Salesiani Genzano, conferita la cittadinanza onoraria a don Luigi Ciotti

Dal sito di notizie Castelli Notizie.

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Si è tenuta stamattina, presso il Cinema Cynthianum, la solenne cerimonia di conferimento della cittadinanza onoraria a Don Luigi Ciotti, prete da sempre in prima linea nella lotta contro le mafie, le droghe e contro la violenza di ogni tipo, la sopraffazione e la negazione dei diritti umani. Già lo scorso anno Don Ciotti era stato a Genzano per incontrare la cittadinanza in occasione della festa di San Giovanni Bosco.

Stamattina è stato accolto in una sala gremita di autorità, cittadini ma soprattutto studenti e studentesse degli istituti di Genzano e una rappresentanza della sede distaccata dell’istituto Pertini di Genzano ma presente ad Albano. Un monito per tutti ed ognuno la presenza di Don Ciotti a Genzano, che ha tenuto particolarmente al momento del dialogo con le scuole. Gli studenti hanno posto diverse domande a cui il prete di strada dai riferimenti del Vangelo e della Costituzione, lo stesso che decine di anni fa ha fondato, da un semplice giornale, prima il gruppo Abele poi l’associazione Libera Nomi e Numeri contro le mafie, ha prontamente risposto. Massiccia la presenza delle forze dell’ordine, essendo Don Ciotti da anni sotto scorta a causa delle diverse minacce ricevute da esponenti di spicco delle organizzazioni mafiose.

«Non temete, non dobbiamo temere – ha detto ai presenti -, dobbiamo sperare in un domani migliore. Possono uccidere una persona ma non potranno mai uccidere un grande movimento, non potranno mai uccidere l’azione collettiva di tanti cittadini».

Sul palco, oltre al neo cittadino onorario, la Presidente del Consiglio Comunale Patrizia Mancini che ha conferito materialmente la cittadinanza, il Sindaco Carlo Zoccolotti, il salesiano Don Maurizio Verlezza e il Vicario Generale della Diocesi di Albano Don Franco Marando, in rappresentanza del vescovo Vincenzo Viva. Nelle prime file gli amministratori comunali, i consiglieri, i tre parroci di Genzano, i rappresentanti delle associazioni della Città dell’Infiorata.

Don Ciotti ha dato appuntamento a tutti al 21 marzo, Giornata Nazionale per la promozione della Legalità, raccontando ai giovani l’esperienza con Giovanni Falcone due mesi prima della sua uccisione. Un ultimo invito ai giovani: «Abbiate cura della vostra solitudine, che non deve essere isolamento, ma siate responsabili e usate le nuove opportunità per costruire nuove relazioni, perché dobbiamo recuperarle».

l neo cittadino genzanese Don Luigi Ciotti è stata consegnata anche una tessera di iscrizione alle biblioteche del Sistema Castelli Romani, come simbolo dell’unione tra cultura e legalità. Don Ciotti ha colto l’occasione per invitare ad un gemellaggio tra il Sistema Castelli Romani ed il Centro Extra Libera di Roma, un ex bingo confiscato alla malavita e ora centro di cultura. Parole di forte apprezzamento – che hanno di fatto raccolto anche quelle degli altri ospiti sul palco – quelle del Sindaco di Genzano nei confronti del presbitero missionario contro l’emarginazione. È stata la giusta occasione anche per annunciare a Don Ciotti – che ha parlato di fratellanza e della necessità di essere un’unica famiglia – il tema della prossima edizione dell’Infiorata del Corpus Domini, tratto dall’enciclica di Papa Francesco e dalla poesia di Danilo Dolci: “Sogniamo come un’unica umanità. Ciascuno cresce solo se sognato”.

Con la cittadinanza onoraria il Comune di Genzano di Roma, in collaborazione con Salesiani Don Bosco, ha suggellato un patto per una sana diffusione di una mentalità aperta che sia sempre a favore della vita.

Roma, a San Giovanni Bosco l’educazione è al centro

Da Avvenire.

