“Chiesa in uscita” anche nelle carceri – Lettera dei Cappellani (Raffaele Grimaldi)

Raffaele Grimaldi

Ispettore Generale dei Cappellani unitamente ai Cappellani degli Istituti penali per minori

(Agli incaricati degli Uffici di Pastorale giovanile diocesani, degli Istituti di Vita Consacrata, delle Aggregazioni Laicali Giovanili)

La libertà è un dono prezioso, ma ci si rende conto di quanto lo sia, solo dopo averla persa.

Siamo i cappellani degli istituti penali per minori. Il Sinodo “Giovani: fede e discernimento vocazionale” è l’occasione per ascoltare tutti i giovani, anche quelli che si trovano lontano, anche quelli rinchiusi all’interno di una cella. La realtà del Carcere Minorile può e deve essere una risorsa della Chiesa, uno spazio giovane anche se pur ristretto.

Per questo, sarebbe bello provare a i nostri ragazzi partecipi del cammino della Chiesa Universale, attraverso l’occasione del sinodo dei Giovani.

Crediamo che i nostri ragazzi siano testimoni di umanità e di fede, proprio grazie al cammino di recupero intrapreso a seguito del reato.

La Chiesa in uscita di cui parla Papa Francesco, quell’andare incontro alle periferie esistenziali, può trovare risvolto anche nelle carceri, espressione non soltanto di compassione e consolazione, ma luogo di rilancio e fortificazione della fede. Anche in una cella di carcere, su un letto, all’aria, in cappella, Dio ascolta la voce di questi giovani, di questi figli. Non è questo il senso del Sinodo? La Chiesa deve ascoltare le aspirazioni e i sogni anche di questi suoi figli in questi luoghi di restrizione. Anche qui si annuncia che il regno di Dio è in mezzo a noi e si sperimenta la forza della gioia del Vangelo.

Gli Istituti penali per minori – ma non solo quelli per minori – potrebbero essere considerati punti di sosta dei cammini che i giovani delle diocesi italiane compiranno ad agosto per giungere infine a Roma. Potrebbero rappresentare uno dei tanti “Santuari della Gioventù”, dove ci si ferma per incontrare l’altro lontano da noi e per ascoltare quello che ha da dire, quello che ha da raccontare. Le riflessioni di giovani detenuti possono essere anch’esse spinta per superare prove e difficoltà.

Ascolto, preghiera e – perché no – accoglienza di un nuovo compagno di strada con cui camminare insieme verso Roma. Anche questo può, anzi deve essere, il Sinodo dei Giovani: un tentativo di camminare davvero insieme verso un obiettivo comune.

Il Sinodo può essere l’inizio di un progetto di collaborazione tra il Servizio di Pastorale Giovanile diocesano e la realtà del l’Istituto Penale per Minori. Sarebbe molto apprezzabile che i diversi direttori della Pastorale Giovanile delle diocesi, in modo particolare quelli dove è presente un carcere minorile, prendessero contatto con noi cappellani per costruire insieme cammini di rinascita, di riconciliazione e inserimento.

Il che implica sinergia tra il cappellano e direttore del Servizio, uno studio di attività e laboratori di fede da poter portare avanti insieme. Non abbiate paura di investire energie e tempo collaborando con noi che spendiamo con gioia il nostro in ascolto dei molti bisogni dei giovani ospiti nelle strutture di pena. Noi abbiamo urgenza che il grido di aiuto arrivi a tutti voi. Non lasciateci soli nell’aiutare questi nostri ragazzi.

Un seme che nasce in questa occasione può diventare il segno di un cammino comune che va avanti in tempi ordinari. Il Sinodo è certamente un luogo per ascoltare le preoccupazioni del mondo giovanile e provare a infondere fiducia e speranza nel futuro. I giovani che escono dal carcere hanno bisogno di aiuto concreto, sono essi stessi ‘opere segno’ di cui tanto si parla nella Chiesa. Hanno bisogno di casa, lavoro ma soprattutto di accoglienza nelle nostre comunità. Come cappellani, comprendiamo le difficoltà nel realizzare tutto questo, ma crediamo anche che tutti noi insieme dobbiamo avere il coraggio di osare per realizzare concretamente il Vangelo, attraverso opere che promuovono il rispetto e la dignità di coloro che si sentono emarginati dalla società.

L’immagine scelta per il Sinodo Giovani è quella del discepolo amato. Quel discepolo può essere ognuno di noi, i nostri ragazzi e ancor più i giovani detenuti. Per sentirsi amati da Gesù, a volte bisogna sentirsi amati e ascoltati anche dal prossimo e dai coetanei più lontani e, nel caso dei detenuti, anche da chi sceglie di varcare quella soglia per entrare in contatto con loro e ascoltarti.

Roma, 26 marzo 2018