoli locali che al livello nazionale (“Ci siamo dati da fare, ognuno ha fatto qualcosa nel suo piccolo. Molti si sono rilanciati e ricreati!”). Gran parte delle iniziative principali che promuove l’associazione al livello nazionale (tra cui il Laboratorio Venezia Cinema) sono state svolte come di consueto, le attività di segreteria e di promozione dell’associazione sono state garantite con continuità e ci si è mostrati pronti ad adeguare le numerose attività alle modalità da remoto, come è avvenuto – ad esempio – per le riunioni del consiglio direttivo nazionale, per gli incontri di formazione sul tema “Relazioni al centro” tenuti nel mese di marzo 2021 e per gli approfondimenti sulla riforma del terzo settore. È proprio quest’ultima riforma che rappresenta una sfida per tutti i circoli, che stanno provvedendo ad adeguare i propri statuti. Tra le notizie positive, il presidente ha detto che l’associazione al 31 dicembre 2020 conta 42 circoli in 14 regioni e 6 coordinamenti territoriali costituiti, grazie anche alla nascita del CGS Ubuntu di Recale (Caserta) ed alla rinascita del CGS XXI di Civitavecchia, che fu il primo circolo affiliato ai CGS nei 54 anni di storia dell’associazione. La presentazione della relazione annuale si è chiusa con il ricordo per chi ha sofferto per la pandemia e per le persone che in questo periodo ci hanno lasciato, in particolare l’ex presidente Candido Coppetelli di cui ricorre l’anniversario della morte il prossimo 8 giugno.

Il tesoriere, Emilio Santoro, ha riassunto il bilancio dell’associazione per l’anno 2020 sottolineando come, nonostante la riduzione dei contributi ministeriali, la gestione dell’ultimo quadriennio sia riuscita a garantire un “galleggiamento sostenibile” per l’associazione, e di come si siano rese più chiare e trasparenti le informazioni economiche e finanziarie. Il bilancio è stato verificato e confermato anche dall’Organo di controllo, rappresentato in assemblea da Alessandro Vincis, che ha sottolineato come la semplicità e la chiarezza della gestione abbiano reso tutti più partecipi delle dinamiche economiche dell’associazione.

Il presidente ha anche esposto la relazione preventiva per l’anno corrente. L’argomento principale è il rinvio dell’assemblea elettiva al 31 ottobre in modo da poterla tenere in presenza, a Roma. È importante poter effettuare in presenza tale assemblea, in quanto i membri degli organi direttivi devono essere conosciuti e deve essere chiaro a chi è affidata la gestione dell’associazione. A tal proposito, si è ampiamente ripetuto durante le ultime battute dell’incontro come ci sia la necessità che l’assemblea elettiva sia un momento di rilancio, pensando al futuro dell’associazione anche in termini anagrafici, dando fiducia ai più giovani che portano con sé competenze, cuore ed entusiasmo. Giovani che stanno già creando una rete anche al livello nazionale grazie agli incontri formativi organizzati dal direttivo nazionale e grazie a numerose iniziative proposte e organizzate in autonomia e con spirito di iniziativa. Nella chiusura della relazione preventiva, il presidente ha esortato nuovamente i circoli locali a prendere maggior coscienza delle proprie responsabilità gestionali ed amministrative, dall’adeguamento alla riforma del terzo settore fino al tesseramento dei soci, fondamentale perché siano garantiti i diritti statutari e perché si possano portare avanti molte iniziative.

È stata riportata una proposta arrivata da parte dei Salesiani per il Sociale APS, che invita il CGS a diventare parte di una rete associativa (contemplata dalla riforma del terzo settore) insieme all’associazione TGS – Turismo Giovanile e Sociale, che permetterebbe di ampliare le opportunità per una presenza salesiana più rappresentativa a livello nazionale. Infine, è stato ricordato che la sede dell’associazione sarà trasferita, insieme alla comunità del CNOS, dall’Istituto Sacro Cuore all’Istituto Salesiano Pio XI in via Costamagna a Roma.

La votazione sulla relazione annuale e sul bilancio ha visto l’approvazione unanime da parte di tutti gli aventi diritto.
Oltre che con uno sguardo verso il futuro, l’assemblea si è chiusa con un occhio al passato: è stata infatti avanzata la proposta, accettata con generale accordo, di creare una memoria storica dei cinque decenni vissuti fin qui dall’associazione, mediante gli strumenti comunicativi a noi cari, che possa essere testimonianza del lavoro e della passione di tutti coloro che hanno gettato le basi per ciò che è oggi l’associazione Cinecircoli Giovanili Socioculturali.

Piergiorgio Geraci – CGS Don Bosco Ranchibile

Italia – Un volume raccoglie le Lettere Circolari di Don Chávez ai salesiani

Dal sito dell’agenzia salesiana ANS.

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(ANS – Roma) – Le Lettere circolari ai Salesiani emanate da Don Pascual Chávez Villanueva, Rettor Maggiore emerito, vengono raccolte in questa opera unica (1.386 pagine) dal sig. Marco Bay, SDB, per favorire la rilettura dei 12 anni del Rettorato (2002-2014) e riscoprire l’operato, la guida, il governo, gli eventi, gli incontri, le ricorrenze, le scelte e l’animazione da parte di Don Chávez della Società di San Giovanni Bosco e della Famiglia Salesiana. Il volume, edito dall’editrice salesiana LAS, gode della presentazione di Don Ángel Fernández Artime, Rettor Maggiore e X Successore di Don Bosco.

Don Chávez indica chiaramente che “per poterle valorizzare meglio nelle varie comunità, si suggerisce che siano scritte in un linguaggio semplice e discorsivo e che si alternino quelle ricche di contenuto su temi impegnativi con altre familiari e informali sulla vita della Congregazione. … Cercherò – indica ancora lo stesso Chávez – di essere fedele a questa richiesta, al fine di aiutare a sviluppare di più il senso di Congregazione e di stimolare a riflettere sul carisma, due cose entrambe indispensabili per assicurare l’unità nella diversità, uno dei compiti più preziosi che io debba svolgere. Così la comunicazione del Rettore Maggiore sarà messa al servizio dell’animazione e del governo, partendo da ciò che si è fatto o si sta facendo nella Congregazione e dai suoi bisogni e dalle sue sfide”.

Infine, “lo scopo è sempre quello di far conoscere e valorizzare tutto ciò che siete e state facendo, raccogliere le sfide che la missione salesiana incontra, riflettere ad alta voce, cercando di attingere al nostro ricco patrimonio salesiano, per rispondervi con la mente, lo spirito e l’intraprendenza di Don Bosco”.

“Ci auguriamo che la lettura sia di gradimento alla Famiglia salesiana per dare continuità al cammino di speranza che continua in tutto il mondo” conclude il curatore del volume, sig. Bay.

Marco Bay attualmente collabora con la Segreteria Generale della Congregazione Salesiana e per l’editrice LAS ha pubblicato altre opere compilative con riferimento a don Juan Edmundo Vecchi (1931-2002) e don Renato Ziggiotti (1892-1983), rispettivamente VIII e V Successore di Don Bosco alla guida della Congregazione Salesiana.

Italia – Un volume raccoglie le Lettere Circolari di Don Chávez ai salesiani

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