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Educazione, cultura, carità, impegno contro l’analfabetismo religioso. La parrocchia di San Giovanni Bosco, da sempre affidata ai salesiani figli spirituali del santo torinese, quotidianamente pulsa di vita, di fede e di impegno sociale. Guidata da don Roberto Colameo, oggi si prepara ad accogliere il cardinale vicario Angelo De Donatis che, in occasione della visita pastorale, presiede la Messa delle 11. È tra le comunità più grandi di Roma per numero di abitanti, poco meno di 60mila. «È anche l’unico caso a Roma, se non in Italia, in cui la parrocchia ha dato il nome al quartiere – spiega don Roberto -. Anche se la toponomastica l’ha cambiato in quartiere Tuscolano, la gente continua a chiamarlo quartiere Don Bosco».

Carisma salesiano è quello di prendersi cura dell’educazione dei ragazzi. «Con l’oratorio- Centro giovanile cerchiamo di rispondere alle tante piaghe della società e alle sfide che ci vengono dal mondo dei giovani che riempiono le nostre strade, le nostre piazze e che non sempre la parrocchia intercetterebbe». L’oratorio è frequentato quotidianamente da circa 300 ragazzi dalla scuola media in su. Alla realtà educativa viene applicato quello che i salesiani definiscono “criterio oratoriano”. «Ogni opera salesiana – prosegue don Roberto -, è una casa che accoglie, una parrocchia che evangelizza, una scuola che avvia alla vita, un cortile per incontrarsi da amici». Sul territorio operano anche le Figlie di Maria Ausiliatrice che gestiscono una scuola con oltre mille allievi e un centro di formazione professionale molto attivo. La parrocchia Don Bosco – negli anni visitata da san Giovanni XXIII, san Paolo VI, san Giovanni Paolo II e santa Teresa di Calcutta – ha molteplici “porte di accesso alla fede”. Quella della cultura come strumento di evangelizzazione attraverso il cinema teatro Don Bosco; l’oratorio, porta spalancata sul territorio per far vivere ai giovani esperienze di fede e di amicizia; la carità, cuore pulsante della parrocchia.

«Dal lunedì al venerdì è aperta nella nostra parrocchia la mensa gestita e finanziata dalle parrocchie della XX prefettura – spiega don Roberto -. Offre un pasto caldo a chi vive in difficoltà». In una parrocchia così grande «è necessario far crescere il senso della comunità per non perdere i più deboli – riflette don Colameo -. È vivo il nomadismo religioso, manca un’identità della comunità cristiana, che è caratteristico dell’essere a Roma. Per questo ci sentiamo chiamati a costruire una vita parrocchiale basata su relazioni di qualità, favorendo momenti e ambienti d’incontro, in un clima di accoglienza, dialogo, collaborazione. Condividiamo il progetto educativo locale elaborato, realizzato e sottoposto a verifica con la partecipazione attiva di tutti, una partecipazione sempre più corresponsabile dei laici nell’evangelizzazione, nel servizio della carità e della promozione umana e sociale mediante i diversi gruppi, consigli e assemblee. Inoltre curiamo con speciale attenzione la formazione dei laici, favorendo una costante maturazione della loro vocazione cristiana. Siamo inoltre attenti ad accompagnare la famiglia, considerandola come Chiesa domestica e come mediazione tra la comunità cristiana e il territorio».

La mostra “Matteo 25. Restiamo umani” arriva a Roma

Dall’agenzia ANS.

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(ANS – Roma) – Sollecita la risposta personale dello spettatore la mostra “Matteo 25. Restiamo umani”, attualmente ospitata nell’Aula della Chiesa parrocchiale di Santa Maria della Speranza a Roma, realizzata dall’artista Massimo Ungarelli, in collaborazione con l’associazione dei Frati Cappuccini “Midrash” (termine ebraico traducibile come “Racconto”), e che ha per oggetto i rifugiati, o meglio il modo di guardare ai rifugiati.

Il titolo è un chiaro riferimento al celebre capitolo del Vangelo di Matteo, in cui Cristo al suo ritorno nella Parusia, interroga i suoi chiedendo se lo abbiano riconosciuto in colui che aveva fame, che aveva sete, che era nudo, che era fuggitivo, che era malato e in carcere e se lo avevano aiutato. La mostra è composta da 25 opere di grandi dimensioni che hanno come tema – appunto – i rifugiati.

Ungarelli parte dall’utilizzo di foto vere “per la potenza coinvolgente che solo la verità garantisce” ha spiegato l’artista. Su questa verità interviene poi il colore, con pastello e carboncino su fondo base in acrilico. Ciascuna opera è montata su pannelli di legno assemblati con scarti di falegnameria. “Pannelli che generano bellezza imperfetta, per la loro superfice ferita”, ha osservato Ungarelli, “perfetta incarnazione metaforica di cosa è realmente la vita”. In tutti i pannelli c’è il rosso “colore che rappresenta gli estremi”, l’amore ma anche la guerra, il sangue ma anche la regalità, la passione di Cristo.

L’idea è quella di rendere i rifugiati protagonisti delle preghiere e delle riflessioni dei fedeli durante le celebrazioni e durante tutto il periodo di Quaresima. La mostra infatti è stata aperta al pubblico il 14 febbraio – Mercoledì delle Ceneri – e resterà visibile fino al 7 aprile – Domenica in Albis.

L’inaugurazione ufficiale, però, avverrà sabato 24 febbraio alle 16:00 (UTC+1), a cui interverrà lo stesso artista.

La mostra sarà visibile quindi durante le ore di apertura della chiesa – dal lunedì al sabato dalle 9.30 alle 12.30. Per il resto sarà visitabile su prenotazione, ma sempre gratuitamente. La mostra è già stata esposta al “Museo Casa Don Bosco” di Torino-Valdocco nel periodo di Natale 2021, e l’artista ha presentato alcune sue opere al Pontefice.

Sarà possibile, per chi lo volesse, acquistare delle stampe e riproduzioni delle opere e il ricavato andrà sempre a beneficio dei rifugiati.

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Livorno, la “Canaviglia” a don Gigi Zoppi

Dal sito dei Salesiani dell’Italia Centrale.

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Su proposta del Sindaco di Livorno, Luca Salvetti, il nostro caro don Gigi Zoppi salirà gli scaloni di Palazzo Civico il 19 marzo prossimo, per ricevere l’onorificenza della Città di Livorno, riservata alle persone, enti, associazioni che, con opere concrete nel campo civico, del sociale, della cultura, delle scienze, del lavoro, della scuola, dello sport, abbiano contribuito a dare impulso e vitalità alla città, attraverso la loro personale virtù e dedizione.

«Vogliamo dare riconoscimento al mondo salesiano radicato nei quartieri nevralgici della città», ripete il Sindaco, ricordando la sua incessante opera di insegnante e assistente, come salesiano prete, nei confronti dei più svantaggiati. Ecco il perché della Canaviglia 2024, ad una personalità che ha contribuito a dare lustro alla città e da insignire con la massima onorificenza cittadina, proprio nel giorno in cui ricorre l’anniversario dell’elevazione a rango di città di Livorno nel 1606.

Anche sulle testate locali, a firma di Francesco Ingardia, don Gigi è ricordato in questa occasione come colui che dal 1976 «assume un ruolo cruciale nell’assistenza fornita ai giovani tossicodipendenti, sfidando le convenzioni dell’epoca, con proposte educative e sociali visionarie come ricette al cancro delle droghe. Non solo: – prosegue il giornalista – negli anni ’80 affronta la diffusione dell’AIDS fra i giovani tossicodipendenti, attraverso la creazione di comunità terapeutiche, per poi dedicarsi dagli anni 2000 ai profughi e agli immigrati». Lo ha fatto concretamente, contribuendo a realizzare esperienze di accoglienza come le case famiglia in città e nell’hinterland.

Il Sindaco ha voluto comunicarglielo di persona, raggiungendolo presso la casa salesiana della città in viale Risorgimento, spiegandogli, preso sottobraccio, che «premiando lui, il salesiano vicino agli ultimi, intendiamo dare riconoscimento a tutto il mondo salesiano radicato in tanti quartieri nevralgici della città come punto di riferimento».

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A Genova i migranti a scuola per lavorare: parte il primo corso di meccatronica

Dal sito di notizie della Liguria Primo Canale.

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GENOVA – Parte questo lunedì il primo corso di preparazione al lavoro per giovani migranti. Venti ragazzi, tutti sotto ai 25 anni e muniti di codice fiscale, impareranno così, con 500 ore divise tra teoria e stage direttamente in azienda, il lavoro da meccatronico. Alla fine del corso i giovani avranno un attestato che gli permetterà di lavorare come manutentore di impianti e macchinari di tipo meccanico, elettrico ed elettronico. Una figura molto richiesta a Genova e in Liguria. lo ha raccontato a Primocanale Luca Bonfiglio di Genova Solidale.

“È una grande novità, perché i migranti arrivati nell’ultimo anno solare e ora iscritti alle nostre scuole sono tantissimi, circa 1500. Ora si passa finalmente dall’imparare l’italiano base a iniziare i corsi così da avvicinarsi sempre di più a un lavoro concreto”. Tutto parte dalla scuola di italiano, dove insegnanti volontari spiegano l’italiano a ragazzi e ragazze di ogni nazionalità. “Proprio grazie a questo volontariato molto esteso noi ora abbiamo la possibilità di attuare, sia nei circoli operai che all’Anpi di Sampierdarena, la Società Universale e anche al Don Bosco, le lezioni – continua Bonfiglio -. Per quanto riguarda il Cas dalla Croce Bianca, abbiamo la possibilità di insegnare come prima lingua, ovviamente l’italiano per coloro che arrivano e immigrati su Genova”.

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Una biografia “a fumetti” del Venerabile Servo di Dio don Carlo Crespi, SDB

Dall’agenzia ANS.

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(ANS – Legnano) – A seguito del decreto di Venerabilità del Servo di Dio don Carlo Crespi, SDB, emesso lo scorso 23 marzo 2023, l’“Associazione Padre Carlo Crespi” ha realizzato, mediante l’opera del vignettista Mario Lisi, una Biografia a “Fumetti” del salesiano missionario dal titolo: “Da Legnano all’Ecuador. Padre Carlo Crespi missionario ‘a tutto tondo’”. La storia è rivolta a tutti, ma in particolare ai ragazzi che certamente resteranno affascinati dalla vita avventurosa del personaggio che ha amato con tutto se stesso Dio, il prossimo e il creato, affinché anche loro siano spronati a sognare e a realizzare i propri sogni.

L’iniziativa si propone di diffondere la conoscenza di don Crespi, raggiungendo le famiglie attraverso gli alunni delle scuole di ogni ordine e grado di Legnano e dintorni. Inoltre, è stato fatto un bando di concorso con l’intento di promuovere degli elaborati che, nel maggio prossimo, verranno esposti in una mostra, premiando i migliori con buoni libro e/o materiale didattico.

Molti di coloro che stanno “leggendo” questo simpatico e coinvolgente lavoro dichiarano di aver potuto conoscere e apprezzare questo Venerabile Servo di Dio, più con questo strumento che con tutti gli scritti che gli sono stati finora dedicati. Effettivamente il vignettista, Mario Lisi, ha un talento particolare nel saper usare il genere letterario del “fumetto” in modo appropriato, divertente e coinvolgente. Di lui si può̀ affermare quello che Hugo Pratt (autore del personaggio “Corto Maltese”) scriveva di se stesso: “Sono un autore di letteratura disegnata, uno scrittore che sostituisce le descrizioni, l’espressione dei volti, delle pose, dell’ambientazione, con dei disegni. Il mio disegno cerca di essere una scrittura. Disegno la mia scrittura e scrivo i miei disegni”.

Infatti, nella biografia a fumetti è evidenziata, in forma geniale e in ogni sua caratteristica, tutta la poliedrica personalità di don Crespi, colta e rappresentata nella sua essenza.

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Ancona, giornalisti a confronto: “ComunIcare. 20 giornalisti in dialogo con il Pontefice”

Dal sito della ICC.

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Sette giornalisti si sono confrontati sulla comunicazione e l’informazione, a partire dal recentissimo libro “ComunIcare. 20 giornalisti in dialogo con il Pontefice” (Libreria Editrice Vaticana), presso l’Istituto Salesiano “S. Luigi” di Ancona.

Mercoledì 31 gennaio, memoria di San Giovanni Bosco, si è tenuto l’evento “Incontrare, informare, raccontare l’uomo”, un confronto a più voci organizzato dagli Uffici diocesani delle Comunicazioni Sociali e della Cultura, dall’Ucsi, dai Salesiani di Ancona, dal C.G.S. Dorico, e dai giovani di Teenformo che hanno trasmesso l’evento in diretta. Partendo dalle parole del Papa sulla comunicazione, i giornalisti Vincenzo Varagona (presidente Ucsi), Asmae Dachan, Lucilla Niccolini, Marino Cesaroni (direttore di “Presenza”), Pierfrancesco Curzi, Roberto Senigalliesi e Andrea Taffi hanno parlato della loro esperienza professionale, dei cambiamenti legati all’avvento dei social e dell’intelligenza artificiale, ma anche della crisi del giornalismo e della perdita di credibilità dei giornali.

Come ha spiegato Vincenzo Varagona, che ha curato il libro “ComunIcare” con Salvatore Di Salvo (segretario nazionale dell’Ucsi), il volume contiene i dieci messaggi di Papa Francesco trasmessi in occasione, ogni anno, della Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, raccolti dall’Unione cattolica stampa italiana (Ucsi). Questi testi sono stati affidati alla riflessione di venti giornalisti, da Aldo Cazzullo a Mariagrazia Villa, da Gianni Riotta a Simone Massi e Asmae Dachan. Ogni contributo ha fatto risuonare le parole del Santo Padre dentro la propria esperienza umana e professionale. Ne è risultato un ritratto unico, propositivo e esigente sulla comunicazione in un’epoca di profondi cambiamenti. Pagina dopo pagina sono emerse chiavi e linee guida per rispondere alla chiamata del Papa: diventare «artigiani della comunicazione» capace di ascolto e di «parlare con il cuore» per contribuire alla costruzione del bene comune, avendo «una particolare attenzione nei confronti della verità, della bontà e della bellezza».

Partendo da questo libro, i sette giornalisti hanno parlato dell’importanza di attenersi alle regole deontologiche e hanno sottolineato la responsabilità che caratterizza la loro professione, che li chiama a dire la verità, a verificare le notizie, a rispettare la dignità della persona umana. Come suggerito dal Papa, si è riflettuto sulla necessità di “andare e vedere” per scoprire la realtà e poterla raccontare a partire dall’incontro con le persone, ma è stata posta l’attenzione anche su un altro verbo, “ascoltare”, decisivo nel mondo della comunicazione e condizione di un autentico dialogo. Il Papa invita ad «ascoltare con l’orecchio del cuore» e i giornalisti hanno ricordato l’importanza di riuscire a leggere oltre le parole. Per raccontare un evento è essenziale aver saputo ascoltare, essere disposti anche a cambiare idea, a modificare le proprie ipotesi di partenza.

Si è anche parlato dei social e dell’intelligenza artificiale. Non tutto ciò che viene scritto sui social corrisponde a verità e le notizie vanno prima sempre verificate. Gli strumenti dell’intelligenza artificiale non sono negativi, ma devono essere utilizzati per il bene della persona umana, altrimenti vengono costruite informazioni perfette, ma false, si manipola la verità per i propri interessi. Tra le proposte suggerite dai giornalisti per uscire dalla perdita di credibilità del giornalismo: raccontare maggiormente i problemi reali di tutti i giorni della gente comune, evitare le fake news, pubblicare anche le buone notizie e non solo quelle cattive, ascoltare con il cuore, dire la verità, consumare le suole delle scarpe per cercare di capire quel che succede davvero, la redazione di un giornalino in ogni scuola che rappresenta un importante strumento di educazione al pensiero critico e al team working.

Al termine dell’incontro, Mons. Angelo Spina ha sottolineato che «la comunicazione è parte essenziale della vita». Ricordando che «stiamo viviamo un cambiamento d’epoca», ha sottolineato che «la rivoluzione digitale sta afferrando le nostre vite, realizzandosi in modo accelerato e mettendo a poco a poco in questione la dignità della persona umana». In questo tempo dominato da «blogger e ancor più da influencer», l’Arcivescovo invita ad «andare controcorrente, sempre consumando le suole delle scarpe e incontrando la gente».

Inoltre ha ricordato tre parole per una buona comunicazione, suggerite da Papa Francesco durante l’udienza del 29 gennaio 2024 (Aula Paolo VI, a Tv2000 e Radio inBlu2000): prossimità alla gente, cuore e responsabilità per un’informazione controcorrente. «Il vostro è uno di quei mestieri che hanno il carattere della vocazione – ha sottolineato Mons. Angelo Spina – siete chiamati a essere messaggeri che informano con rispetto, con competenza, contrastando divisioni e discordie. E sempre ricordando che al centro di ogni servizio, di ogni articolo, di ogni programma c’è la persona. È proprio ciò che dà senso alla comunicazione. Come diceva il vostro patrono San Francesco di Sales: “Non è per la grandezza delle nostre azioni che noi piaceremo a Dio, ma per l’amore con cui le compiamo”».

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“Il sistema preventivo di Don Bosco”: una tavola rotonda all’Aquila

Dal sito di informazione leggo.it.

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L’AQUILA “Il Sistema Preventivo di don Bosco una risorsa per i giovani” è stato il tema della tavola rotonda organizzata ieri, domenica 28 gennaio, all’Auditorium del Parco organizzata dai Salesiani e dalle Figlie di Maria Ausiliatrice dell’Aquila con l’obiettivo di suscitare una riflessione sulla condizione giovanile caratterizzata sempre di più da un’emergenza educativa e confrontarsi con il patrimonio educativo del “Sistema Preventivo di don Bosco”, considerato nel suo tempo e oggi una risposta efficace ai bisogni dei giovani.

Suscitare, dunque, una riflessione sull’emergenza educativa dei giovani oggi e possibile nascita di processi di rete per rispondere a tale situazione tra i responsabili delle politiche educative a favore delle giovani generazioni, educatori, insegnanti, genitori.

Il tutto in collaborazione con l’Istituto Superiore di Scienze Religiose “Fides et Ratio”, l’Associazione Vides Spes odv, la Casa del Volontariato provinciale, l’Associazione di volontariato Don Bosco e il Gruppo Scout Agesci L’Aquila 2 per una rinnovata attenzione alla situazione giovanile e la messa in campo di una rete educativa tra le Istituzioni, gli Enti del Terzo Settore e gli Istituti religiosi dei salesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice presenti nel territorio aquilano.

Nella tavola rotonda, dopo i saluti Ersilia Lancia, assessore alle Politiche giovanili del Comune dell’Aquila, sono emersi molti spunti interessanti dagli interventi di Don Enrico Lupano, salesiano di don Bosco, per anni responsabile dell’accoglienza dei gruppi a Valdocco il quale ha presentato il Sistema Preventivo come risposta efficace di Don Bosco ai giovani del suo tempo, esposti ad alti rischi di devianza e bisognosi di un educatore e di un padre che si prendesse cura di loro; Sour Aurora Consolini, Figlia di Maria Ausiliatrice, educatrice nei Centri di Formazione Professionale del Ciofs/Fp; volontaria nel carcere minorile di Casal del Marmo che ha trattato della sua esperienza, mettendo in luce come il Sistema Preventivo sia risposta oggi ai bisogni dei giovani, anche di quelli che “si sono persi”, intervento arricchito dalla presentazione del Progetto del Pastificio “Futuro”; e dal prof. Alessandro Vaccarelli, professore associato di Pedagogia presso l’Università dell’Aquila, che ha tratteggiato la sua esperienza come docente e come educatore, mettendo in risalto la realtà aquilana e prospettando possibilità di sinergie educative per rispondere all’emergenza educativa in atto.

Le conclusioni sono state affidate al Direttore dei Salesiani dell’Aquila, Don Stefano Pastorino.

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Roma Don Bosco, don Luigi Ciotti: la legalità, «strumento per raggiungere la giustizia»

Da Roma Sette.

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«Diffidate di chi parla di voi ma non con voi. Sappiate distinguere tra i seduttori e gli educatori perché ci sono tanti seduttori oggi, ben mascherati. Anche forme di pubblicità studiate per catturarvi, per vendere merci, per illudervi con parole scintillanti e immagini meravigliose. I seduttori vogliono suggestionarvi. Gli educatori, invece, vogliono rendervi persone libere. Non mettete in vendita la vostra libertà lasciandovi tentare dalle lusinghe della società delle merci e spacciatrice di illusioni». È un appello accorato ai giovani arrivato da chi ha trascorso la propria vita accanto a chi si è “perso” affascinato da false promesse, a chi ha combattuto, e non sempre vinto, contro le dipendenze, a chi è stato lasciato ai margini. È l’appello di don Luigi Ciotti, fondatore del gruppo Abele e presidente di Libera, rivolto ai tanti ragazzi che ieri sera, 23 gennaio, hanno affollato il cine-teatro della parrocchia San Giovanni Bosco per l’incontro su “La legalità è lo strumento per raggiungere la giustizia”, uno degli eventi organizzati dalla comunità in occasione della festa di san Giovanni Bosco, che la Chiesa celebra il 31 gennaio.

Un dialogo a tutto tondo su legalità, giustizia, responsabilità , impegno civile, durante il quale il sacerdote ha sollecitato gli adulti ad ascoltare di più i ragazzi, «portatori di una linfa nuova, con grandi intuizioni e capaci di leggere la realtà». La società moderna ha bisogno dei giovani, ha rimarcato; «la Chiesa ha bisogno dei giovani, delle loro capacità, fantasie, passioni». Lo aveva ben capito don Giovanni Bosco, del quale Ciotti avverte il «grande fascino. Parlo spesso di lui – ha affermato – per le cose che ha fatto, per la capacità, per le intuizioni. Si inventava di tutto per accompagnare i suoi ragazzi. È stato una meraviglia. Gli dobbiamo molto». Oggi abbiamo bisogno di persone che, nel solco tracciato da don Bosco, «tengano conto delle grandi trasformazioni, siano capaci di accogliere e accompagnare a nuove professioni, dando nuovi strumenti a chi vive situazioni di difficoltà. È una storia che si ripete e che impone a ciascuno di noi uno scatto in più».

All’incontro, ha tenuto subito a precisare, non c’era solo “don Luigi Ciotti” perché lui rappresenta «più un “noi” che un “io”» in quanto quello che è riuscito a fare in 79 anni di vita è «frutto di una condivisione con altri. È il noi che vince – ha specificato -. Diffidate dei navigatori solitari».  In prima fila ad ascoltarlo anche il vescovo del settore est Riccardo Lamba, il superiore provinciale dei salesiani don Stefano Aspettati, il parroco di San Giovanni Bosco don Roberto Colameo, il presidente del VII municipio Francesco Laddaga. Don Ciotti ha ricordato i primi anni della sua infanzia, il distacco dalle Dolomiti, dov’era nato, per trasferirsi con la famiglia a Torino, nei primi anni ’50, dove il papà aveva trovato lavoro. Sradicati dalla propria terra, «come accade oggi a migliaia di persone», per una città dove c’era il lavoro ma «non una casa, come accade ancora oggi a chi arriva in Italia». Ha raccontato degli anni trascorsi in una baracca, e poco importava se la sua «era una famiglia molto povera ma dignitosa, era comunque additata da tutti. Come succede ancora oggi verso i poveri».

Parlando della legalità, ha spiegato che questa «è lo strumento per raggiungere la giustizia», che a sua volta deve essere giusta per andare incontro a tutti e mantenere la democrazia, la cui «spina dorsale è la responsabilità». A tal proposito ha osservato che «ci sono momenti nella vita in cui si ha la responsabilità civile di parlare, di far emergere le cose che non vanno bene. È un impegno morale, un’esigenza categorica». Davanti alla forbice della disuguaglianza sempre più ampia in Italia, davanti ai 6 milioni di persone in povertà assoluta e a un milione e 400mila bambini poveri, «uno scatto delle nostre coscienze dobbiamo farlo, non possiamo restare in silenzio. Quando vediamo che l’Italia è all’ultimo posto per povertà educativa non possiamo rimanere spettatori».

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Italia Centrale, l’esperienza degli esercizi spirituali di Pastorale Giovanile e Famiglia

Dal sito dei Salesiani dell’Italia Centrale.

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Siamo stati inviati a condividere alcune impressioni sull’esperienza vissuta durante gli esercizi spirituali di PG & Famiglia dell’ispettoria ICC.

Come diversi altri partecipanti, abbiamo aderito alla proposta per ritagliarci uno spazio di riflessione, preghiera e condivisione non facili da concretizzare per l’intensità degli impegni lavorativi, familiari e pastorali. Nonostante la durata contenuta dell’incontro (dalla sera del venerdì al pranzo della domenica) ci è stata offerta l’opportunità di vivere un’esperienza che potremmo definire “multiforme”.

L’introduzione ha chiarito ai partecipanti la finalità prefigurata dagli organizzatori dell’iniziativa, ovvero fornire alcuni spunti e strumenti che potessero consentire a ciascuno di “esercitarsi” spiritualmente al ritorno nel propri ambiti di vita personale e comunitaria.

Un momento particolarmente toccante e intenso l’abbiamo vissuto durante la visita alla comunità Cenacolo di Loreto. Difficilmente le testimonianze delle tre persone che ci hanno accolto e presentato la realtà in cui vivono e operano potranno essere dimenticate. Racconti di disagio, fragilità ed errori, superati o in via di superamento grazie ad un insieme sapientemente calibrato di accoglienza, amorevolezza, preghiera e lavoro, con una profonda connotazione comunitaria.

La visita alla comunità Cenacolo ha dato l’impulso per un successivo momento di riflessione. Un itinerario tracciato su passi della Scrittura che ha sottolineato i passaggi fondamentali per il compimento delle missione a cui ciascuno di noi è chiamato. A partire dalla capacità di riconoscere e ascoltare una chiamata, fino all’affidamento che si accompagna poi all’impegno per la costruzione di una comunità in cui si sappia vivere il “bene”.

Un ulteriore momento di testimonianza, riflessione e condivisione ha quindi portato il focus sulle realtà pastorali in cui ciascuno opera, per rileggerle alla luce di quanto ispirato dalla Parola. Inevitabilmente, si sono anche sfiorate alcune criticità, che non di rado accomunano i vari ambiti locali dell’ispettoria, da affrontare ritrovando il senso profondo dell’essere Chiesa. Come ci è stato detto all’inizio di queste giornate, il vero “esercizio” di duttilità allo Spirito è quello che saremo chiamati a svolgere una volta tornati alle nostre case e nei nostri ambienti pastorali.

Da ultimo, ma non di secondaria importanza, vogliamo sottolineare il clima di familiarità e fraternità che anche in questa occasione, come anche nell’esperienza del campo dello scorso agosto, abbiamo respirato. Dal momento dell’arrivo, in cui c’è il piacere di ritrovare persone con cui si è già condiviso un tratto di strada e di incontrarne di nuove, fino al momento dei saluti e della gratitudine per quanto ricevuto.

Un sentito grazie a coloro che si sono resi disponibili nelle varie forme di servizio che ha reso possibile tutto ciò.

Pino e Raffaela Mancuso

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